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Paris Nogari "Allegoria del silenzio" |
Paris
Nogari, Allegoria del silenzio. 1582, affresco, Città del Vaticano, sala
degli Svizzeri. L’opera testimonia la volontà di ricordare il pericolo
dl parola e la possibilità di commettere peccati. La cicogna con l’uovo
in bocca accanto all’uomo rafforza il concetto. Dovendo portare il
prezioso carico – il guscio conchiude un segreto-, non può emettere
versi pena la distruzione dello stesso. Il dito indice della mano destra sollevato all’altezza del volto e
appoggiato alle labbra. Gli occhi ardenti che invitano l’interlocutore a
una muta complicità. E’ un gesto più eloquente, forse il più diffuso
nell’ambito delle espressioni verbali umane, quello del silenzio. Esso
appare in numerosi dipinti – tra cui le opere di Giotto, di Dosso Dossi,
di Paris Nogari o le incisioni librarie del cinquecento e del Seicento –
, riferendosi a situazioni diverse. Se questo gesto risulta collegato
alla figura di Ermes o Mercurio, che riconosciamo inequivocabilmente per
la presenza del caduceo – un bastone al quale sono avvinti serpenti -.
Esso allude al silenzio ermetico, cioè alla necessità dell’iniziato di
percorrere immagini e testi enigmatici, acquisendo informazioni legate
all’alchimia e alla magia, senza poi rivelare a nessun altro ciò che gli
ha disvelato. Altra connotazione del silenzio, la più diffusa, è
collegata alla necessità religiosa della meditazione. E’ soltanto in
assenza della parola che è possibile salire ai punti più alto del cielo,
ascoltando la musica delle sfere, o avviare un colloquio con Dio o
essere rapiti come San Paolo, avendo cognizione del Paradiso (dalla rete).
Silenzio
Dio, che silenzio! Intorno,
sull’arìose alture,
selve d’abeti, scure
entro il fulgor del giorno.
E qua, dove la piargia
digradando s’allenta,
cespi di folle menta
e d’erica selvaggia.
Passa la nube estiva
che nel seren si perde,
e vela il muto verde
d’un’ombra fuggitiva …
Dio, che silenzio! Il core
par che mi svenga in petto
mentre, sedendo, aspetto
ciò che non giunge, e l’ore
dileguan lente. – Ascolta!…
Che orribil pace è questa?
Non un sospiro desta
la solitudin folta …
È imagin vera o sogno
ciò che apparisce in giro?
Questo che scemo e miro
è quel di là che agogno?
Com’ogni cosa è lieve,
com’ogni cosa è muta,
presso e lontan, perduta
in questa cerchia breve!
Che m’avvenne? Da quando,
perché son qua? Salvato
da un’insidia? Cacciato
da qualche ignoto bando?
Che m’occorse? M’occorse
veramente qualcosa?
–Una silenziosa
voce risponde: Forse!…
Forse? Non altro? Dio,
che soliloquio vano,
che guazzabuglio strano!…
Sogni, ricordi, oblio!…
Qual è il nome ch’io porto,
là tra gli umani greggi?
Terra che mi sorreggi,
io vivo o son morto?
Ah, che silenzio atroce!
ah, che funerea pace!
Tace ogni cosa; tace
la stremata mia voce.
Arturo Graf
solo, nel sole mattutino ascolto rapito
le cose che parlano il loro linguaggio;
"Va tutto bene" ho scritto nel tempo,
sto riguardando ancora una volta...
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