Certo i gabbiani cantonali hanno atteso invano le briciole di pane che io gettavo sul tuo balcone perché tu sentissi anche chiusa nel sonno le loro strida.
Oggi manchiamo all'appuntamento tutti e due e il nostro breakfast gela fra cataste per me di libri inutili e per te di reliquie che non so: calendari, astucci , fiale e creme.
Stupefacente il tuo volto s'ostina ancora, stagliato sui fondali di calce del mattino; ma una vita senz'ali non lo raggiunge e il suo fuoco soffocato è il bagliore dell'accendino.
Eugenio Montale
saper rendere nel giusto modo le immagini quasi fossero fotogrammi di vita, impressi; mai potrei scorgere oltre il confine i profili di morbide colline e vallate fino al non finire...
Andrea Zanzotto è riconosciuto universalmente come il “poeta del paesaggio”, tale
definizione dunque rischia tuttavia di essere riduttiva, se diventa una
gabbia stereotipica. È pur vero che nella citata intervista con Paolini,
Zanzotto afferma la centralità del paesaggio, inteso come luogo, ma
sempre in relazione all’esperienza psichica: “Per me il
paesaggio è, prima di tutto, trovarmi davanti a una grande offerta, a un
immenso donativo, che corrisponde proprio all’ampiezza dell’orizzonte.
È come il respiro stesso della presenza della psiche, che imploderebbe
in sé stessa se non avesse questo riscontro.[…] Noi in un
primo tempo, siamo una specie di centro mobile, che si sposta, con noi
stessi, ricentrando gli orizzonti e i limiti. Poi, mano a mano che si
accumula una nostra storia psichica, ci accorgiamo di trovarci
perpetuamente nascosti dietro il paesaggio – e io ho scritto appunto Dietro il paesaggio
– oppure davanti, o immersi in un continuo gioco di ‘trapungere’. Un
paesaggio ideato come qualcosa che punge e trapunge e di cui noi siamo
una specie di spoletta, che si aggira in mezzo, che cuce… oppure
qualcosa che taglia. Quindi, mano a mano che si accumula una nostra
storia psichica, noi la depositiamo in questo paesaggio, che all’origine
aveva già una sua autorità e che accoglie, poi, le ferite che noi gli
infettiamo”. Si direbbe che in Zanzotto il linguaggio sia dunque
espressione del rapporto tra questo io-psichico e il paesaggio-realtà (dalla rete).
Amori impossibili come
Amori impossibili come
sono effettivamente impossibili le colline
Non è possibile che tanto amore
in esso venga apertamente
dato
e al tempo stesso dissimulato, anzi
reso inaccessibile
Serie senza reliqui di inaccessibilità che pur fa da accattivante
ingradante tappeto sulla
più grande breccia demenza desuetudine
Colline ricche di mille percorsi di morte
per quietamente
per avventato soccorrere
tra cielitudini
per insufficienza di attenzione a sé –
di sorte in sorte
“intralcerà” “si defilerà”
Andrea Zanzotto
nell'infinito che siamo trova spazio un silenzioso senso di appartenenza; siamo animali di affetti e pretendiamo da altri mondi indiscussi che non sappiamo dare...
Geometriche aspirazioni i
sogni pervadono il senso del dire, del fare, in imprecisioni minime s’infrangono le speranze, i sorrisi, i
giorni.
Salate, silenti amiche rigano
scavate guance di un soffrire acerbo, rivedo il viaggio, i porti, le tracciate rotte a solcare la contorta geografia del cuore.
Non ho che appassito un fiore ne recisi il gambo un tempo, ricordo, ora perdura una risentita fiaba, di un cavaliere stanco, di una fata volta.
