103.
A Pietroburgo c’incontreremo di nuovo
quasi vi avessimo sepolto il sole dentro,
e la beata parola insensata
proferiremo per la prima volta.
Nella nera felpa della notte sovietica,
nella felpa del vuoto universale,
cantano tuttora gli occhi diletti delle beate consorti,
fioriscono tuttora i fiori immortali.
Da gatta selvatica s’inarca la capitale,
sul ponte sta di guardia una pattuglia,
solo un motore funesto sfreccerà nella tenebra
levando il suo canto da cuculo.
Non mi occorre il lasciapassare notturno,
io non le temo le sentinelle:
per la beata parola insensata
leverò la mia preghiera nella notte sovietica.
Odo un lieve fruscio teatrale
e un virgineo “ah”,
e un mazzo smisurato di rose immortali
regge la Ciprigna tra le mani.
Al falò ci scaldiamo dalla noia,
trascorreranno i secoli forse
e le mani dilette delle consorti beate
raccoglieranno le ceneri lievi.
Da qualche parte le vermiglie aiuole del parterre,
esuberanti e spiumacciati gli stipi dei palchi,
la bambola a molla dell’ufficiale
non è per le anime nere e i farisei volgari...
E allora spegnile le nostre fiammelle
nella nera felpa del vuoto universale.
Cantano tuttora le spalle vigorose delle consorti beate
ma al sole nero non farai più caso.1920
Osip Mandel'stam
Traduzione di Gario Zappi
poesia russa, realismo, quotidianità,
incontro pragmatico di anime;
ricordo le letture serali, solitudine,
solitaria maniera di sentirsi grandi...