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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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giovedì 23 novembre 2023

Ancora fato

Ancora è fato e le vite nostre
apprese e consunti di anni spersi
si vanno aggrappando ad esili ponti
che stringono la gola ed il cuore...

 
 
Una favola tutta a colori per rimanere
concretamente attaccati a ciò che siamo,
il contesto è la vita, quella che stempera
le vicissitiduni e le tappe, fino all'arrivo...

giovedì 28 settembre 2023

Il giardiniere dei sogni

Nei sogni un desiderio di pace
la serena conquista di gioia;
favole piene di luce e colori
mitigano grigio e pioggia...
 
 
 
Il giardiniere è colui che si occupa di progettare, realizzare, curare e provvedere alla manutenzione di aree verdi di diverse tipologie. Le sue aree di intervento possono essere parchi pubblici, giardini verticali, spazi verdi residenziali, giardini di abitazioni private, serre, vivai, colture idroponiche, ecc... anche sogni evidentemente...

lunedì 26 giugno 2023

Poesia e riflesso

Vieni con me!
Devi affrettarti però –
sette lunghe miglia
io faccio ad ogni passo.
Dietro il bosco ed il colle
aspetta il mio cavallo rosso.
Vieni con me! Afferro le redini –
vieni con me nel mio castello rosso.
Lì crescono alberi blu
con mele d’oro,
là sogniamo sogni d’argento,
che nessun altro può sognare.
Là dormono rari piaceri,
che nessuno finora ha assaggiato,
sotto gli allori baci purpurei –
Vieni con me per boschi e colli!
tienti forte! Affero le redini,
e tremando il mio cavallo ti rapisce.

Hermann Hesse
Paura, incontro, il caso, gente,
in un crescendo semantico di dubbi;
nascosi viso, occhi, pelle, ho visto
non visto e il respiro in affanno...

domenica 11 giugno 2023

Ti dono il mio cuore, libro

Yuto riceve un dono speciale. 
Un dono che gli cambierà la vita. 
Un dono che lo emozionerà, gli darà conforto, protezione, calore. 
Un dono per la vita. 
Per oltre la vita. 
Una fiaba poetica che insegna a vivere, con illustrazioni e magie di carta che ti incanteranno. 
Per tutte le età. 
Testo italiano di  
Vivian Lamarque

 
Ad un tratto risento, ritorna, dolore,
nel cuore, ancora,  duro e chiaro;
nei volti che rapidi scorrono io cerco
un fotogramma, una carezza, un nulla...

giovedì 8 luglio 2021

Nel mio cuore tra riflesso e libro

 

Il mio cuore

Il mio cuore è una rossa
macchia di sangue dove
io bagno senza possa
la penna, a dolci prove

eternamente mossa.
E la penna si muove
e la carta s’arrossa
sempre a passioni nove.

Giorno verrà: lo so
che questo sangue ardente
a un tratto mancherà,

che la mia penna avrà
uno schianto stridente...
... e allora morirò. 

Sergio Corazzini


il cuore mio non batte
che per inutili sogni;
la fragranza di una spezia induce
pensieri proibiti, carnali riscontri...


martedì 15 dicembre 2020

La piccola fiammiferaia

 Nel divenir mi accendo

Nel divenir mi accendo
come fiamma, di freddo e gelo,
ricordo un attimo e ancor riprendo
nel proseguir cammino e anelo.

Parea vibrare il senso delle cose
insito in me il pensiero assente
a riviver tempi andati, spose
di dei sconfitti dal presente silente.

Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate
 

 

La piccola fiammiferaia

C'era una volta una bambina che non aveva né padre né madre e viveva nel bosco oscuro. Un villaggio sorgeva al limitare del bosco, e lei aveva imparato che là poteva comprare fiammiferi per mezzo penny e poteva rivenderli per la strada a un penny intero. Se ne vendeva abbastanza, riusciva a comprarsi un pezzetto di pane raffermo; tornava allora al suo povero rifugio nel bosco e dormiva tenendosi addosso tutti gli abiti che possedeva.
Arrivò l'inverno, e faceva molto freddo. Non possedeva scarpe, e il cappotto era talmente liso da essere trasparente. Aveva i piedi blu, con le dita tutte bianche; altrettanto bianche erano le dita delle mani e la punta del naso. Vagava per le strade e pregava i passanti di comprarle qualche fiammifero, ma nessuno si fermava e nessuno si curava di lei.
Così una sera si mise a sedere e disse tra sé: "Ho dei fiammiferi. Posso accendere un fuoco e scaldarmi". Ma non aveva legnetti né ciocchi. Decise comunque di accendere i fiammiferi. E così, seduta con le gambe tese, strofinò il primo fiammifero. E subito parve che freddo e neve fossero svaniti come per incanto. Invece dei fiocchi di neve volteggianti nell'aria,vide una bella stanza con una stufa di ceramica verde scuro, con lo sportello di ferro ornato di volute. La stufa emanava tanto calore da far ondeggiare l'aria. Si rannicchiò vicino alla stufa e le parve di essere in paradiso.Ma d'improvviso la stufa svanì e lei si ritrovò seduta nella neve, tutta tremante, e per il freddo batteva i denti. E allora strofinò il secondo fiammifero e la luce cadde sul muro della casa accanto e potè improvvisamente vedere dentro. Nella stanza c'era una tovaglia candida come la neve che ricopriva una tavola, e sulla tavola c'erano stoviglie di porcellana del bianco più puro, e su un grande piatto c'era un'anatra appena sfornata, e proprio mentre stava per mettersi a mangiare la visione svanì. Era di nuovo nella neve. Ma ora le ginocchia e i fianchi non le dolevano più. Ora il freddo pungeva e bruciava lungo le braccia e nel petto, sicchè accese il terzo fiammifero. E nella luce del fiammifero vide uno splendido albero di natale, mirabilmente decorato con candeline bianche ornate di pizzo alla base, e belle palle di vetro, e migliaia e migliaia di puntini luminosi che non riusciva a capire che cosa fossero. E sollevò lo sguardo sull'albero enorme, e quello si sollevava sempre più in alto, finchè divenne le stelle del cielo sulla sua testa, e una stella attraversò sfavillando il cielo, e lei ricordò che la mamma le aveva detto che quando un'anima muore, cade una stella. E d'improvviso dal nulla apparve la sua nonna, tanto gentile e affettuosa, e la bimba fu così felice di vederla. La nonna sollevò il grembiule e l'avvolse intorno alla bambina, se la strinse tra le braccia e la bambina provò felicità. Ma la nonna prese a dissolversi. E la bambina accese un fiammifero dopo l'altro per riavere la nonna accanto a sé…un fiammifero dopo l'altro…e insieme presero a salire in cielo dove non faceva freddo, non si provava fame né dolore. La mattina dopo, lì tra le case, la bambina fu ritrovata immobile. Era andata via per sempre (dalla rete)

domenica 5 luglio 2020

Poesia, libro e riflesso

O Signore, il mio cuore non mi basta più,
quella che io amo è grande quanto il mondo:
mettimene nel petto un altro
che sia grande quanto il mondo.

Nizar Qabbani

cuori a riposo i nostri, attempati,
i battiti residui devono essere tutelati;
eppure da qualche parte sopravvive
l'impeto, la sfrontatezza, la gioia...

domenica 25 agosto 2019

Protocollo marino #7 con mostri marini


 Protocollo marino #7
 
il senso dei ritorni, ancora, sempre,
i protocolli  sconfiggono la noia
eppure... mostri marini affiorano,
spumeggia l'azzurro, rompe, spruzza
fonde nel bianco di creste di onde...
 
