Cadute le foglie, torniamo
al senso ordinario delle cose. È come se
avessimo esaurito l'immaginazione,
inanimi in un savoir inerte.
al senso ordinario delle cose. È come se
avessimo esaurito l'immaginazione,
inanimi in un savoir inerte.
È difficile persino scegliere l'aggettivo
per questo freddo vacuo, questa tristezza senza causa.
La grande struttura è diventata una casa modesta.
Nessun turbante percorre i pavimenti immiseriti.
per questo freddo vacuo, questa tristezza senza causa.
La grande struttura è diventata una casa modesta.
Nessun turbante percorre i pavimenti immiseriti.
La serra ha più che mai bisogno di una riverniciatura.
Il comignolo ha cinquant'anni e pende da una parte.
Uno sforzo fantasioso è fallito, una ripetizione
nella ripetitività di uomini e mosche.
Il comignolo ha cinquant'anni e pende da una parte.
Uno sforzo fantasioso è fallito, una ripetizione
nella ripetitività di uomini e mosche.
Eppure l'assenza dell'immaginazione doveva
essa stessa essere immaginata. Il grande stagno,
il suo senso ordinario, senza riflessi, foglie,
fango, acqua come vetro sporco, espressione di un certo
essa stessa essere immaginata. Il grande stagno,
il suo senso ordinario, senza riflessi, foglie,
fango, acqua come vetro sporco, espressione di un certo
silenzio, il silenzio di un topo uscito a vedere,
il grande stagno e lo sfacelo delle ninfee, tutto ciò
doveva essere immaginato come una conoscenza inevitabile,
imposta, come impone una necessità.
il grande stagno e lo sfacelo delle ninfee, tutto ciò
doveva essere immaginato come una conoscenza inevitabile,
imposta, come impone una necessità.
Wallace Stevens
La teoria della vita
Traduzione di Massimo Bacigalupo
Cosa è tra le parole più generiche del lessico ital., destinata per lo più a sostituire termini più specifici non disponibili al momento della conversazione o poco accessibili al livello culturale del parlante; proprio per questo, la frequenza di c. si innalza soprattutto nella lingua orale fam., scarsamente sorvegliata. L’esiguo peso semantico di c. è provato anche dal suo uso come pron. interr., da solo (uso fino ad epoche recenti osteggiato dai puristi ma ormai considerato del tutto normale in ogni registro) o preceduto da che: (che) c. fai stasera?; dimmi (che) c. stai leggendo; e anche dall’esistenza di un pronome come qualcosa, in cui il sost. c. si è agglutinato, grammaticalizzandosi, al pron. qualche. Pressoché infiniti possono dunque essere i sinon. di c., data anche la funzione di ripresa che spesso è propria del termine, soprattutto riferito a frasi o sintagmi verbali: mi sono proprio divertito alla festa di ieri sera, c. che non mi succede molto spesso; parli a voce troppo alta: questa c. rischia di farti passare per una persona maleducata. -TRECCANI -
le cose normali, quelle di sempre,
alterate da pensieri trasversali,
infinite cose di sempre,
costeggiano, accompagnano...
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