Anonimo del XX° Secolo
da "Le implicazioni sentimentali"
Marghecaspani
"Vaso di fiori appassiti"
Se sei alle prese con un mazzetto di fiori, magari potresti cercare di
ridargli un po' di vigore. Seguendo questo metodo sarai in grado di farli
durare da 24 a
72 ore in più. (dalla rete)
1.- Togli i
fiori dall'acqua in cui sono immersi, per poterti occupare dei gambi. 2.-Con un coltellino, recidi il
gambo di ogni fiore a circa 1
cm dall'estremità. Se fuoriesce del liquido, è un
buon segno, poiché vuol dire che i fiori potrebbero durare un po' più di 72
ore. 3.- Butta via l'acqua in cui
erano immersi i fiori. 4.- Prendi un vaso pulito. 5.- Versa dell'acqua fresca nel
vaso, fino a riempirne 3/4. 6.- Aggiungi tre cucchiaini di
zucchero. I fiori lo assimileranno tramite il gambo e riacquisteranno molto
vigore. 7.- Risistema i fiori. 8.- Versa un paio di gocce
d'acqua al centro della corolla di ogni fiore. 9.- Se i fiori non dovessero
rinvenire, anche lievemente, nel giro di 3 ore, aggiungi un altro cucchiaino di
zucchero e un po' di acqua.
La compresenza dei temi della solitudine, dell'isolamento sociale, del
rapporto privilegiato con il paesaggio e del dialogo interiore con i
sentimenti fa di questo testo un esempio eccezionale del modello lirico
petrarchesco. Nasce infatti con Petrarca il "paesaggio-stato d'animo":
il paesaggio cioè diviene l'equivalente dello stato d'animo del
soggetto, che proietta all'esterno la propria interiorità e costruisce
una natura che ne rivela i sentimenti.
Solo et pensoso i più deserti campi vo mesurando a passi tardi et lenti, et gli occhi porto per fuggire intenti ove vestigio human l’arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi dal manifesto accorger de le genti, perché negli atti d’alegrezza spenti di fuor si legge com’io dentro avampi:
sì ch’io mi credo omai che monti et piagge et fiumi et selve sappian di che tempre sia la mia vita, ch’è celata altrui.
Ma pur sì aspre vie né sì selvagge cercar non so ch’Amor non venga sempre ragionando con meco, et io co·llui.
Francesco Petrarca (Canzoniere, XXXV)
È
uno dei sonetti più celebri del "Canzoniere", composto prima del 1337 e
in cui Petrarca descrive se stesso intento a camminare in luoghi remoti
e selvaggi, nel tentativo (vano) di evitare i suoi pensieri amorosi e,
soprattutto, per non mostrare agli altri il suo aspetto afflitto
rivelatore delle sue pene sentimentali. La lirica è interessante, oltre
che per l'accuratezza stilistica e retorica, anche per l'oggettivazione
del sentimento interiore attraverso il paesaggio esterno, poiché la
desolazione dei luoghi solitari percorsi dall'autore rispecchia
pienamente la sua intima afflizione (questo è uno degli elementi di
maggior novità della poesia petrarchesca, nonché di distanza dalla
precedente tradizione della lirica cortese) (dalla rete)
.
rimasugli di sogni mi danno al mattino rimane quel vago torpore, di sonno; resisto al richiamo imperioso dei sensi costringo e rimando rallento il respiro...
Hair (Hair: The American Tribal Love-Rock Musical)
è un musical rock scritto da James Rado e Gerome Ragni (testi) e Galt MacDermot (musica). Rappresenta il prodotto forse più importante della controcultura hippie degli anni sessanta: il suo imponente successo ha significato un autentico terremoto nella cultura sessuale statunitense e ha contribuito a diffondere l'opposizione pacifista alla guerra del Vietnam (numerose sue canzoni sono diventate autentici inni dell'opposizione all'interventismo USA). Hair ha inoltre contribuito alla ridefinizione del musical theatre, partorendo il genere del musical rock o rock opera (da wikipedia)
siamo tutti preda di indicibili sogni la ricerca è continua spesso costante; simulacri del passato ritornano in mente, come le canzoni, come le emozioni...
