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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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mercoledì 3 novembre 2021

A Silvia (sorella nel bene e nel male)

A silvia 
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno. 
Che pensieri soavi, Che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia La vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, Un affetto mi preme Acerbo e sconsolato, E tornami a doler di mia sventura. O natura, o natura, Perchè non rendi poi Quel che prometti allor? perchè di tanto Inganni i figli tuoi?

Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, Da chiuso morbo combattuta e vinta, Perivi, o tenerella. E non vedevi Il fior degli anni tuoi; Non ti molceva il core La dolce lode or delle negre chiome, Or degli sguardi innamorati e schivi; Nè teco le compagne ai dì festivi Ragionavan d'amore. Anche peria fra poco La speranza mia dolce: agli anni miei Anche negaro i fati La giovanezza. Ahi come, Come passata sei, Cara compagna dell'età mia nova, Mia lacrimata speme! Questo è quel mondo? questi I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi Onde cotanto ragionammo insieme? Questa la sorte dell'umane genti? All'apparir del vero Tu, misera, cadesti: e con la mano La fredda morte ed una tomba ignuda Mostravi di lontano.
Giacomo Leopardi

siamo caduche foglie sorella, unite
su un medesimo ramo ormai spoglio;
cadremo anche noi alla terra, nel fango
abbiamo dato la vita, avremo la morte...
Questa canzone, composta dal poeta nel 1828,
è dedicata ad una fanciulla, Silvia che per il poeta rappresenta i sogni
e le illusioni giovanili. Silvia fu, probabilmente, una certa Teresa Fattorini,
figlia del cocchiere di casa Leopardi, la quale morì giovanissima a
causa di una malattia e della quale Leopardi era innamorato.
Il poeta le si rivolge nella poesia ricordando il tempo felice della giovinezza in cui entrambi coltivavano speranze per il futuro, tradite poi dalla dura realtà della vita. In conseguenza, il poeta si “scaglia” contro la natura accusandola di ingannare i suoi figli non mantenendo le promesse di felicità che fa crescere nel loro animo.
All’apparire dell’amara verità della vita, al cadere delle illusioni, secondo Leopardi non ci restano allora che una tomba disadorna e abbandonata e la morte che, inesorabilmente, pone fine ad ogni cosa (dalla rete).

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