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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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martedì 31 maggio 2016

Amanti ciechi (e stupidi)


Gli amanti ciechi 

Erano ciechi gli amanti,
sono soli
                                    mais tombait la neige
faceva pena vederli quando da soli dicevano
di essere uniti, e piangevano,
e adoravano il nulla sull’altare dell’amore.
Quand tu seras bien vieille
                                     scoprirai che il tempo
è l’unica certezza, brucia i volti
e incenerisce l’anima
e che alla fine soltanto l’illusione del ricordo
ti dirà che non fosti, in quel bacio, da solo.
 
Leopoldo María Panero
Traduzione di Alessandro De Francesco
La poesia della crudeltà


amanti e amore, passione,
grovigli di amplessi e gioie;
amanti, poi viene tristezza,
qualche volta diviene livore...

 
Incredibile ma vero.
Due amanti di Brescia, dopo aver fatto sesso in macchina, sono rimasti chiusi nel bagagliaio della loro auto e, colmo dei colmi, hanno dovuto chiamare il 113 per essere liberati. La coppia di innamorati, lui un uomo di origine marocchina di 54 anni e lei una donna residente ad Adro, si sono appartati con il loro un suv nella zona industriale di Brescia, tra via Castagna e via Buozzi, spostandosi dall’abitacolo della macchina direttamente nel bagagliaio, separato dai sedili posteriori da una grata divisoria in acciaio, probabilmente per avere uno spazio maggiore in cui potersi muovere. Peccato, però, che il bagagliaio in questione è apribile solo dall’esterno, informazione che deve essere sfuggita alla coppia intenta a manifestare le proprie effusioni in un luogo pubblico. Per loro fortuna, però, nell’alcova improvvisata i due focosi bresciani avevano portato con sé anche i cellulari con i quali hanno immediatamente chiamato la polizia. Attraverso il Gps dei telefoni, la volante della polizia, partita alla ricerca dei due amanti, è riuscita ad identificare la zona in cui i due si erano nascosti in piena campagna, luogo non semplice da rintracciare a causa dell’oscurità e dei fari spenti. Molto imbarazzati i due amanti hanno ringraziato gli agenti che li hanno liberati (Ilaria Zanchetta).

lunedì 30 maggio 2016

Peer Gynt

Canzone di  «PEER GYNT»

Forse l'inverno e la primavera passeranno,
l'estate anche e tutto l'anno.
Ma io so che tornerai, lo so con certezza;
t'aspetterò come l'ultima volta ti ho promesso.
Che Dio ti dia le forze, non importa dove ti troverai nel mondo.
Che Dio ti sia buono, quando apparirai ai suoi piedi.
Aspetterò quaggiù fin che tu torni,
E se è lassù che tu mi attendi, lassù ci troveremo, amico!
 
 Henrik Ibsen
 
 
 Grieg..., ricordo,
ascoltavo e pensavo,
studiando, studiavo;
anni luce, ieri...
 
 

Peer Gynt è un dramma in cinque atti, scritto in Italia nel 1867 dal drammaturgo norvegese Henrik Ibsen.
Racconta la vita di uno stravagante personaggio nordico, di nome Peer Gynt. Dalla madre Aase, Peer ha imparato l’arte di fantasticare ad occhi aperti, inseguendo impossibili miraggi di grandezze sovrumane.

Peer aspira infatti a diventare Imperatore e,
a suo modo, ci riuscirà:
· Prima Imperatore dei Diavoli
· Poi dei Musulmani
· Infine dei matti

Alla soglia della tomba, scoprirà di aver sciupato l’intera esistenza senza aver capito che il suo “impero” era il cuore di Solvejg, la ragazza che l’ha mai dimenticato e che lo salva dalla perdizione.
Nel 1874 Ibsen chiese al musicista Edvard Grieg di comporre le musiche di scena per questo suo lavoro teatrale. In pochi mesi Grieg completò il lavoro, che fu presentato con grandissimo successo al teatro di Christania (l’attuale Oslo) il 24 Febbraio 1876.
Le musiche di scena sono costituite da 23 brani, con un organico che richiede solisti, coro e orchestra. Successivamente Grieg selezionò otto brani (suddivisi in due suite di quattro brani ciascuna) da far eseguire in forma di concerto al di fuori dello spettacolo teatrale (dalla rete).

domenica 29 maggio 2016

Don Felice



Filo spezzato,
pensando ai suoi libri,
ai suoi tanti cari;
vai dove volevi,
vai dove pensavi;
ciao silente compagno ,
ci vediamo dove tu sai,
salutami chi puoi.
 