Gujil
  
Le fantastiche ed impressionanti figure dei
 mostri marini
sono da sempre presenti nell’immaginario collettivo.
L’idea di una creatura mitologica, che popola i mari ed incute timore ai marinai, ha stuzzicato la fantasia degli scrittori (pensiamo a Jules Verne per esempio) che, per rappresentarla, hanno iniziato a servirsi di espedienti sempre più audaci e legati ad antiche credenze.
Essi hanno dato così origine ad una tipologia di racconto piuttosto comune, incentrato su un animale mostruoso che vive nel mare e semina il terrore.
L’archetipo del mostro marino che ingoia l’eroe è presente, ad esempio, anche nella letteratura per bambini.
Pensiamo per esempio a Pinocchio o a Il soldatino di stagno .
Lì l’isolamento nel ventre del pesce mette in contatto con la coscienza e porta alla decisione di uscire dalla propria chiusura mentale.
I mostri marini, d’altronde, possono assumere le forme più variegate: dal drago al serpente, fino ad arrivare ad esseri dotati di mille tentacoli.
Essi possono avere una consistenza gelatinosa oppure ricca di squame.
Possono essere dotati di fauci o di semplici ventose.
Indipendentemente dal loro aspetto, fanno parte della storia della letteratura da sempre, poiché rappresentano forze soprannaturali, contro le quali l’uomo si rivela impotente, o quasi.
Essi si nascondono nel profondo degli abissi e attaccano non visti, all'improvviso.
Nel mondo antico, in cui gli spostamenti via mare erano gli unici possibili, rappresentavano il rischio e l’ignoto del viaggio sia esso di andata o di ritorno.
Suscitano terrore e ostilità, anche perché in fondo rappresentano il lato oscuro e bestiale che si nasconde in ognuno di noi. 
E dunque, esaminiamo cinque figure di mostro marino che, nella letteratura di tutti i tempi, hanno fatto molto parlare di sé.
(dalla rete)
 1. Il leviatano: Un mostro antico dalla forza leggendaria
2. Il calamaro gigante: Forse il più classico fra i mostri marini
3. Il serpente marino: Il mostro per eccellenza della mitologia
4. Lo squalo: Un pesce assassino che ha ispirato numerose pellicole cinematografiche
5. Moby Dick: Una balena bianca (un capodoglio) simile ad un fantasma


domenica 14 luglio 2019

Fiaba, non favola



Le parole
“favola”
e
“fiaba”
sono sovente usate come se fossero perfetti sinonimi, perché derivano dalla stessa radice latina, il verbo fari che significa “parlare”, “raccontare”, ma in realtà servono due generi letterari completamente diversi.
(dalla rete)


 

La verità delle fiabe

 

In pericolo son quelli che si amano.

Il personale è rimasto lo stesso,
se si trova un'anima, una bocca,
che racconta delle fiabe come se
fosse stata presente, dato che re mendicanti,
anni più lunghi, alberi intoccabili,
uccelli onniscienti,
spiriti e genietti erano con noi,
le bestie parlavano la nostra lingua
sopra e sotto terra,
apertamente, trascinate nel crepitare
del tempo che consuma ricordi e oblio –

In pericolo son quelli che si amano. 

 

Erika Burkart
da "Turno di notte"
traduzione di Nino Muzzi
 
 

Per fiaba s’intende un racconto, quasi sempre in prosa, che narra una serie di vicende, spesso fantastiche, in cui il protagonista deve superare un certo numero di ostacoli per ottenere un premio.
 
Nelle fiabe non sempre vi è un insegnamento, ma piuttosto il gusto di raccontare in modo libero e fantasioso.
I protagonisti sono solitamente degli esseri umani, particolarmente ragazzi e ragazze, impegnati a dover superare varie difficoltà e sono in questo spesso aiutati o contrastati da forze magiche.

 
fiabe, favole, mezze verità celate
da morali indiscutibili e dure;
la fiaba mia continua ora che sono
in una maturità provata e vissuta...

venerdì 28 dicembre 2018

C'era una volta...


