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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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martedì 31 gennaio 2012

Poesia

Neve

Scende la neve su la terra madre,
placidamente. E lei bianca riceve
la terra ne' suoi giusti ozi, da poi
che all'uomo copia di frutti ha partorito.
Guarda il bifolco splendere a' sudati
campi la neve, mentre siede al desco;
e a lui dal cuor la speme e dal bicchiere
sorride la primizia del vino.
Scendi con pace, o neve; e le radici
difendi e i germi, che daranno ancora
erba molta agli armenti, all'uomo il pane.
Scendi con pace, sì che, al novel tempo,
da te nutriti, lungo il pian ridesto,
corran qual greggia obbedienti i fiumi.

Gabriele D'Annunzio

lunedì 30 gennaio 2012

I giorni della merla

Tradizione vuole che le ultime tre giornate del mese di gennaio (29, 30 e 31) vengano riconosciute come "Giorni della Merla", ossia il periodo più freddo dell'inverno.
Secondo la leggenda una merla e i suoi piccoli (originariamente di colore bianco), per ripararsi dal freddo, trovarono dimora in un comignolo. Quando poi arrivò febbraio, uscirono fuori, tutti colorati di nero per la fuliggine. E' per questo che ora i merli sono neri, narra la storia.
Altri invece raccontano di una merla perseguitata dal mese di gennaio, che allora aveva 28 giorni. Gennaio, infatti, trovava divertente aspettare che la merla uscisse dal nido per cercare cibo, e ricoprire la terra di freddo e gelo. La merla, stanca di questo vile comportamento, decise di fare provviste per tutto il mese, ritirandosi poi nel suo nido. Il 28 la merla, credendo di aver ingannato Gennaio, uscì e iniziò a cinguettare per prenderlo in giro. L'offesa arrecata fu tale che il primo mese dell'anno chiese tre giorni in prestito a Febbraio e li utilizzò per scatenare bufere di neve, vento gelido e pioggia.
La povera merla dovette trovare riparo in un camino, dove rimase fino a febbraio. Quando uscì dal suo nascondiglio si ritrovò con le piume tutte rovinate e annerite dal fumo e da allora tutti i merli nascono neri. (dalla rete).

domenica 29 gennaio 2012

Al Libro

Un libro è un insieme di fogli stampati oppure manoscritti delle stesse dimensioni rilegati insieme in un certo ordine e racchiusi da una copertina.
Il libro, usato per acquisire informazioni o anche per divertimento, è ancora oggi lo "strumento principe del sapere".
La parola italiana libro deriva dal latino liber.
Il vocabolo originariamente significava anche "corteccia", ma visto che era un materiale usato per scrivere testi (in libro scribuntur litterae, Plauto), in seguito per estensione la parola ha assunto il significato di "opera letteraria". Un'evoluzione identica ha subìto la parola greca βιβλίον (biblìon): si veda l'etimologia del termine biblioteca.
I libri a stampa sono ottenuti a partire da un foglio di carta di dimensioni più o meno standard su cui vengono stampate diverse pagine.
Le dimensioni del foglio hanno subìto diverse variazioni nel tempo, in base alle capacità delle presse. Il foglio stampato viene poi opportunamente piegato per ottenere una segnatura, costituita da un fascicolo di pagine progressive
Esistono anche formati intermedi (in decimo, in dodicesimo) o più piccoli (in ventesimo, in trentaduesimo, ecc...) ma sono poco utilizzati.
Le segnature vengono rilegate per ottenere il volume. Il taglio delle pagine, soprattutto nelle edizioni più economiche, era di norma lasciato al lettore fino agli anni '40 del XX secolo, mentre ora le segnature vengono rifilate direttamente dalla tipografia.
Il termine "tascabile" rappresenta un concetto commerciale e identifica libri economici stampati in dodicesimo o sedicesimo, la cui diffusione, a partire dall'ultimo Ottocento (ma soprattutto nella seconda metà del XX secolo) ha permesso un notevole calo dei prezzi. Sostanzialmente, peraltro - sia per il formato, sia per l'economicità - esso trova precedenti nella storia del libro anteriore alla stampa, già a partire dall'antichità (il "libro che sta in una mano" nel mondo greco: encheiridion, in quello latino i pugillares, nel medioevo il libro da bisaccia) (da Wikipedia).