Gujil
 
 
E' morto don Felice Radice, parroco e anima culturale di Triante
 
La parrocchia di Triante a Monza piange don Felice Radice,
alla guida della comunità dal 1989 e promotore di tantissime iniziative a sfondo culturale.
Aveva 77 anni.
 
È riuscito a tornare nella sua casa, quella di via Vittorio Veneto a Monza dove ha sempre abitato, accanto alla chiesa. E lì, dopo il rientro qualche giorno fa dall’hospice dove era stato ricoverato in seguito alle dimissioni dall’ospedale, don Felice Radice si è spento sabato 28 maggio.
Classe 1939, 77 anni compiuti lo scorso gennaio, don Felice era originario di Figino Serenza, in provincia di Como. Era stato ordinato nel 1965 e dal 1989 è stato la guida della parrocchia Sacro Cuore di Triante. Ha continuato a esserlo, nel cuore dei suoi parrocchiani e di un intero quartiere, anche dopo l’istituzione della comunità pastorale Santissima Trinità d’Amore, che ha assegnato a don Claudio Galli prima e a don Franco Carnevali poi, la guida delle tre parrocchie della comunità pastorale.
Uomo gioviale e fermo, premuroso verso i suoi parrocchiani e riservato, amante del bello, dell’arte, della cultura e del teatro. Da anni era membro della Commissione cultura del decanato. Portano la sua firma le tantissime iniziative di teatro sacro, concerti e mostre che hanno animato la parrocchia di Triante in questi anni (Giotto e Caravaggio, per esempio). Compresa l’idea della realizzazione della biblioteca parrocchiale, inaugurata nel 2015 con libri donati dai parrocchiani.
Da diversi anni lottava contro un tumore. (da Il Cittadino - Sarah Valtolina) 

sabato 28 maggio 2016

Rancore


Un rancore
 
Non so che sorda ostilità mi armasse
ieri contro di te. Forse un rancore
oscuro alla guerriglia acre mi trasse.

Pareva che un sottile aizzatore
incrudisse il mio riso ed il mio gesto,
accosciato nell'ombra del mio cuore.

Amore è il tuo avversario: non già questo
che a tratti or sì, or no, fra noi balena,
ma un altro, assai nel mio cuore più desto.

Quel che fu dono non offerto, pena
non detta, slancio trattenuto in me.
Il vampo di follia, la vita piena

in cui non mi travolse altri, nè te.
 
Amalia Guglielminetti
da "Le seduzioni"
 
 
Chi non riesce ad esprimere apertamente la sua rabbia quando si sente offeso, ma allo stesso tempo non riesce neanche a dimenticare, a perdonare, è colui/colei che prova il doloroso sentimento del rancore, molto comune fra le persone 'timide'.
Portare rancore ad una persona significa infatti avere nei suoi riguardi una forma di ostilità, impegnativa, forte, esclusiva.

Certamente questo sentimento non nasce dal nulla: l'ostilità provata si verifica in presenza di un tradimento affettivo, quando ci si aspettava dall'altro un comportamento diverso, capace di tenere conto dei propri bisogni fondamentali, dei propri desideri, delle proprie aspettative.
Si tratta di un sentimento amaro, ossessivo, che spinge alla vendetta, anche se difficilmente si traduce in esplicita aggressione.

Chi prova rancore si sente una vittima, è portato a lamentarsi, soprattutto con sé stesso, a tornare di frequente alla situazione che ha aperto la ferita, che in questo modo non riesce certamente a rimarginarsi.
Provare rancore porta a legarsi indissolubilmente al proprio 'carnefice': il sentimento del rancore non permette di dimenticare chi ci ha offeso, né l'offesa subita.
Per questo si parla anche di risentimento: un sentimento che riproduciamo continuamente nella nostra mente, fino a farle perdere di vista la realtà attuale, la vita reale che si svolge intorno a noi e che è probabilmente diversa da quella che continuiamo a percepire (dato che è filtrata da questo bisogno intenso e spesso segreto di ritorsione). A volte il rancore può essere utile perché è una fonte di energia, che permette di superare qualsiasi paura, qualsiasi forma di inibizione o timidezza, qualsiasi difficoltà. Altre volte può invece far scaturire un senso di impotenza, perché il pensiero che si avviluppa su sé stesso non aiuta a trovare delle soluzioni alternative e lascia le cose come sono, senza cambiamenti.
Chi prova rancore prova molta sofferenza, tende a chiudersi in sé stesso, a non comunicare più con gli altri, che non capirebbero l'importanza che il soggetto offeso attribuisce al proprio sentimento, o meglio, 'ri-sentimento'.
Una soluzione sembra tuttavia esserci: il perdono.
Dott.ssa Giuliana Proietti - Ancona - (dalla rete).
 
 
anche noi, rancorosi, irati,
a volte anche rissosi, imbronciati;
le pene, gli amori e le rose,
un senso di classe, di assoli...

venerdì 27 maggio 2016

Nel profondo


Giovanna Verzilli
"Nel profondo blu"

Nel profondo
 
Dentro l’anima mia, dove ruina
Il fondo e il cieco abisso si spalanca,
Quando la notte in ciel siede regina

Suona una voce dolorosa e stanca;

E un vasto e sordo fremere di pianti
Sale pel bujo che s’addensa quivi;
Come un fiotto d’ignude anime erranti.

