Smirne (in turco İzmir, in greco Σμύρνη, Smyrni) è una città di 3,5 milioni di abitanti della Turchia centro-occidentale, la terza del paese per numero di abitanti dopo Istanbul e Ankara, capoluogo della provincia omonima. È anche un grande ed efficiente porto situato sull'omonimo golfo, nel Mar Egeo. Amministrativamente è formata dai centri urbani di 21 dei 30 distretti della provincia. Konak costituisce il centro storico della città. Smirne è la città natale del poeta antico Bione ed è tra le località che si contendono l'onore di essere il luogo natìo del leggendario poeta Omero. Il nome "Smirne" (Smyrna) significa "mirra" in greco antico, pertanto si riferisce alla presenza di tale arbusto nella zona dove la città è stata fondata. Izmir è il nome turco, ufficializzato solo nel 1930, negli ultimi decenni diffuso anche all'estero. Nasce probabilmente dalla corruzione del nome più il prefisso -Is e il cambiamento della S in Z come accadde per Costantinopoli (ora Istanbul) e Nicea (ora Iznik). In greco come anche in italiano e in altre lingue il nome Smirne (o Smyrni, Σμύρνη) è rimasto consolidato nel lessico al posto del più recente nome turco. Il primo insediamento umano a Smirne può risalire al III millennio a.C. Si pensa che il suo sviluppo sia coinciso con quello di Troia. Intorno al 1500 a.C. essa venne occupata dagli Ittiti, ma con la caduta di Troia e della capitale Hattusa l'impero ittita entrò in crisi. Nel VIII secolo a.C., passata sotto il controllo di Mileto, Smirne fondò diverse colonie in Libano, Siria, Grecia e lungo le sponde del Mar Nero, le quali la resero non più un piccolo villaggio, ma una vivace e ricca città commerciale. Tuttavia la sua prosperità attirò l'interesse dei Persiani, i quali la occuparono, causandone così la decadenza e la distruzione. Rifondata da Alessandro Magno nel 333 a.C., essa divenne romana nel 133 a.C. e, in seguito, subì un terremoto disastroso che la devastò nel 178, cosicché l'imperatore Marco Aurelio ordinò di ricostruirla. Sotto l'Impero bizantino il suo sviluppo si fermò, soprattutto a causa della crescita d'importanza della vicina Efeso. La ripresa del commercio medievale (soprattutto quello dei beni di lusso) sotto gli imperatori macedoni (867-1057) resero nuovamente importante Smirne a causa della sua posizione strategica. Ma nel 1076 essa fu occupata dai Turchi Selgiuchidi e decadde, non riuscendo a rifiorire neanche dopo la riconquista comnena avvenuta nel 1098. Fu ceduta ai Genovesi nel 1261 e nacque allora una piccola colonia genovese. Successivamente fu ceduta da questi ai cavalieri ospitalieri (1320-1402) ed infine conquistata dai turchi ottomani, che la possedettero per più di cinque secoli. Sotto il dominio ottomano la città divenne un importante scalo commerciale, snodo fra le piste carovaniere dell'Asia e le rotte mediterranee. La sua popolazione era un modello tipico della società ottomana, multi-etnica, multi-confessionale e poliglotta. Gli stessi turchi la chiamavano gâvur Izmir cioè l'infedele Smirne, in riferimento all'alta percentuale di non musulmani (greci, armeni, ebrei, levantini) residenti in città. Col tempo sorse una comunità italiana che all'inizio del ventesimo secolo arrivo' a contare circa 6-7.000 residenti. L'impero ottomano, uscito sconfitto dalla prima guerra mondiale, cedette Smirne alla Grecia col Trattato di Sèvres (1920). Smirne nei primi decenni del Novecento aveva oltre 250.000 abitanti, due terzi dei quali greci.[senza fonte] Dopo l'invasione greca dell'Asia minore e la sconfitta greca a Dumlupınar, la città fu riconquistata dall'esercito turco repubblicano comandato da Mustafa Kemal (1922) e devastata da un catastrofico incendio che distrusse gran parte della città vecchia; durante l'incendio, tra devastazioni e saccheggi, le popolazioni cristiane, principalmente quelle greca e armena, in parte massacrate, si imbarcavano sulle navi dell'Intesa alla fonda nel porto, trovando poi rifugio in Grecia (da wikipedia).
A Sud del mio percorso
ho lasciato il dono
i sapienti di Smirne
tra flebili fiamme
disegnavano oracoli
al passare del tempo.
Se devo credere ai mercanti di tempo
è giusto che vaghi in ricerche continue
e mi prostri al passaggio dei saggi.
Anonimo
del XX°é secolo
frammenti ritrovati
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