La celebre canzone, un inno della contro-cultura californiana, dei figli
dei fiori e degli hippy, arrivata alla cultura di "serie A" attraverso
prima il musical "Hair" ("Capelli") del 1969, del quale è il tema
principale, poi del film omonimo di Milos Forman del 1979, quando la
fase hippy era ormai abbondantemente finita (praticamente già una
operazione nostalgia), era interpretata nel musical dai 5th Dimension,
che la portarono al successo internazionale (6 settimane al numero 1 in
USA, 3 milioni di copie vendute).
When the moon is in the Seventh House
and Jupiter aligns with Mars
Then peace will guide the planets
And love will steer the stars
This is the dawning of the age of Aquarius
The age of Aquarius
Aquarius! Aquarius!
Harmony and understanding
Sympathy and trust abounding
No more falsehoods or derisions
Golden living dreams of visions
Mystic crystal revelation
And the mind's true liberation
Aquarius! Aquarius!
When the moon is in the Seventh House
and Jupiter aligns with Mars
Then peace will guide the planets
And love will steer the stars
This is the dawning of the age of Aquarius
The age of Aquarius
Aquarius! Aquarius!
As our hearts go beating through the night
We dance unto the dawn of day
To be the bearers of the water
Our light will lead the way
We are the spirit of the age of Aquarius
The age of Aquarius
Aquarius! Aquarius!
Harmony and understanding
Sympathy and trust abounding
Angelic illumination
Rising fiery constellation
Travelling our starry courses
Guided by the cosmic forces
Oh, care for us; Aquarius
Scellerate azioni proiettano visioni
in un loop continuo e fastidioso
errori si sommano a sbagli
delicate imprecisioni di insani gesti
-5-
Anche tacere nasconde trame indistinte. In un viavai di pensieri la testa perde capacità
cognitive, si torna bambini a guardare le nuvole dell’anima, si cerca ragione
là dove ragione non c’è. Mi ritrovo spesso ad urlare il sole, il vento, la
pioggia, come il giorno che crebbi, senza accorgermi crebbi ed il sorriso
accennato si spense ma rimase il sarcasmo, l’ironia della sorte e la vita
contigua. Stridono i poeti incassati tra assi di legno, in quei
libri ho da sempre cercato risposte alle mille domande, qualcuna l’ho trovata
ma il rifugio è sempre stato potente, sicuro, intimo e ancora lo sento. Riassetto come posso la complicata geografia del cuore
in un intento fallito di chiarezza interiore, la pace si stende sul labirinto
dei pensieri, si calma il respiro. Non paga il silenzio quando serve il rumore, gli errori
si assommano alle mosse sbagliate e danno somme pesanti, che gravano e
costringono il petto nei respiri che cercano sfogo ma sfogo non hanno. E' tempo di lunghi pensieri e riflessi allo specchio; è tempo di alcuni bilanci rimandati da troppo. Si assottiglia il percorso che quasi si vede la fine in lontananza. Le mani rovinate dagli anni ancora si muovono a creare momentanee
magie segnate da fervide immaginarie mentali, come disegni e arabeschi colorano
i sogni… o sono i sogni a colorare i disegni? Linee impercettibili si arroccano a confine
invalicabile, marcano sentieri imprecisi di impavide voglie, si stagliano
vivide incastonate tra vette di monti immobili; le vie si intersecano e
confondono in un intrigo di sentieri da sempre percorsi, ormai segnati e
risaputi. Un dignitoso silenzio mi pervade ancora. Età dell’oro e innocenti richiami si stingono nell’umido
abbraccio delle mie sensazioni di quando non riesco a capire, un senile gesto
di affetto mi cinge le spalle di questo cammino. Riavvolgo ancora gli ultimi istanti. Non basta, ancora non riesco a capire. Fuori la notte cede spazio alle ore del giorno ma è
ancora crepuscolo mattutino e fatico a scorgere risapute sagome, a dare la forma
reale e incastonarle nel posto che loro spetta nel mondo fuori dagli occhi miei. La leggerezza non è mai stata il mio forte ma si deve imparare, rientrare nei ranghi per farsi capire, per essere compreso e non solamente frainteso nelle cose che sono e che appaio. Vorrei prolungare di un niente il mio sonno.