Come un lamento di sepolti vivi;

E sospiri pel negro aer travolti,
E fioche voci dai singhiozzi rotte:

Son l’anime dei morti e dei sepolti
Che si destan piangendo a mezzanotte.
 
Arturo Graf
 
 
 


giù, più in fondo,
nel profondo;
giù, più in basso,
come un sasso...

giovedì 26 maggio 2016

Ujamaa

Ujamaa
(per Julius Nyerere)
 
Il sudore non è un tributo ma è il lievito
Che si affida alla terra. La terra florida non chiede
Che sulla terra si fatichi per renderle omaggio.
Il sudore è il lievito della terra e non un tributo
Che si deve a una divinità barricata in una fortezza.
Sono le mani nere della tua terra
Che liberano le speranze dalle catene
Messaggere di morte, dall’inbreeding
Di dogmanoidi più mortiferi della Morte,
Insaziabili predatori di carne umana.
Il sudore è lievito, pane, Ujamaa
Pane della terra, per la terra
Dalla terra. La terra è tutta la gente.

Wole Solyinka
La furia del dio del ferro
Traduzione di Luigi Sampietro
 
 
 
L'Ujamaa è il concetto base delle politiche di sviluppo economico e sociale di Julius Nyerere, presidente della Tanzania, subito dopo il raggiungimento dell'indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1962. 
Nel 1967, Nyerere pubblicò il suo progetto di sviluppo intitolato la Dichiarazione di Arusha, nella quale sottolineava la necessità di un modello africano di sviluppo.
Questo documento fu la base del socialismo africano.
Ujamaa è una parola in lingua swahili che significa "famiglia estesa" o familyhood.
Una delle caratteristiche di questo concetto è che una persona diviene ciò che è attravarso la gente o la comunità.
Per Nyerere, famiglia estesa significa che ogni individuo è al servizio della comunità.
Quindi, l'Ujamaa è un concetto che indica una comunità in cui la cooperazione e l'avanzamento collettivo fanno parte del modus vivendi di ogni individuo.
Tale ideologia è stata anche descritta come "socialismo rurale".
Nell'Ujamaa l'acquisizione personale non è proibita, ma viene privilegiato il possesso comune delle risorse primarie - la terra anzitutto - dei mezzi di produzione, e una distribuzione più egualitaria della ricchezza prodotta fra i membri della comunità.
Nyerere usò questo concetto come base di un progetto di sviluppo nazionale.
Ha tradotto l'Ujamaa in un modello di gestione politico-economico nei seguenti modi:
1.- La creazione di un sistema monopartitico, con al vertice il Chama Cha Mapinduzi (CCM, ex TANU), con lo scopo di rendere coesa la Tanzania;
2.- L'istituzionalizzazione dell'uguaglianza sociale, economica e politica tramite la creazione di una democrazia centrale, l'abolizione della discriminazione basata sullo status di nascita e la nazionalizzazione dei settori-chiave dell'economia;
3.- La villagization (cioè il raggruppamento della popolazione delle campagne in determinati villaggi, detti villaggi Ujamaa) della produzione, che collettivizzava tutte le produzioni locali;
4.- Il raggiungimento dell'autosufficienza (self-reliance) per la Tanzania dal punto di vista dell'economia e dal punto di vista della cultura. Per quel che riguarda l'economia, ognuno avrebbe lavorato sia per il gruppo, che per se stesso; per quel che riguarda la cultura, i tanzaniani avrebbero dovuto imparare a liberarsi dalla dipendenza dalle potenze europee. Per Nyerere, ciò significava anche imparare a fare cose per sé e imparare a essere soddisfatti di ciò che si poteva ottenere in uno stato indipendente;
5.- Lo sviluppo dell'istruzione gratuita e obbligatoria per tutti i tanzaniani, allo scopo di sensibilizzarli ai principi dell'Ujamaa;
Alla fine, una serie di fattori ha contribuito al crollo del modello di sviluppo basato sul modello Ujamaa. Tra questi, possiamo ricordare la crisi petrolifera degli anni settanta, il crollo del prezzo di esportazione di alcuni beni (in particolare, caffè e canapa), la mancanza di investimenti diretti dall'estero (IDE) verso il paese e lo scoppio della guerra contro l'Uganda nel 1978 che privò la giovane nazione tanzaniana di molte risorse.
Bisogna inoltre considerare lo sviluppo in senso autoritario e burocratico che ebbero la formazione dei villaggi ujamaa, tanto che le cooperative spontanee vennero chiuse, e lo stesso ruolo del partito TANU (CCM), che si trasformò da strumento di partecipazione, in strumento di controllo sul paese. L'inasprimento dell'ideologia della pianificazione ebbe un impatto molto negativo sulla produzione e, di conseguenza, sulla disponibilità di alimenti.
In particolare, una conseguenza di questa collettivizzazione fu il drenaggio dei capitali che, in precedenza, erano andati a finanziare i deficit pubblici. Infatti, i vari paesi donatori continuarono a garantire lo stesso afflusso di capitali, ma non fecero lo stesso il FMI e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (Banca mondiale), che subordinarono la ripresa degli aiuti alla messa in atto di misure economiche liberiste, volte, cioè, alla riduzione della spesa pubblica. Queste condizioni avrebbero poi avuto un peso non trascurabile sulle vicende politiche tanzaniane (da Wikipedia).

