O città fantastica piena di suoni sordi...
Mentre sulle scalee lontano io salivo davanti
A te infuocata in linee lambenti di fuoco
Nella sera gravida, tra i cipressi.
Salivo con un'amica giovane grave
Che sacrificava dai primi anni
All'amore malinconico e suicida dell'uomo:
Ridevano giù per le scale
Ragazzi accaniti briachi di beffa
Sopra un circolo attorno ad un soldo invisibile.
Il fiume mostruoso luceva torpido come un serpente a squame;
Salivamo, essa oppressa e anelante,
Io cogli occhi rivolti alla funebre febbre incendiaria
Che bruciava te, o nero alberato naviglio
Nell'ultime febbri dei tempi o città:
Odore amaro d'alloro ventava sordo dall'alto
Attorno al bianco chiostro sepolcrale:
Ma bella come te battello bruciato tra l'alto
Soffio glorioso del ricordo, gridai o città,
O sogno sublime di tendere in fiamme
I corpi alla chimera non saziata
Amarissimo brivido funebre davanti all'incendio sordo lunare.
Dino Campana
ma invecchio io, non il mio ritratto,
conosco gli anni che vanno e che stanno;
questo istante di delicatezza si incornicia
ma il tempo non dà tregua, continua...
Il ritratto che mi fece mio padre, prendendo spunto da Goya, campeggia sul muro, vicino allo scrittoio e mi guarda, mi osserva con sguardi irridenti.
Ho sempre sperato inevecchiasse lui al mio posto ma non è successo, mi guardo allo specchio, ancora vedo un certo bagliore negli occhi eppure mi dolgo per il tempo che passa, per la vita che amo e che ancora riserva sorprese inaspettate, ancora mi batte nel petto quando ascolto, perchè ascolto e so ascoltare.
Ho la casa piena di orogologi, il tempo... già il tempo che passa.
Gujil
Nessun commento:
Posta un commento