AL LIBRO

Va, caro figlio del mio core, addio!
Va pel gentil paese,
E la gente ti sia mite e cortese;
Io t’ho scritto col sangue del cor mio.

Va, figlio, e posa su le bianche culle
E sul cor dei soldati,
E arridi ai giovanetti innamorati
E fa pensar le madri e le fanciulle.

Va, figlio, e porta ai bimbi una carezza,
E un saluto ai poeti,
E fra le mute e squallide pareti
Conforta la miseria e la vecchiezza;

E aggiungi un riso alle amorose feste
E ai convegni gentili,
E lascia un marchio sulle guancie ai vili
E getta un raggio su le fronti oneste.
 
L’ultima volta io ti comprimo al petto
E t’abbandono ai venti;
Va, frutto pio de le mie veglie ardenti,
Va, mio tormento amato e benedetto.

E il plauso non cercar, cerca l’amore,
L’amor donde sei nato;
Va, figlio, porta al mio paese amato
A stilla a stilla il sangue del mio core.

Edmondo De Amicis

sabato 28 gennaio 2012

La Chimera

Suo padre fu Tifone, il cui corpo gigantesco culminava in cento teste di drago. Giace relegato sotto una delle isole vulcaniche della nostra terra (Ischia o la Sicilia), ancora fremente della rabbia che lo porto' un giorno lontano a sfidare gli dei, a cacciarli dall'Olimpo ed a ferire Zeus.
Sua madre fu Echidna, la vipera, per meta' donna bellissima e per meta' orribile serpente maculato. Viveva in un antro delle terre di Lidia, cibandosi della carne degli sventurati viaggiatori.
Chimera e' solo uno degli esseri mostruosi generati da Tifone ed Echidna. Suoi fratelli furono Cerbero, cane infernale dalle tre teste, la famosa Idra uccisa da Eracle, e Ortro feroce cane a due teste guardiano delle mandrie del gigante Gerione.
Chimera e' la personificazione della Tempesta, la sua voce e' il tuono.
Molte e diverse sono le rappresentazioni iconografiche del mostro leggendario.
 Probabilmente ad Esiodo (Teogonia) si ispiro' l'artista che la raffiguro' a Cerveteri con tre teste frontali, le cui due laterali di leone e di drago e la centrale di capra.
All'Iliade invece sembra ispirato l'artefice della Chimera di Arezzo, leone davanti, capra sul dorso e serpente dietro.

"Lion la testa, il petto capra, e drago la coda;
e dalla bocca orrende vampe vomitava di foco ...
(Iliade, VI, 223-225 trad.V.Monti)

Chimera fu allevata dal re Amissodore e per lunghi anni terrorizzo' le coste dell' attuale Turchia, seminando distruzioni e pestilenze. Fu Bellerofonte, eroe da molti ritenuto figlio del dio Poseidone, a fermare le scorribande del mitico mostro. Con l'aiuto di Pegaso Bellerofonte riusci a sconfiggere Chimera con le sue stesse, terribili, armi, infatti "...non c'era freccia o lancia che avrebbe presto potuto ucciderla." 1 Allora Bellerofonte immerse la punta del giavellotto nelle fauci della belva, il fuoco che ne usciva sciolse il piombo che uccise l'animale. Come gia' aveva fatto Perseo con Medusa, anche Bellerofonte abilmente seppe sconfiggere la creatura facendo si' che la sua forza si ritorcesse contro di lei (dalla rete).



La Chimera

Non so se tra roccie il tuo pallido
Viso m'apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina O Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l'immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l'ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.