"Alla mia migliore amica." Questa
la dedica in calce all’autografo della Quarta sinfonia di Čajkovskij e
che cela, in una discrezione volutamente sibillina, il rapporto umano forse più
importante nella sua vita: quello con la baronessa Nadežda von Meck, sua
mecenate. Proprio nel 1877, quando ne
cominciò la composizione, era infatti cominciato il loro lungo rapporto
epistolare (i due non si incontrarono mai), ed in una lettera del maggio di quell’anno
la Quarta è citata per la prima volta. La Sinfonia non fu particolarmente ben
accolta; la sua estrema lunghezza (il primo movimento, della durata di circa
venti minuti, arriva quasi ad eguagliare la somma degli altri tre, ed è uno dei
più lunghi tempi di sinfonia mai composti da Čajkovskij) la rendeva somigliante,
come scrisse Sergej Taneev, suo amico ed ammiratore e compositore egli stesso,
a “un poema sinfonico cui fossero stati appiccicati altri tre movimenti per il
solo scopo di poterlo chiamar sinfonia”. Come Taneev, la baronessa von
Meck era stata fra gli spettatori della prima, e la Sinfonia l’aveva
enormemente colpita; subito dopo scrisse un’appassionata lettera al
compositore, domandogli che cosa avesse ispirato una musica di tale potenza; la
risposta si spinge ben oltre, definendo un programma per la composizione e
dandoci la rara occasione di vedere un lavoro dal punto di vista del suo
artefice.
la vita, gli incontri, la sessualità, l'amore, un compositore che amo combattuto tra i flutti; il secondo movimento mi porta sempre lontano, come una canzone, una di quelle ancora da scrivere...
Fu nel 1877che Nadežda von
Meck entrò
nella vita di Ciaikovski, e fu in quell'anno che, quasi contemporaneamente all'Eugenio
Onieghin, il musicista compose la Quarta Sinfonia, che alla von Meck è
dedicata rimanendo tra le piu’ popolari del maestro russo e accanto
alla Seconda
una delle piu’
spontaneamente ispirate al mondo della musica popolare russa. Dalla maestosa
fanfara iniziale, alla sconsolata melodia del secondo tempo, al fantastico
"Scherzo" pizzicato (uno dei pezzi piu efficaci del musicista) fino alla
viva concitazione del "Finale," questa Sinfonia resta una delle pagine piu’
tipiche della musica russa della seconda metà
del1'800, e l'intenso patetismo di cui è
pervasa ne ha fatto da sempre uno dei pezzi prediletti dai pubblici di tutto il
mondo. Ciaikovski diede per lettera alla von
Meck alcune indicazioni programmatiche sulla Quarta, di cui riporteremo qui qualche passo essenziale: I.-) L'introduzione contiene il germe di
tutta la sinfonia... È
il fato, la potenza del destino che ostacola il nostro desiderio
di felicità.., che pende sulla nostra testa come una spada di Damocle
e avvelena senza posa l'anima... Bisogna assoggettarglisi... Non sarebbe meglio
abbandonare la realtà e sprofondarsi nei sogni?Ma la
musica reca solo delle visioni, che scompaiono alla fine e l'anima viene
nuovamente sommersa dal mare. II.-) Il secondo tempo esprime la
sensazione melanconica che ci afferra di sera, quando siamo soli e stanchi
delle fatiche del giorno... III.-) Il terzo tempo non esprime sensazioni
particolari: è
un arabesco capriccioso, un'apparizione fugace simile a
quelle che colgono la nostra fantasia quando si beve un bicchiere di vino e si
sente di essere lievissimamente brilli... IV.-) Quarto tempo: Quando non trovate in
voi la felicità, guardate gli altri, andate in mezzo al popolo, guardate
come la gente si diverte, come si concede alla sua gioia! Il quarto tempo è il quadro di una festa popolare ... Appena avete
dimenticato voi stessa, riappare instancabilmente il fato ... Ma in fondo la
vita è
bella ...! (Giacomo Manzoni – Guida all’ascolto
della musica sinfonica - Feltrinelli)
fuoriesce un sogno dalla prigione globale, letteralmente impegnati in attimi ritorti siamo quadri, tele e cornici di vite ristrette in angusti posti, in silenziose stanze; reclusi anche nel contesto più intimo, spaventati da situazioni represse, compressi insomma in attimi che durano...