A quel tempo

Di notte si sente l’eco dei grandi giorni gloriosi,
case, foreste e navi incendiate,
cavalieri galoppavano sui campanili, scendevano giù

          in pianura,
altri raccoglievano i morti, levavano bandiere,
altri disegnavano mezzelune rosse sui muri. Ora
un calesse senza vetturino passa sulla litoranea
e il cane randagio nero guarda il fiume
come se conoscesse già quello che noi ci rifiutiamo

          di vedere.
Karlòvasi, 30.VI.87

Ghiannis Ritsos
da "Molto tardi nella notte"
traduzione di Nicola Crocetti

 
  C'era una volta è una tipica espressione utilizzata come introduzione in numerose fiabe.
Formule simili risalgono quasi all'origine della scrittura, essendo già utilizzate quattromila anni fa nei racconti babilonesi, e si ritrovano in tutte le lingue del mondo.
Nella letterature europee, è attestata da Apuleio, che apre la favola di Amore e Psiche nelle Metamorfosi con "Erant in quadam civitate rex et regina..."
 
tempo fa, "once upon a time",
ho rivisto vecchie fiabe, amate,
condivise con chi ho amato tanto;
rimane un accenno di solitaria tristezza...
 
Nella lingua francese, la formula corrispondente (Il était une fois) è attestata da Charles Perrault . Egli la utilizzò per la prima volta in I desideri ridicoli, apparso nel 1694, ove però compare solo al verso 21, e non all'inizio del racconto. Successivamente, egli la riprende per aprire il suo racconto fantastico, Pelle d'asino, dopo un preambolo dedicato al modo di lettura. La utilizzerà in sette delle otto fiabe presenti ne I racconti di mamma l'oca.
Nella lingua inglese, il primo uso dell'espressione Once upon a time risale, secondo l'Oxford English Dictionary, al 1380; venne accettata comunemente come modo per iniziare un racconto nel 1600. Tale espressione è più frequente nei racconti per bambini di età compresa tra i sei e gli otto anni.
Nella lingua italiana, l'espressione C'era una volta è attestata già al 1300 ed è utilizzata, diventando canonica[senza fonte], nel 1634 dal Pentamerone di Giambattista Basile, prima raccolta di fiabe della letteratura europea, scritto in lingua napoletana (in cui è presente, tra l'altro, la prima redazione al mondo della fiaba di Cenerentola, la Gatta Cenerentola). L'uso viene poi ripreso da tutte le raccolte successive, comprese quelle di Collodi (che traduce e in parte riscrive le principali fiabe delle raccolte francesi e tedesche, inventando nomi come "Cappuccetto Rosso") e quelle di Imbriani (che stenografa fiabe milanesi e fiorentine direttamente dalla voce popolare).
Nella lingua tedesca, Es war einmal è utilizzato dai fratelli Grimm, autori della raccolta di fiabe forse più celebre dell'intera tradizione europea; ma era già diffuso in precedenza, tanto che E.T.A. Hoffmann, ne L'uomo della sabbia del 1815, lo giudica "il miglior attacco per un racconto; ma troppo freddo!"
Successivamente, il danese Hans Christian Andersen avrà la raccolta dei Grimm come base per le sue celebri Fiabe (da wikipedia).
 

giovedì 10 maggio 2018

Immagine fiabesca


Immagine fiabesca

Quel gio
rno blu dautunno sbrigliato
laria un nuovo mare di cristallo,
e sul suo fondo i boschi e i campi,
appena mossi dal vento e inondati di luce.
Ma nel bosco di querce dovera lombra
e le foglie cadevano come monete che

     nessuno osa toccare,
allora apparvero a briglia sciolta tre cavalieri.

Della loro meta nulla possiamo dirvi.