 
dedicare a qualcuno,
qualcosa, una frase, un concetto,
pensieri storni a volte,
a volte parole d'amore...

mercoledì 25 maggio 2016

Ancora sul dolore

Maschera del dolore
Uno scultore attento ai segreti della materia, un uomo, il milanese Adolfo Wildt morto nel 1931, che tra fine Ottocento e la prima metà del Novecento ha fatto un uso singolare del marmo: levigando, sbiancando il materiale secondo insegnamenti del passato, ma anche utilizzando nelle sue opere pietre dure ed oro, o accostando il marmo al bronzo ed al mosaico.
Un artista particolare nella tecnica e nei contenuti, che rappresentava tutto il senso della sofferenza, il mondo interiore e la spiritualità con forme scavate, pieni e vuoti.
Con una serie di scelte iconografiche e stilistiche personali, Wildt è riuscito a coniugare il passato e il suo presente, anticipando anche il futuro.
Dalla trasparenza delle cartilagini alle ossa sporgenti, fino alla pienezza e alla robustezza di certi ritratti. A seconda dei casi le diverse opere scultoree realizzate da Wildt ci trasmettono la consistenza del latte, dell'avorio, della madreperla e altro ancora. Wildt ha una grande fede nel proprio "mestiere", in una sapienza artigianale che ha le sue radici nella tradizione dei marmorari lombardi. La sua è una concezione etica del lavoro che segna il suo cammino artistico e umano, una sorta di "religiosità dell'arte".
Una delle versioni varie della Maschera del dolore o Autoritratto si trova a Forlì e rappresenta un momento altissimo dell'espressionismo dell'artista. Le tre croci incise sulla lastra di fondo in marmo dorato rappresentano i tre anni di crisi esistenziale di Wildt appena trascorsi, a partire dal 1906. Il suo dolore di uomo si autoidentifica con la passione di Cristo (Nadia Grillo, dalla rete).


Santa Lucia
Le posizioni del dolore
 
Perché non trovarti mai le vene?
macchiarti le tue braccia di neve
così? E io non trovavo l’infermiera
per domandare e i visitatori non
trovavano la stanza per visitare
e tu non trovavi il telecomando
che pure era lì, quello per sollevare
il letto, per cambiare ogni due ore,
tutte le posizioni del dolore.

Vivian Lamarque
Madre d'inverno
 

qualcuno soffre, in ogni dove,
il dolore è parte di noi,
scava e tempra, fa male;
da qualche parte un po' di cielo...

martedì 24 maggio 2016

Poesia e riflesso e colomba

Richiamo
 
Il tuo richiamo di colomba mi insegue la sera.
Inseguimi allora.
È come il vino della poesia quando mi chiami
e io per causa tua
spingo i cavalli alle lacrime
piego le ali agli uccelli
vado al di là del canto.
Il tuo richiamo è un'altalena
e la distanza uno stretto
uno stretto nell'assenza.
L'albero del cuore basta
se cade la nostra brezza
e cadiamo con lei?
È fatto del nostro sangue l'albero del cuore
o è solo illusione?
Una domanda che mi ossessiona meteora dopo meteora
una rosa due rose
mi dormono sul braccio
e l'alba s'insinua azzurra
perché si bagni la rugiada
perché io la veda.
Per questa domanda gazzella
per quel che ci terrà imprigionati
nella rete della risposta
perché il cielo non si restringa.
Libererò uno stormo di giovani colombe
e aprirò le mie mura al loro domani.
Se mi annegheranno nel richiamo
annegherò
e se mi sveglieranno
lascerò aperta la finestra del sogno
e dormirò.
 