Dino Campana

venerdì 27 gennaio 2012

La Speranza

La speranza è lo stato d'animo di chi è fiducioso negli avvenimenti futuri o già accaduti di cui non conosce i contorni precisi e le esatte possibilità di riuscita.
Secondo il Cristianesimo rappresenta una delle tre virtù teologali, insieme a fede e carità, definite da San Paolo apostolo nella Prima Lettera ai Corinzi (Cap.13).
Nell'articolo 2090 del Catechismo della Chiesa Cattolica la speranza è definita come "l'attesa fiduciosa della benedizione divina e della beata visione di Dio" e anche come "il timore di offendere l'amore di Dio e di provocare il castigo".
Nello stesso articolo sono definiti come "peccati contro la speranza" la disperazione (che equivale alla cessazione della fiducia nella onnipotenza di Dio) e la presunzione (con la quale si presume di potersi salvare senza Dio, o, viceversa, senza una personale conversione).
Ne consegue che per il cristiano la speranza equivale alla certezza della divina Misericordia che si orienta verso il peccatore convertito.
Nel Novecento teologico la parola "speranza" evoca la riflessione di Jurgen Moltmann: riprendendo in un discorso di fede le riflessioni del marxista Ernst Bloch sul "principio speranza", Moltman pone in primo piano l'escatologia cristiana, cuore della fede in Gesù Cristo e cioè la promessa di un riscatto per i poveri, per chi subisce ingiustizie e persecuzioni.
Nella mitologia greca, il vaso di Pandora (chiamato anche scrigno di Pandora) è il leggendario contenitore di tutti i mali che si riversarono nel mondo dopo la sua apertura.
Secondo il racconto tramandato dal poeta Esiodo ne Le opere e i giorni, il vaso (pithos, πίθος in greco antico) era un dono fatto a Pandora da Zeus, il quale le aveva raccomandato di non aprirlo. Pandora, che aveva ricevuto dal dio Ermes il dono della curiosità, non tardò però a scoperchiarlo, liberando così tutti i mali del mondo.
Sul fondo del vaso rimase soltanto la speranza (Elpis), che non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso di nuovo. Prima di questo momento l'umanità aveva vissuto libera da mali, fatiche o preoccupazioni di sorta, e gli uomini erano, così come gli dei, immortali.
Dopo l'apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato ed inospitale finché Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza (dalla rete, wikipedia).


Speranza

Se io avessi una botteguccia
fatta di una sola stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa? La speranza.
"Speranza a buon mercato!"
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basta per sei.
E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la mia speranza
senza fargliela pagare.

Gianni Rodari

giovedì 26 gennaio 2012

La Sirena e un frammento


Il vento era caduto, le vele si erano afflosciate sull'albero; nella notte appena rischiarata dalla nuova luna la nave dondolava leggermente sullo specchio nero dell'acqua, quando la sirena cantò.
Parve ai marinai di sentire un fruscio come di una brezza leggera; poi come una musica che salisse dal mare profondo; poi come una voce dolcissima, mai udita prima; e finalmente il canto li avvinse ad uno ad uno in un sonno senza risveglio.
La sirena, infatti, quando i marinai furono addormentati, montò sulla nave, li toccò uno dopo l'altro con la sua mano micidiale, e tutti, senza accorgersene, passarono, sognando, dal sonno alla morte.

Leonardo Da Vinci
(da Leggende)





discrepanze inutili raccolte
in fragili sfere di cristallo
danno mostra di sè
mostrano e riflettono svolte
di vite sospese, in stallo,
divise tra come e perchè;
la vuota teoria ripiega
in futili linee disposte
in ordinati teoremi
la mia mente dispiega
le vele a frastagliate coste
in un mare si assurdi patemi...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati

mercoledì 25 gennaio 2012

Equilibrio

1 Disposizione o distribuzione delle parti di un corpo in modo da conferirgli un assetto stabile e armonico. bilanciamento. squilibrio.
2 Stato di assenza di moto prodotto da un sistema di forze uguali e contrarie.
3 Senso della misura, assennatezza. moderazione.
Inglese: sm. equilibrium, balance.
Etimologia: lat. aequilibrium.
• Stato di un corpo non soggetto a forze che ne alterano la condizione di quiete (equilibrio statico) o di moto rettilineo uniforme (equilibrio dinamico). Può essere stabile, quando perturbando un poco il sistema, esso ritorna nella posizione iniziale; instabile nel caso contrario; indifferente, quando il sistema o la posizione del corpo è di equilibrio.
Equilibrio biologico
In biologia è la situazione stazionaria dei rapporti fra i membri di un'associazione biologica, che competono per l'alimentazione o si nutrono gli uni degli altri.
In chimica è lo stato finale che una reazione chimica reversibile raggiunge e nel quale le quantità delle singole specie chimiche presenti rimangono costanti. Raggiunto l'equilibrio, la reazione non si ferma, ma si verifica una reazione contraria, affinché l'equilibrio sia mantenuto.
Equilibrio economico
Conseguimento del massimo di utilità, partendo da una condizione iniziale, affinché si raggiunga una situazione tale da scongiurare qualsiasi nuova iniziativa.
Senso dell'equilibrio
In fisiologia è la percezione della posizione del corpo nello spazio, favorita da organi statici. Nei Vertebrati l'organo dell'equilibrio è il labirinto con i canali semicircolari.
La funzione dell'equilibrio, cioè la posizione e il controllo della posizione e del movimento del corpo nello spazio, si basa su una complessa rete di organi e vie nervose. L'organo periferico, il labirinto vestibolare, è situato nel l'orecchio interno e consiste in delicate formazioni (canali semicircolari, membrane otolitiche, endolinfa) capaci di registrare sulle terminazioni periferiche del nervo vestibolari mutamenti di equilibrio statico e dinamico del capo nelle tre direzioni spaziali.Le fibre di questo nervo conducono gli stimoli ai nuclei del tronco encefalico e di là per nuove vie ai muscoli (per il tono di conservazione e di recupero del turbato equilibrio ), al cervelletto (organo centrale tonico e statico) , ai nuclei oculomotori , e ad altre regioni del cervello.Con tali connessioni si spiegano i fenomeni provocati dalla stimolazione artificiale vestibolare (rotatoria, calorica, galvanica) e dalle lesioni dell'apparato descritto per molteplici cause: traumatiche, circolatorie, tossi-infettive, tumorali. I più importanti di questi fenomeni sono il nistagmo, la deviazione degli indici e della marcia o la caduta in posizione eretta, la vertigine. In senso traslato, il termine si adopera in fisiologia ( equilibrio di membrana, , acido-basico, azotato, legge dell'equilibrio mobile) per indicare costanti organiche alla cui conservazione, essenziale per la vita, provvedono sistemi fisico-chimici che si oppongono a mutamenti patologici  (dalla rete).


Come l’albero non finisce
con le punte delle sue radici o dei suoi rami,
e l’uccello non finisce
con le sue piume e col suo volo,
e la Terra non finisce
con i suoi monti più alti:
così anch’io non finisco
con le mie braccia, i miei piedi, la mia pelle,
ma mi espando di continuo
con la mia voce e il mio pensiero,
oltre ogni spazio e ogni tempo,
perché la mia anima è il mondo.

 Norman H. Russel
indiano Cherokee


e nel mondo si vive,
si ride e ci si dispera
sballottati dagli eventi
che non riusciamo a dominare;
nella pace del sapere
si adagia il respiro
che torna a ritmare esistenze
in questo precario equilibrio...

martedì 24 gennaio 2012

L'estraneo (infiniti ritorni)


L’Estraneo (infiniti ritorni)

 

Lontano, lontano
qualcuno mi darà la mano
lontano, lontano...

Dai dottori di Smirne ho imparato
il triangolo e il libro della vita
scorreva piano fra le dita;
coi mercanti di Tebe ho giocato
tutti i sensi di scacchi e di pedine
coi chicchi bianchi e le palline;
e dai profughi celti ho visto segni
per capire le stelle e aprire un velo
e far salire menhir al cielo.

Sotto i portici di Toledo
ho preso un bimbo serio per la mano
e mi portavano lontano i suoi occhi;
e correvo nelle mille sere,
con i dadi fermi nel bicchiere
e intorno amore, amore, amore, amore...

E in un attimo di Granada
ho ucciso per due volte uno stesso uomo
e non chiedevano perdono i suoi occhi...
e correvo nelle mille sere,
con i dadi fermi nel bicchiere
e intorno amore, amore, amore, amore...

E il mio vecchio che sa la verità
guarda il tramonto dalla collina:
da qualche punto lontano
suo figlio tornerà.

E ho imparato le mille posizioni
fra le gambe di donne e di bambini
le loro bocche come fiori
e ho giocato le cento rivoluzioni
la mia rabbia e le cento delusioni
che son mille e son tante
e son belle e son sante il giorno dopo.
E provai ogni droga più che vino,
il linguaggio del bruco e l'assassino
e a saper tutto senza parole.

E in una sera di Gerusalemme
dal vecchio ebreo che contrattava gemme
ho visto un dio che mi veniva incontro
e ho provato tutto per scappare,
ma lui insisteva: "Dai, fatti salvare,
ho tanto amore, amore, amore...".

E in un cortile di Gerusalemme
che aveva scelto lui da chissà quanto
mi abbracciò e baciò e stava delirando,
e aver capito tutto in un istante
fu come morir le morti tutte quante
e non volere essere più niente, niente, niente...