Lars Gustafsson

Sulla ricchezza dei mondi abitati
Traduzione di Maria Cristina Lombardi
 
 fiabésco
aggettivo [der. di fiaba] (pl. m. -chi).
- TRECCANI -
 
– Da fiaba, simile alle fiabe, o quale si trova nelle fiabe; quindi, in genere, irreale, fantastico, o straordinario, meraviglioso: spettacolo, paesaggio fiabesco; una fiabesca fantasmagoria di luci, di colori.
Anche sostantivo maschile. (sottintendendosi elemento, carattere e sim.): il fiabesco nella pittura di Paolo Uccello; il fiabesco e il surreale nell’arte contemporanea.
◆ Avv. fiabescaménte, in modo fiabesco: scene, paesaggi fiabescamente trasfigurati dalla fantasia del pittore.
 
il reame è vuoto, il Re è triste,
principesse piangenti abbracciano
stelle cadute, di notte una luna balena
colorati petali di fiori recisi...

domenica 1 aprile 2018

Fiaba di Pasqua

Risultati immagini per leggenda di pasquaC'era una volta un coniglietto che voleva far felice la sua padroncina, perchè lei lo trattava sempre molto bene e preparava per lui le cose più buone da mangiare: carote appena colte, trifoglio freschissimo e lattuga verde:
Ma il coniglietto non sapeva come fare, perchè non aveva neanche un soldino e non poteva andare al negozio a comprare un regalo per la sua padroncina.
Intanto il tempo passava, stava arrivando la Pasqua ed il coniglietto ancora non sapeva cosa fare.
Gli unici amici su cui poteva contare erano gli altri animali che vivevano con lui nel giardino della casa.
Chiese al cane se aveva qualcosa da dargli, ma il cane aveva solo un osso rosicchiato; chiese al gatto, ma quello poteva dargli solo un topolino ancora vivo, che aveva appena catturato; chiese alla lucertola che prendeva il sole sul muretto, ma lei aveva solo una collezione di insetti morti; chiese ai topolini, ma avevano solo pezzetti di formaggio rosicchiato che avevano rubato dalla dispensa.
uovo di Pasqua
Restava solo la gallina; allora il coniglietto andò da lei e le chiese se aveva qualcosa da regalare alla sua padroncina; la gallina gli regalò le uova che aveva fatto quel giorno (era il Venerdì Santo).
Il coniglietto le prese, ma così gli sembravano brutte; allora ebbe un'idea, andò in casa e prese i colori della sua padroncina, e con quei colori dipinse tutte le uova che la gallina gli aveva regalato; ci mise tre giorni (i coniglietti non sono molto bravi a disegnare!), ma alla fine furono bellissime.
E la mattina di Pasqua la sua padroncina trovò in cucina quelle bellissime uova colorate e fu contentissima.
E da quell'anno tutti i bambini il Venerdì Santo raccolgono le uova che le galline regalano loro e le colorano, per mangiarle poi il giorno di Pasqua!
(dalla rete)   
 
giornata serena, a tutti voi,
possiate tenere il sorriso fino a domani,
del dopo si parlerà dopo,
io, per me, sono animale di affetti...
 
Gujil
 
 
 

domenica 25 marzo 2018

Passerotti


I passeri perduti
 
Amo i passeri perduti
che tornano dall'aldilà
a confondersi con un cielo
che mai più potrò recuperare.
 
Tornano di nuovo i ricordi,
le ore giovani che ho dato
e dal mare giunge un fantasma
fatto di cose che amai e persi.
 
Tutto fu un sogno, un sogno che perdemmo
come perdemmo gli uccelli ed il mare,
un sogno breve e antico come il tempo
che gli specchi non possono riflettere.
 
Dopo cercai di perderti in tante altre
e quell'altra e tutte eri tu;
infine riuscii a capire quando un addio è un addio,
la solitudine mi divorò e fummo due.
 
PasserottoTornano i passeri notturni
che volano ciechi sul mare,
la notte è uno specchio
che mi ridà la tua solitudine.
 
Sono solo un passero perduto
che torna dall'aldilà
a confondersi con un cielo
che mai più potrò recuperare.
 
