Status
sostantivo maschile, latino -TRECCANI-
Termine corrispondente all’italiano stato «condizione, posizione», usato, oltre che in espressioni latine storiche (per es., status civitatis, la condizione di possedere la piena cittadinanza romana), anche in contesti ital., soprattutto nel linguaggio politico e giuridico, per indicare la condizione giuridica di una persona, o la situazione politica e giuridica d’uno stato o di parte di esso; nelle scienze sociali (sull’esempio dell’uso ingl. di status: vedi anche status symbol), per indicare la posizione di una persona in un sistema sociale, o il livello gerarchico di un dirigente o di un funzionario; e in sociolinguistica, per designare la considerazione sociale di una varietà di lingua o di un dialetto, o anche di una forma linguistica (dalla rete).
Se ti dice la tua bella:
"T'amo tanto vita mia"
non t'illudere, che quella
è la prima sua bugia.
Se le dici: "Amore mio,
amerò sempre te sola"
ci scommetto vivaddio,
questo sull'onore mio,
che tu menti per la gola.
Non voglio amare più, non voglio amare;
l'amore è stato sempre un'avventura.
Non voglio amare più, non voglio amare;
l'amore a me fa tanta paura.
"Non voglio amare più, non voglio amare"
ho detto al cuore, al povero mio cuore.
"Non voglio amare più, non voglio amare;
non voglio darti più questo dolore".
Se ti dice: "Dalla sarta
sono andata" non è vero;
"Dalla mia cugina Marta
sono stata", c'è mistero.
"Ho comprato quest'anello"
ti dirà col suo candore:
stai tranquillo che per quello
brillantissimo gioiello
sotto c'è Commendatore.
"Non voglio amare più, non voglio amare"
lo dico sempre, si, ma non è vero;
"Non voglio amare più, non voglio amare"
non è la verità, non son sincero.
Antonio De Curtis
che l'attimo ceda al pensiero, al dolersi;
affetti preclusi da inoppugnabili "status" di fatto,
piccole vele, balia del vento che soffia...
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