E il mio vecchio che sa la verità
guarda il tramonto dalla collina:
da qualche punto lontano
suo figlio tornerà.

 

Roberto Vecchioni



"da qualche punto lontano qualcuno tornerà..."
una frase che ho sempre in mente,
una canzone passata un pò inosservata
eppure piena di tanta cultura e amore.
Il miglior Vecchioni secondo me,
quello che riusciva a mettere anima
in molte delle sue canzoni...

lunedì 23 gennaio 2012

Poesia e ritratto

Il ragazzo che era in me

Va' a sapere perché fossi là quella sera nei prati.
Forse mi ero lasciato cadere stremato di sole,
e fingevo l'indiano ferito. Il ragazzo a queí tempi
scollinava da solo cercando bisonti
e tirava le frecce dipinte e vibrava la lancia.
Quella sera ero tutto tatuato a colori di guerra.
Ora, l'aria era fresca e la medica pure
vellutata profonda, spruzzata dei fiori
rossogrigi e le nuvole e il cielo
s'accendevano in mezzo agli steli. Il ragazzo riverso
che alla villa sentiva lodarlo, fissava quel cielo.
Ma il tramonto stordiva. Era meglio socchiudere gli occhi
e godere l'abbraccio dell'erba. Avvolgeva come acqua.

Ad un tratto mi giunse una voce arrochita dal sole:
il padrone del prato, un nemico di casa,
che fermato a vedere la pozza dov'ero sommerso
mi conobbe per quel della villa e mi disse irritato
di guastar roba mia, che potevo, e lavarmi la faccia.
Saltai mezzo dall'erba. E rimasi, poggiato le mani,
a fissare tremando quel volto offuscato.

Oh la bella occasione di dare una freccia nel petto di un uomo!
Se il ragazzo non ebbe il coraggio, m'illudo a pensare
che sia stato per l'aria di duro comando che aveva quell'uomo.
lo che anche oggi mi illudo di agire impassibile e saldo
me ne andai quella sera in silenzio e stringevo le frecce
borbottando, gridando parole d'eroe moribondo.
Forse fu avvilimento dinanzi allo sguardo pesante
di chi avrebbe potuto picchiarmi. O piuttosto vergogna
come quando si passa ridendo dinanzi a un facchino.
Ma ho il terrore che fosse paura. Fuggire, fuggii.
E, la notte, le lacrime e i morsi al guanciale
mi lasciarono in bocca sapore di sangue.

L'uomo è morto. La medica è stata diverta, erpicata
ma mi vedo chiarissimo il prato dinanzi
e, curioso, cammino e mi parlo, impassibile
come l'uomo alto e cotto dal sole parlò quella sera.

Cesare Pavese


Chardin, Ritratto di ragazzo


domenica 22 gennaio 2012

Frammento

di sorrisi rimasti
non ne ho ancora molti
mentre brividi strani
mi percorrono il ventre,
sono vecchi contrasti
che ora solcano volti
sparuti, tristi, lontani
assillati in un mentre
che tutti...tutti temiamo...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati


Il sorriso si produce stirando la bocca, inarcando le labbra ed eventualmente mostrando i denti.
Nonostante ci si riferisca propriamente al sorriso pensando alla sola bocca, l'espressione coinvolge anche gli occhi.
La carica espressiva e comunicativa del sorriso deve proprio allo sguardo la sua profondità.
Un sorriso sincero e istintivo stira le labbra di netto e rende più vivace e profondo lo sguardo.
Al contrario, un sorriso forzato o di circostanza non cambia lo sguardo, limitando a contrarre i muscoli della bocca.
L'espressione comune "sorridere con gli occhi" intende proprio questo aspetto.
Un sorriso può diventare una risata, ma differisce dal riso nell'essere meno impulsivo e nervoso, quindi più duraturo, più moderato e di maggior profondità emozionale (da wikipedia).

sabato 21 gennaio 2012

Amare è...

Amare una persona è…

Averla senza possederla.
Dare il meglio di sé
senza pensare di ricevere.
Voler stare spesso con lei,
ma senza essere mossi dal bisogno
di alleviare la propria solitudine.
Temere di perderla,
ma senza essere gelosi.
Aver bisogno di lei,
ma senza dipendere.
Aiutarla, ma senza aspettarsi gratitudine.
Essere legati a lei,
pur essendo liberi.
Essere un tutt’uno con lei,
pur essendo se stessi.
Ma per riuscire in tutto ciò,
la cosa più importante da fare è…
accettarla così com’è,
senza pretendere che sia come si vorrebbe.