Faraj Bayraqdar
Traduzione di Elena Chiti
Una colomba ad ali spiegate
 
 
La colomba è il messaggero di Noé sull'arca per trovare la terra ferma. La colomba simboleggia un spirito puro e pacifico.
Indica la fine di un periodo di difficoltà e conflitti.
Si può trattare di conflitti esterni o di contaddizioni interne.
 

volare, ali spiegate,
verso lidi e orizzonti,
volare a picco,
fermi indomiti, soli...

lunedì 23 maggio 2016

Après la guerre


Après la guerre

Non nascondete le cicatrici
Nella distilleria dove si spilla il sangue
ho sentito un odore
famigliare di narcotici
Non nascondete le cicatrici

Il nostro comune rizoma di carne quando
lo si calpesta dentro la terra si attrezza contro
la morte e tutto bardato si lancia in direzione
del sole se non altro per il timore di scoprire
che il guscio è vuoto e che lo stelo degli ultimi
germogli affonda in un nulla di contraffazioni
Non strappate la pelle della terra
per coprire i tagli della pelle del tamburo
 
Non nascondetevi sotto una crosta
trasformando il dolore nel lamento
a mezza bocca di un pagliaccio con le bende
dipinte sulla maschera e la gola secca
per mancanza di bile, un cuore
di pezza e il ghigno di un teschio
che cerca di aggirare la severità
dell’esorcismo.

 Le pitture non durano. E voi lasciate
che a seguire un cuore che pulsa
come un pezzo di legno siano quelli
che vanno dietro all’ultima onda.
 
Wole Solyinka
Traduzione di Luigi Sampietro
La furia del dio del ferro


Synopsis

Eté 1944, en Haute-Provence. Antoine et Julien, élevés par leur oncle depuis que leur mère se prostitue à Lyon, fuient à travers la campagne après avoir annoncé, par erreur, l'arrivée des Américains alors qu'il s'agissait des Allemands. Ce malentendu a provoqué la mort du maire. Ils rencontrent un soldat allemand d'origine alsacienne, parlant français, paralysé par une sciatique. Ils comprennent qu'il est déserteur, sympathisent avec lui, le conduisent chez une «rebouteuse» qui le remet d'aplomb, et font route en sa compagnie. Las de la guerre, déjà vétéran de la première, écorché, solitaire, c'est un pacifiste sous ses apparences bourrues (dalla rete).


ancora ci prendiamo a sassate,
solo che i sassi uccidono di più,
ancora stupidi e stupiti
perdiamo il senso del vivere...

domenica 22 maggio 2016

Domenicale #2 con quadro


scampoli di ricordi,
amici ritrovati, provati da tempo
e intemperie...eppure,
ritorni così placano ire,
eppure si pensa ancora e si dice;
cullati da sogni arranchiamo
la china del nostro vivere...
 
Gujil
 

 



Dall'alto giù per la china ripida; dipinto
Tipo: Oggetto fisico; dipinto
Tipo di scheda: Opere e oggetti d'arte
Categoria: Opere d'arte visiva
Autore: Mercatali Stefano 1958
Caduta dei giganti.
Stato di conservazione: buono - l'opera è priva di cornice
Soggetto: figurazione onirica
Estensione: 80 x 80
Materia e tecnica: olio su tela
Data di creazione: 1988 - 1988, sec. XX (motivazione della cronologia: data)
Ambito geografico: Santa Sofia (FC), Emilia-Romagna - Italia; Galleria d'Arte Contemporanea "V. Stoppioni". Viale Roma, 5/A

sabato 21 maggio 2016

Nenufaro

Nuphar lutea o Ninfea gialla o Nenufaro
è un'idrofita radicante perenne diffusa nelle acque ferme o in lieve movimento di tutto il continente europeo.
In Italia, dove è la pianta a foglia galleggiante più grande, è molto utilizzata nei laghetti ornamentali sia per la quantità di fiori che sbocciano in una stagione che per l'eleganza della pianta stessa.
E' l'unica spontanea della sua specie.
In Turchia è possibile rinfrescarsi con una bibita ghiacciata detta Pufer ricavata dal fiore del nenufero.
Dai semi si ricava una farina.
 