Gujil
Jean-Jules-Antoine Lecomte du Nouÿ "Il sogno dell'eunuco"
Marzo pazzarello guarda il sole e prendi l'ombrello, è un proverbio popolare, che tende a sottolineare la variabilità del tempo meteorologico, relativa al periodo primaverile
Marzo
Marzo: una lacrimetta
che una ventata asciuga,
e qualche nuvoletta
che il sole mette in fuga.
Minaccia di bufera
e poi, tutto ad un tratto,
riso di primavera.
Oh! marzo, marzo matto.
Angiolo Silvio Novaro
mese strano, sole e freddo, insieme, come il riso e il pianto, il bene e il male; ditro un angolo la fine dell'inverno, passa ancora un anno, un altro...
La letteratura popolare offre un numero piuttosto vasto di proverbi, provenienti da tutte le regioni d'Italia, aventi come comune denominatore il vento. Il vento di questo periodo dell'anno possiede ancora, a tratti, caratteristiche invernali, ma nello stesso tempo è già primaverile.
L'alternanza di sole e di pioggia, l'incerto passaggio dal freddo al caldo è una condizione ottimale per la campagna, in quanto stimola la vegetazione con gradualità (da wikipedia).
Tutti riceviamo un dono.
Poi, non ricordiamo più
né da chi né che sia.
Soltanto ne conserviamo
– pungente e senza condono –
la spina della nostalgia.
Giorgio Caproni da Res Amissa, Milano, Garzanti 1991
La generalizzazioneè il processo attraverso il quale
viene associato ad una varietà di elementi/esperienze il medesimo significato.
Con generalizzazione viene indicato anche il significato ottenuto
attraverso questo processo.
Con generalizzazione viene indicato sia il processo cognitivo che la conoscenza risultante da questo processo.
La generalizzazione ha la funzione di attenuatore di varietà degli elementi/esperienze allo scopo di semplificarne la gestione.
Generalizzando indica l'atto del generalizzare.
A ben guardare noi si generalizza molto spesso
e con una notevole assiduità.
Sarà perchè ci infastidiscono i dettagli?
Forse ci sentiamo meno esposti e giudicati?
(da wikipedia)
il ricordo si stempera nei frammenti ne conserviamo solo gli attimi più intensi; ricordiamo visioni ma scordiamo gli odori, il sapore è ormai una labile impressione...
L'isola che non c’è un luogo immaginario in cui agisce il personaggio diPeter Pan ideato nel 1904 daJames Matthew Barrie.
Solo i bambini possono accedervi, grazie alla loro immaginazione, seguendo l'indicazione fornita loro dal cielo individuando la “seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino”. Nella canzone l’isola è il simbolo della ricerca della felicità, di un’armonia che non si può raggiungere ma sembra sempre a portata di mano e in fondo abbiamo un po’ tutti bisogno di crederci, di pensare che al di là di tutto ci sono momenti, situazioni nelle quali in qualche modo, anche se per poco, possiamo davvero raggiungere quest’isola, e chi non ci crede è più pazzo di chi crede perché, in realtà, si autocondanna a non vedere orizzonti, a non guardare oltre. Il tema di fondo quindi è la capacità di sognare, il bisogno dell’utopia quale forza trainante dell’esistenza (dalla rete)
Isola arcana
Sovra un tacito mar, che del catrame Più buje le assonnate acque distende, Come uno smisurato orbe di rame Obliquo il sol dall’orizzonte splende.
Quivi (se il ver si narra) in sovrumana Quiete sorge al dubbio dì, remota Da tutte genti, a tutte genti ignota, Una miracolosa isola arcana.