Omar Falworth


le frasi dell'amore incidono
si cuciono al cuore
in indissolubili ricami;
i pensieri dell'amore indugiano
insinuano e struggono
percuotono l'anima...

venerdì 20 gennaio 2012

Sogno e Realtà

SOGNO E REALTA'

Com'è cieco colui che immagina
e progetta qualcosa
fino ai più realistici dettagli.
e quando non riesce a darne conto interamente
con misure superficiali e prove verbali,
crede che la sua idea
e la sua fantasia siano vanità!
Se invece riflettesse con sincerità,
si convincerebbe che la sua idea è reale
tanto quanto l'uccello in volo,
solo che non è ancora cristallizzata;
e capirà che l'idea è un segmento di conoscenza
ancora inesplicabile in cifre e parole,
poichè troppo alta e troppo vasta
per essere imprigionata
nel momento presente;
ancora troppo profondamente immersa
nello spirituale
per piegarsi al reale.

Kahlil Gibran



Il sogno è un fenomeno legato al sonno, in particolare alla fase REM, caratterizzato dalla percezione di immagini e suoni apparentemente reali.
Lo studio e l'analisi dei sogni inducono a riconoscere un tipo di funzionamento mentale avente leggi e meccanismi diversi dai processi di pensiero che sono oggetto di studio della psicologia tradizionale. Freud, nel '900, spiegò questa modalità di funzionamento dell'apparato psichico descrivendo la psicologia dei processi onirici e suddivise il funzionamento dell'apparato psichico in due forme che chiamò processo primario e processo secondario.
Secondo tale teoria psicoanalitica classica, il sogno sarebbe la realizzazione allucinatoria durante il sonno di un desiderio inappagato durante la vita diurna.
L'arte divinatoria che pretende di interpretare i sogni si chiama oniromanzia.
Dopo Freud, molti analisti di varie correnti si sono interessati al sogno. Contributi originali sono stati portati nel 1952 da Ronald Fairbairn, per il quale il sogno sarebbe un fenomeno schizoide, da interpretare alla luce della teoria degli oggetti parziali della Klein, ponendo l'accento sull'aspetto simbiotico della personalità.
Bonime nel 1962 propone una teoria del sogno basata sulla concezione che il sogno sia un autoinganno volto a preservare e a rafforzare un modello di vita, ponendo l'accento sull'aspetto comportamentale sociale della personalità.

Con il termine realtà si intende ciò che esiste effettivamente, di solito in contrapposizione a ciò che è immaginario o fittizio. A volte viene anche contrapposta al sogno. Questo concetto pone diverse questioni sia nella scienza sia nella filosofia, entrando in relazione con la questione ontologica dell'essere (da Wikipedia).

giovedì 19 gennaio 2012

Poesia

Alla malinconia

Nel vino e negli amici ti ho fuggita,
poichè dei tuoi occhi cupi avevo orrore,
io figlio tuo infedele ti obliai
in braccia amanti, nell'onda del fragore.

Ma tu mi accompagnavi silenziosa,
eri nel vino ch'io bevvi sconsolato,
eri nell'ansia delle mie notti d'amore,
perfino nello scherno con cui ti ho dileggiata.

Ora conforti tu le membra mie spossate,
hai accolto sul tuo grembo la mia testa,
ora che dai miei viaggi son tornato:
giacchè ogni mio vagare era un venire a te.

Herman Hesse

mercoledì 18 gennaio 2012

Pensiero e poesia

vorrei cadesse anche sul mio cuore
la neve ma è solo gelo intorno
vorrei coprisse quest'ansia che torna,
trasversale a me stesso
eppure così carica e greve;
vorrei essere io a sopportare il peso,
vorrei essere io a scrutare nel buio...
non so che stare in silenzio
e fissare un punto lontano...


La neve cade

La neve cade, la neve cade.
Alle bianche stelline in tempesta
si protendono i fiori del geranio
dallo stipite della finestra.
La neve cade, la neve cade
come se non cadessero i fiocchi,
ma in un mantello rattoppato
scendesse a terra la volta celeste.
La neve cade, la neve cade,
la neve cade e ogni cosa è in subbuglio:
il pedone imbiancato, le pinete sorprese

Boris Pasternak