Il Nenufaro
 
Guarda, mio tesoro adorato!, ti porto
questo fiore dalle corolle di diaspro
che sul tacito flutto l'onda
cullava in un sogno primaverile.

Vuoi portarlo fino a casa tua?
Allora, órnatene il seno, mia diletta!
E sotto le sue foglie sarà nascosta
un'onda profonda e silenziosa.

 
Fanciullo, guardati dal sognare
troppo vicino al flutto traditore!
L'ondina simula il sonno
sotto i gigli intrecciati.
 

Il tuo seno, o diletta!, è questo flutto leggero;
pericoloso è sognargli vicino.
I gigli s'intrecciano alla superficie
e l'ondina simula il sonno.
 
Henrik Ibsen

 
Nuphar lutea
è molto rustica, sono sufficienti 20 centimetri di acqua con un fondale fangoso dove le radici si ancorano tramite rizoma per poterla coltivare.
La foglia è di forma tondeggiante o a cuore, di colore verde scuro e raggiunge sino 1 metro di diametro, a volte è sommersa, a volte si trova sul pelo dell'acqua, in altri casi emerge.

La sua altezza varia secondo la profondità delle acque; perenne, acquatica, fusto sotterraneo, piccioli rotondi e molto lunghi; foglie cuoriformi, distese sulla superficie dell'acqua, carnose, cerose, da 10 a 30 cm; fiore giallo (aprile-settembre), molto profumato, diametro da 3 a 7 cm, 5 sepali grandi, arrotondati e verdi all'esterno; frutto carnoso indeiscente, che matura sulla superficie, semi numerosi; rizomi affondati nel fango.
Il suo fiore ha un forte odore.
Può adattarsi anche ad acque profonde, il picciolo raggiunge lunghezze  di 2-3 m. ed è provvisto di parti aerifere che favoriscono il galleggiamento e portano ossigeno alle radici.
In estate sbocciano numerosi fiori profumati color oro, che si innalzano unici dalla superficie e che aprendosi parzialmente mantengono una forma tondeggiante.
 
parole strane, strane cose,
qualche volta, spesso,
l'ignoranza prevale
e ci si sente stupidi...
  
Al fiore si sostituisce un frutto semilegnoso da cui cade il seme che produrrà nuove piante.
Date le dimensioni del nenufero è sempre meglio coltivarlo al centro di un laghetto di media grandezza, in pieno sole anche se la pianta si adatta all'ombra.
Se si vuole evitare la totale colonizzazione della superficie del laghetto è consigliato utilizzare un vaso dividendo il rizoma in Primavera.
In Inverno la pianta raggiunge uno stato di quiescenza che gli permette di affrontare basse temperature.
Ha proprietà antispasmodiche, sedative, antibiotiche.(dalla rete).

venerdì 20 maggio 2016

Difesa

Difesa

Che giurai? che promisi? Allor che il petto
La forsennata passïon ti morse,
Fors’io ti lusingai? ti diss’io forse:
T’amo; l’amor che prima m’offri accetto?

Tacqui: ricordi? al labbro mio non corse
La vigliacca menzogna: il novo affetto
T’ingombrava la mente, ed il sospetto
Del ver ch’io non celava in te non sorse.

Or perché piangi, e te tradita stimi,
E me sleal? guardami un tratto in volto,
Le mie parole nella mente imprimi:

Lungi da te, sott’altro ciel, nel folto
D’una selva, una tomba infra sublimi
Cipressi albeggia: — Ivi è il mio cor sepolto.
 
Arturo Graf

 
difesa
[di-fé-sa], sostantivo femminile
- Sabatini Coletti -
1.- Opera volta a respingere azioni ostili o dannose contro persone o cose: d. accanita, a oltranza; d. dell'ambiente, del suolo; in partic. con riferimento ad azioni belliche: la d. dello Stato è affidata alle forze armate || Ministero della D., quello che sovrintende alle forze armate dello stato | nel prov. la miglior d. è l'attacco
2.- estens. Qualsiasi cosa valga a proteggere, a salvaguardare da un danno o pericolo SIN protezione, riparo: colpire le d. nemiche; le d. dell'organismo
3.- dir. Azione di tutela, di assistenza, di rappresentanza svolta dall'avvocato nei confronti di una parte in giudizio SIN patrocinio: assumere la d. di un imputato; legittima d.; estens. l'avvocato o il collegio di avvocati difensori e il loro modo di presentare le ragioni dell'imputato: la parola alla d.
4.- sport. Nel pugilato, coefficiente di quattro punti assegnato al pugile che si sia rivelato superiore nell'evitare o nel parare i colpi dell'avversario; negli sport di squadra, azione di contenimento dell'attacco portato dalla squadra avversaria e gruppo di giocatori a ciò preposto: giocare in d. || d. a uomo, nel calcio, quella in cui ogni attaccante della squadra avversaria è controllato da un difensore | d. a zona, quella in cui ogni giocatore deve controllare una data parte di campo  
 

spesso indifendibili animi,
troppo sovente attesi
gli spioventi aguzzi
ritrattano cose passate...