Il neghittoso marinar, che in sua Muta contemplazïon smarrito siede Sul mar, dinanzi all’errabonda prua, Come un sogno talor splender la vede.
Vede su lieti poggi, entro giardini Meravigliosi, sfavillar palazzi D’oro e dïaspro, e nitidi terrazzi, E scalee che d’argento hanno i gradini.
Ode vagar sopra l’immobil onda, Pel cheto ciel, con lente ali sonore, Una soave melodia profonda, Ebbra di voluttà, ebbra d’amore.
Arturo Graf
Laura Sisti "L'isola non trovata"
come quelle del mare che sappiamo di essere, isola nascosta alle rotte degli esseri umani; il nostro paradiso perduto che nessuno vede, traccia vera di quello che siamo e non appariamo...
il tema dell'isola misteriosa affascina gli uomini da sempre,
Un epilogo a una raccolta di racconti. Sembra facile scrivere di boschi, di campi, di paesaggi. Non è così, il rischio di essere retorici, ridondanti, pieni di inutili e sonanti aggettivi è molto grande, ci si cade spesso. Molti autori si fanno prendere la mano, esagerano. Il bosco e la steppa in realtà è frutto di una reale condizione che si vuole raggiungere, la descrizione di un posto dove tutto sia chiaro ed univoco che culmina nella poderosa ricerca incompiuta dello stesso, ecco, "là vorrei stare"
Gujil
...E a poco a poco si sentì chiamato indietro: in campagna, nel giardino oscuro dove i tigli sono così ombrosi e immensi, e i mughetti hanno un profumo così virgineo, dove i tondi salici in fila dall’argine s'inchinano sull'acqua, ove la florida quercia cresce dalla terra fertile,, dove odora di canapa e d’ ortica... Laggiù, laggiù nei campi sconfinati dove la terra, nereggia simile a velluto, dove la segale, ovunque poggiate l’occhio, oscilla dolcemente, in onde tranquille. E cade un pesante raggio dorato, di là dalle bianche, tondeggiante nuvole diafane; la si sta bene...
Tratto da un poema dato alle fiamme.
Ivan Sergeevič Turgenev
La fase adulta della vita dell’effimera (o efemera), un piccolo insetto
acquatico che assomiglia alla libellula, dura solo un’ora e mezza.
Durante questo breve intervallo di tempo non fa altro che cercare
partner con cui accoppiarsi.
(dalla rete)
le difficili salite, le discese affrettate, si oscilla tra sbuffi improvvisi di vento; il progressivo salire dell'anima è scomposto come effimere che volano insieme...
I ciclami, nei chiostri di marmo. Le ortensie, nelle rosse Certose. Le margherite, nei prati. Le viole, tra le foglie secche lungo i fossi. La malva, nelle pentole dei poveri, alle finestre. Gli oleandri, nei vestiboli dei ricchi. Le rose, dentro gli orti di campagna. I tuberosi, nei giardini dei collegi. Le aquilegie, nei cortili dei castelli antichi. Le ninfèe, come bianche lavandaie, sotto i ponti. Gli edelvai, vicino ai nidi delle aquile. I convolvoli, nelle siepi delle strade. I glicini, sui ruderi. L' edera, come una decorazione verde intorno agli alberi veterani. I gigli, sugli altari e in processione. Le orchidee, simili ad aborti, nei bicchieri. Le azalèe, nelle chiese protestanti. Le camelie, nei vasi di maiolica sulle scale. I narcisi, davanti agli specchi. I garofani rossi, nella bocca delle amanti. I crisantemi, sulle tombe e nelle tavole. I pensè, come maschere curiose alle finestre. I papaveri, nel frumento. I begliuomini dai fiori ascellari simili ad arlecchini, negli orti delle zitelle. Le violacciocche, lungo i viali delle passeggiate. I semprevivi, nelle camere dei malati e davanti ai santi. I gelsomini, alle finestre degli ospedali. I funghi, nei boschi umidi nelle travi marcite e neir anima mia.
