Diario di un inguaribile vecchio
Un sole freddo illumina la vastità
del mare,
conchiglie rotte insabbiate i miei pensieri,
ricreo disegni sulla rena bagnata della battigia
la risacca in un niente ne fa “tabula rasa” ...
-10-
Ossimori al limite del ridicolo affollano la mia mente
come un freddo sole, quando sono agitato e compulsivo non riesco a ragionare
con lucidità e mi affosso in maceranti ossessioni che ricalcano le mie deluse
aspettative.
Collimare situazioni inverosimili è roba da grandi, da adulti, il
bambino che in me stride, rifiuta appellativi sarcastici e si richiude in
riflessioni che hanno poco a che vedere con le contingenze situazionali.
Perlustro in lungo e in largo i miei disegni mentali, li passo in attenta
rassegna cercando di coglierne il giusto verso osservazionale.
La pioggia
sferza il grigiore di questi momenti.
La costante ricerca di costanti è un dato
di fatto, lampante, nei suoni contratti del mondo si cela il mistero di come
siamo, di ciò che sta alla base di ognuno di noi.
La pioggia è una fredda
carezza.
Nuvole bigie rimpiattinano come grevi ancelle il cielo di Maggio,
ancora il freddo mi brivida lungo la schiena bagnata.
Cammino nell’erba gonfia di acqua, ancora piove e respiro boccate di umido fiato mentre osservo il rivolo
d’acqua che segue il profilo di un muretto sbrecciato di sassi.
L’inguaribile romantico
che sono perdura la sensazione di lieve dolore, un disagio che percorre il mio cuore, in un
maniacale gioco delle parti trasfiguro in eroico “bohemienne”, mi trascino i
sensi immaginando l’assenzio, il laudano ed altre misticanze che possano lenire
il peso dell’anima.
Lo scorrere alterato del colore del fiume ne preannuncia la
piena.
Un tonfo improvviso e un rumore
attutito mi allarma, vigilo i sensi in un ridicolo stato di allerta.
Sono
stato tanti figuri, ho fatto cose che ancora provo vergogna, sono stato anche
tante cose.
Ho comunque gli occhi pieni di luoghi, di città perdute e
dimenticate, di città piene di gente e di odori buoni e nauseabondi, ho passeggiato
litorali chiari o nebbiosi e river-walks molto spesso affollati, ed ero da solo
o in compagnia cattiva poco importa.
con la luce e nel buio.
Comunque sempre con il cuore,
anche quando non sembra…
Mi sono decompresso come un venefico
gas e ho tolto respiro arrivando giù, dove so di fare male, dove pochi sanno
giungere, fino a toccare le corde profonde del cuore ma spesso non ho trovato che
un muscolo a pompare e mi sto ancora intossicando da solo.
Le brume dei miei
paesaggi le hanno vedute poche persone ma spesso chi le ha godute ha pensato bene di scarabocchiarle
di ovvietà e banalità.
Ecco, non so vivere il banale, sono solo in grado di sopravviverlo e
mi coglie un’angosciante sensazione di solitudine nella insulsa calca della moltitudine
che brulica nel mio quotidiano.
Faccio un'estrema ed estenuante fatica a comprendere, a volte non capisco e mi tortura il pensare di congetture e dinamiche forzate, non corrispondenti a ciò che invece rappresentano e sono.
Ancora sta piovendo fuori e dentro di me e devo
rientrare.
Andre Kohn "Sotto la pioggia" |
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