giovedì 19 maggio 2016

Sigilli

Il sigillo (dal latino sigillum, diminutivo di signum, "segno") è un marchio destinato a garantire l'autenticità di un documento e rendere esplicita la sua eventuale divulgazione o la sua alterazione.
Con lo stesso termine è indicata anche la matrice, generalmente di metallo o pietra, sulla cui superficie vengono incisi simboli o iniziali, da cui si ricava l'impronta.
Si possono distinguere i sigilli ad inchiostro, utilizzato in tempi remoti in Asia orientale per firmare documenti cartacei, e sigilli in rilievo ottenuti mediante l'impressione di un modello su un materiale morbido che si indurisce rapidamente, argilla bagnata, cera riscaldata alla fiamma, piombo.
Lo studio dei sigilli appartiene alla sfragistica.
 

Due sigilli
 
Non è una farfalla soffocata
per ridestargli il cuore
una campana di fiori di melograno.
Non è altro che lui
che forse le dice:
smetti farfalla azzurra
smetti mia nostalgia
di non avere approdo.
 
L’ombra si appoggia agli alberi
e i ricordi alla fatica.
Non sei rovine perché ti pianga
né i poeti mi somigliano quando piangono.
Riportami la brezza
che è passata sul grano
la brezza signora dei campi
la brezza signora dei cavalli
la brezza signora dei giunchi.
 
Non è una colomba che canta
per bagnare il cielo.
Mia moglie.
Nostra figlia.
Due gazzelle scacciate
che baciano con due sigilli di rugiada
la mia anima e si allontanano.
Lampo
sii ombra ai loro passi.
Orizzonte
cingile con il mio cuore
e forse... ritarderemo il temporale.

Faraj Bayraqdar
Una colomba ad ali spiegate
Traduzione di Elena Chiti
 
 
L'apposizione di un sigillo può avvenire in molti modi.
In un documento scritto, il sigillo conferma la veridicità della firma, o la sostituisce in alcuni casi.
Il sigillo può anche avere un ruolo per impedire l'apertura di una busta o di qualsiasi altro contenitore, assicurando che le informazioni all'interno non siano state modificate né divulgate.
Esistono anche sigilli in piombo atti a scoraggiare eventuali manomissioni di dispositivi, come nel caso dei contatori dell'acqua.
 
sigillo nel cuore, nell'anima,
eppure a volte si infrangono,
come nei sogni si rompono
e si ritorna ad amare...
 
 
I sigilli cilindrici sono attestati in Mesopotamia dai tempi preistorici e sono prodotti su un materiale, generalmente argilla, su cui è inciso un disegno in rilievo, che garantisce l'identità della persona che ha fatto un documento. Sigilli, sempre di argilla, sono usati anche nell'antico Egitto su papiro o su tavolette d'argilla. Sulle pareti della tomba di Tutankhamon sono stati trovati sette tipi di sigilli differenti impressi mediante "timbri" presumibilmente lignei. In epoca romana, l'imperatore Augusto utilizzò per sigillare i documenti ufficiali e le lettere, inizialmente l'immagine della sfinge, poi l'effigie di Alessandro Magno, ed infine la sua, che rimase per secoli il sigillo ufficiale adottato anche dagli imperatori successivi. In tutte le sue lettere poneva, inoltre, l'indicazione dell'ora del giorno o della notte in cui partivano. Dal IV secolo inizia l'utilizzo di sigilli di piombo e dal XII secolo quelli di cera d'api. Nel Medioevo, il sigillo, oltre a garantire la riservatezza di un messaggio, diviene testimonianza dell'autenticità del documento. Tra i più interessanti sigilli medioevali se ne ricordano: due conservati a Firenze, due a Bologna ed uno a Forlì (da Wikipedia).

mercoledì 18 maggio 2016

Plenilunio

Il plenilunio
 
Niente, non aspetto piú niente da te, cielo,
Dovunque mi aggrappi cado con fragore
Dal tuo tetto d’aria colmo di conchiglie
Dal mazzo arrugginito delle tue stelle;
Una luna spropositata sorge in me
S’ingrossa minacciosa sui miei crinali
Sorgerà un plenilunio a frantumarmi.
 