Corrado Govoni
Senti, questo nostro mondo nuovo e maturo (vecchio) è struggente e dolce. Non si può ignorarlo, sarebbe una bestemmia per tutti quelli che non conoscono mai un amore vero..." (A. V. Z.)
Primavera incipiente si annuncia coi fiori, colori sgargianti sul mio balcone,
violette, gialli narcisi e muscari...
le bocche di leone... l'anima sobbalza e gli occhi sorridono oggi...
Il Tempio di Tanah Lot (Pura Tanah Lot) è un tempio induista collocato in cima ad un'imponente formazione rocciosa sulla costa Sud-ovest dell'isola di Bali. Il tempio oltre ad attirare pellegrinaggi e devozione da parte degli hindu è una popolare meta turistica ed uno dei luoghi più fotografati di tutta l'isola. È uno dei templi balinesi del mare (pura segara). Tanah Lot significa "Terra [sic: nel] mare" in lingua balinese. È situato nella Reggenza di Tabanan, a circa 20 km da Denpasar. (wikipedia)
Protocollo marino #21
Il mare lambisce la mia anima da sempre, ragazzo imberbe sfidavo le onde a Bergeggi, la scogliera di Tanah Lot impressa negli occhi da adulto, avanti con gli anni inspiro la spezzina brezza nostrana. Il mare accarezza le mie solitarie imprese, il vento, la battigia, le risacche foriere di spuma, cammino un pensiero costante, solo, il mio dentro si fa fortunale e agita indiscusse virtù ritenute superate; mi accingo al mattino, come sempre, un rivolo di dolcezza percuote il mio animo, lo spazio nel cuore si stringe, comprime, una parte di me rimane sull'ala del gabbiano, quell'altra, la risaputa e stanca, riprende la solita vita..
Gujil
Si dice che Tanah Lot sia stato fondato nel XVI secolo dal saggio Dang Hyang Nirartha. Le leggende riguardo alla fondazione del tempio hanno subito
variazioni nel corso del tempo e ora ne esistono alcune versioni. Alcune
narrano che il saggio, durante uno dei suoi viaggi, si imbatté in
questo magnifico luogo e rimase lì. Alcuni pescatori lo videro e gli
portarono dei doni. Nirartha trascorse la notte sull'isola. Il giorno
seguente ordinò ai pescatori di costruire un tempio sulla formazione
rocciosa, perché aveva percepito nottetempo che quello sarebbe stato un
posto perfetto per venerare gli dei del mare Altre sostengono che Nirartha stesse pregando nel vicino Tempio di Rambut Siwi,quando un raggio di luce proveniente da sud attrasse la sua attenzione. Il saggio si mise alla ricerca e scoprì che il raggio scaturiva da una
fonte di acqua sacra. Iniziò a predicare alla gente del posto attirando
le antipatie del sacerdote locale che gli chiese di andarsene.
Per tutta risposta Nirartha pregò e meditò così intensamente che spinse
la formazione rocciosa sulla quale stava pregando nel mare, creando così
Tanah Lot. Trasformò poi la propria sciarpa in serpenti velenosi, che
avrebbero dovuto proteggere il tempio. La principale divinità del tempio è Varuṇa o Bhatara Segara, nella sua manifestazione del mare e della potenza marina e nell'antichità anche Nirartha stesso veniva qui venerato. Il tempio è parte della mitologia balinese da secoli. È uno dei sette templi balinesi del mare (pura segara), posti sulla costa dell'isola a vista d'occhio in modo da formare una catena immaginaria lungo tutta la costa sud-ovest. In una grotta davanti al tempio, i monaci tengono imprigionati
dei serpenti marini velenosi che si crede proteggano il tempio dagli
spiriti maligni e dagli intrusi. Sotto alla formazione rocciosa, sgorga la sorgente di acqua sacra (air suci) utilizzata per riti di purificazione ai quali chiunque può partecipare facendo una donazione al tempio. L'accesso alla parte interna del tempio è permesso solo agli induisti.