Mario Trejo
 
 
Una volta i passerotti abitavano nei boschi; avevano un bel vestito di piume variopinte e cantavano meravigliosamente.
Venne una grossa nevicata. Il bosco restò sepolto; i campi attorno scomparvero sotto il coltrone bianco. I passerotti non avevano più da mangiare.
Morivano di fame. Allora pensarono di emigrare verso il paese dove abitavano gli uomini. I primi passerotti partirono così in direzione del fumo che usciva dai camini accesi.
Giunti in paese, si posarono sugli arpioni delle finestre, sulle grondaie dei tetti e si misero a cantare.
Gli uomini a vedere quegli uccelli così variopinti e a sentirli così cantare se ne invaghirono.
Dettero loro la caccia. Parte ne ammazzarono, parte ne fecero prigionieri.
Un solo passerotto riuscì a fuggire. Tornò nel bosco tutto spaventato e disse agli altri uccelli:
- Il nostro bel vestito e il nostro canto melodioso attirano troppo il desiderio degli uomini. Se si vuole vivere in paese bisogna essere più modesti.
Lì per lì i passerotti del bosco protestarono. Essi non avrebbero mai rinunciato al loro vestito variopinto e al loro bel canto.
Ma la fame si faceva sentire sempre più forte. O morire o rinunciare al bel vestito di piume colorate.
Fu così che i passerotti mutarono aspetto.
Si misero un povero vestito di piume grigie, senza coda, presero un becco tozzo, da mangiatori di cibi duri e si presentarono alla casa dell’uomo come tanti mendicanti, facendo un solo verso:
- Cip, cip! – che vuol dire: – Buon dì, buon dì!
Allora l’uomo si commosse alla vista di questi poveri uccelli affamati e dette loro da mangiare.
Da quel giorno i passerotti non abitarono più nel bosco, ma vissero attorno alle case degli uomini, vestiti modestamente e senza canto.
(dalla rete)
 
sul noce, sul balcone, ovunque,
cinguettii e scaramucce tra loro,
un po' di sole, qualche briciola;
gli uccellini che tornano, i miei...

giovedì 18 febbraio 2016

Corvo

Corvo
 
Nel concavo emisfero
Del ciel la nebbia boreal si pigia:
Sotto la nube grigia
Appare il corvo come un punto nero.
Sovra il piano deserto
Stende la neve un gran lenzuolo bianco:
Un pellegrino stanco
Trascina alla ventura il passo incerto.
Qualche sfrondata macchia
Lugubremente impruna la pianura;
Avido di pastura
Sotto la nube il negro corvo gracchia.
Irretito dal gelo,
Vinto dalla stanchezza e dall’ambascia,
Il pellegrin s’accascia;
Il corvo sopra lui tresca pel cielo.
 
Arturo Graf

 
Un corvo aveva fatto il nido, in un'isola.
Quando gli nacquero i piccini, pensò che sarebbe stato meglio trasportarli sulla terraferma.
Prese tra gli artigli il figlio più piccolo e si staccò dall'isola volando sopra lo stretto. Quando giunse in mezzo al mare, si sentì molto stanco: le sue ali battevano l'aria sempre più lente.
' Oggi io sono grande e forte e porto mio figlio sul mare perché mio figlio è debole ' pensava il corvo ' quando esso sarà cresciuto e sarà diventato forte, mentre io sarò debole e vecchio, chissà se mi ricompenserà delle fatiche che io sostengo oggi e se mi trasporterà come io faccio, da un luogo all'altro '.
Il corvo decise allora di accertarsi subito e chiese al suo piccolo: "Quando tu sarai forte e io sarò vecchio e debole, mi aiuterai come faccio io ora con te? Mi trasporterai da un luogo all'altro? Dimmi la verità."
Il piccolo corvo vide in basso il mare e, temendo che il padre lo lasciasse cadere, si affrettò a rispondere: "Si, sì, ti aiuterò, ti trasporterò" (L. Tolstoj).


messaggi contrastanti,
nere ali incupiscono il cielo,
sarà Febbraio, sarà l'Inverno;
il freddo mi brivida le membra...