Acheo contemporaneo
Meglio aver vissuto ai tempi di Troia.
Potevo fare allora qualcosa di più, chissà,
invece di questa paralisi e incertezza
e questa paura ogni giorno, queste traversie
nell'ultima metà del ventesimo secolo.
Forse allora con una cetra, traversando di corsa
su e giù l'accampamento, avrei cantato
carmi epici, per infondere coraggio ai Greci,
forse avrei potuto dar consigli ad Achille,
far finire prima la guerra e certo
con esempi più nobili e generosi,
senza cavalli di legno, senza gli inganni
degradanti per gli eroi e soprattutto senza
quell'incendio e quella spada
che annientarono Ilio. Allora forse
non sarebbero periti Ettore e altri numerosi,
belli come i Greci.
Forse
poi avrebbe preso anche me Ulisse,
uno in più tra i suoi compagni,
per dieci anni o anche oltre, – che importa?
una mia Itaca io non l'avevo – e forse gli dèi
non adirati, ma benevoli ci avrebbero
mantenuto propizio il tempo per la nave.
Meglio aver vissuto ai tempi di Troia,
e non ora, quando fuggendo lontano dalla patria
(ma Troia non è caduta, le nostre bandiere
ormai lacere, ed Elena
abbandonata alle nostre spalle) vado errando
da trent'anni, di qua e di là nei apesi degli amici,
senza Itaca, senza fede, senza compagni.
Meglio aver vissuto ai tempi di Troia.
Potevo fare allora qualcosa di più, chissà,
invece di questa paralisi e incertezza
e questa paura ogni giorno, queste traversie
nell'ultima metà del ventesimo secolo.
Forse allora con una cetra, traversando di corsa
su e giù l'accampamento, avrei cantato
carmi epici, per infondere coraggio ai Greci,
forse avrei potuto dar consigli ad Achille,
far finire prima la guerra e certo
con esempi più nobili e generosi,
senza cavalli di legno, senza gli inganni
degradanti per gli eroi e soprattutto senza
quell'incendio e quella spada
che annientarono Ilio. Allora forse
non sarebbero periti Ettore e altri numerosi,
belli come i Greci.
Forse
poi avrebbe preso anche me Ulisse,
uno in più tra i suoi compagni,
per dieci anni o anche oltre, – che importa?
una mia Itaca io non l'avevo – e forse gli dèi
non adirati, ma benevoli ci avrebbero
mantenuto propizio il tempo per la nave.
Meglio aver vissuto ai tempi di Troia,
e non ora, quando fuggendo lontano dalla patria
(ma Troia non è caduta, le nostre bandiere
ormai lacere, ed Elena
abbandonata alle nostre spalle) vado errando
da trent'anni, di qua e di là nei apesi degli amici,
senza Itaca, senza fede, senza compagni.
1974
Traduzione di Gilda Tentorio
Riplasmare il mondo con versi di luce
Nikifòros Vrettakos.
Elena,
dov'è ora Elena?
dov'è ora Elena?
sospiri dai banchi di scuola;
lutti agli achei
sospiri leggendo parole
Sulla collina di Hissarlik, Troia non c’è più. Più esattamente: la Troia di Priamo, Elena e Paride, cantata da Omero nell’Iliade, ritrovata per avventura (e ipotesi) da Heinrich Schliemann due millenni e mezzo dopo, non c’è mai stata – almeno allo stato attuale dei ritrovamenti archeologici. Ha pochi dubbi, Frank Kolb, storico dell’antichità e professore all’università tedesca di Tübingen, la stessa in cui ha sede il Projekt Troia, che da anni è la centrale degli scavi e degli studi nel sito di Hissarlik, a ridosso della costa turca, nell’Ellesponto, a Sud dello stretto dei Dardanelli. «Se vogliamo, chiamiamola pure Troia. Però nessuno degli insediamenti che si sono succeduti a Hissarlik ha le caratteristiche di una città. Si può parlare al massimo di una fortezza che dominava una vasta area rurale. Ma nulla fa pensare a un importante centro commerciale o a una civiltà autonoma, come hanno sostenuto generazioni di archeologi, amplificando i risultati degli scavi».
Fabio Sindici su “La Stampa” del 31 gennaio 2010 (dalla rete).
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