 
Antonis Fostieris
Nostalgia del presente
traduzione di Nicola Crocetti
 
 
Quando la luna piena (o plenilunio) appare nel cielo, significa che il satellite naturale viene illuminato totalmente dal sole, il quale si trova al suo esatto opposto.
Da sempre viene ritenuta una notte magica, durante la quale donne e uomini si radunavano per festeggiare la Dea Madre.
La luna piena ispira, rende creativi e desiderosi di dirigere nel migliore dei modi la nostra energia.
Si dice che la luna piena sia collegata al parto e le nascite, si dice che possa influenzare la vita dell’uomo.
Così come la Luna Piena viene vista come il volto della Dea Madre, la fase mestruale ad essa associata è la fase ovulatoria, la massima espressione della femminilità, la pienezza dell’organo riproduttivo femminile.
Questa fase viene appunto associata alla Fase della Madre, quando la donna è pronta ad accogliere nel proprio ventre il figlio.
Durante la luna piena e la così detta Fase della Madre, la donna inizierà ad apprezzare meglio se stessa e riconoscerà il legame stretto che ha con la terra. L’energia interiore è rigogliosa, ma non ha la pretesa di mettersi in mostra in modo egocentrico.
Diciamo piuttosto che la donna illuminerà in modo del tutto involontario in questi giorni.
Esistono correlazioni tra luna piena e ciclo mestruale (ovulazione), tra il plenilunio e la donna e possa in qualche modo modificare anche i tempi di raccolta e semina in agricoltura e giardinaggio (dalla rete).
 
 
luna piena e luce,
quasi crepuscolare, gozzaniana;
sospiri sotto la luna,
respiri nella notte...

lunedì 16 maggio 2016

Quando l'amore vola


Quando l’amore vola
 
Quando vola a te l’amore
neanche un cenno ti tradisca –
le ali, un frullo lieve di civetta,
di sabbia gli occhi accecati –
e proprio devi, sospira,
ma apponigli il sigillo.
 
Né un cenno ti deve tradire
quando via da te volerà.
Poiché – lo sai – di te si stancherà,
non ne puoi dubitare.
I tuoi sussulti dovrai soffocare.
Il cuore abbia pazienza:
per sempre dovrai farne senza.
 
Walter de la Mare
Traduzione di Silvio Raffo
Fiori d'ombra
 
 
 


amore, un tempo, ieri,
oggi affetto e reciprocità;
amore, passione,
unito in slanci ancestrali
mi dolgo, ricordo, rivedo...
 


 
L'amore vola
 
L'amore vola!
Negli occhi della gente
L'amore vola
L'amore vola!
Negli occhi della gente
 L'amore vola
Su la gente vuole stare su
Se di giorno deve lavorare
Su la gente vuole stare su
Se di notte vuole andare a ballare
Ma la benzina, l'adrenalina, la medicina
Quella vera che ti fa volare
Sei tu quando guardi il cielo
Lo vuoi fare con l'amore questo volo,
Vola!
Giu' nessuno vuole stare giu'
Se di giorno deve pedalare
Giu' nessuno vuole stare giu'
Se di notte si vuole divertire
Ma la benzina, l'adrenalina, la vitamina
Quella che ti fa sognare
Sei tu quando guardi il cielo
Lo vuoi fare con l'amore questo volo,
L'astronave scende sulla terra
L'astronauta vince la sua guerra
Occhi dentro agli occhi accendono stelle
Quando t'innamori
E intorno al mondo con l'amore voli
Su lo vedi volare nel blu
Alla mattina quando vai a scuola e poi
Piu' a un tratto non lo vedi piu'
Si nasconde dentro ad una chiesa
L'amore arriva, atterra, riparte,
Si ferma sulle critiche intelligenti
L'amore ascolta attento
Quello che hai da dire
L'amore parla anche se non lo senti
L'astronave scende sulla terra
L'astronauta vince la sua guerra
Occhi dentro agli occhi accendono le stelle
Quando m'innamoro
(L'astronauta scende sulla terra)
(Spara amore e vince la sua guerra)
Occhi in fondo agli occhi accendono le stelle
Quando t'innamori
E intorno al mondo con l'amore voli
E quando si spegne la luce
E il mondo rimane fuori
Si torna all'eta' della pietra
Si torna agli albori
Tu sei Adamo e io Eva
Paolo e Francesca noi siamo
Fanculo a 100 anni di storia
Perche' noi ci amiamo
L'astronave scende sulla terra
L'astronauta vince la sua guerra
Occhi in fondo agli occhi accendono stelle
Quando m'innamoro
E intorno al mondo con l'amore volo
L'amore vola!
 
Irene Grandi