Brano dal mio testamento
Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo.
Ti lascio il sole che lasciò mio padre
a me. Le stelle brilleranno uguali, e uguali
t’indurranno le notti a dolce sonno,
il mare t’empirà di sogni. Ti lascio
il mio sorriso amareggiato: fanne scialo,
ma non tradirmi. Il mondo è povero
oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo
ed è rimasto povero. Diventa ricco tu
guadagnando l’amore del mondo.
Ti lascio la mia lotta incompiuta
e l’arma con la canna arroventata.
Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena
vinta nelle battaglie del mio tempo.
E ricorda. Quest’ordine ti lascio.
Ricordare vuol dire non morire.
Non dire mai che sono stato indegno, che
disperazione m’ha portato avanti e son rimasto
indietro, al di qua della trincea.
Ho gridato, gridato mille e mille volte no,
ma soffiava un gran vento, e pioggia, e grandine:
hanno sepolto la mia voce. Ti lascio
la mia storia vergata con la mano
d’una qualche speranza. A te finirla.
Ti lascio i simulacri degli eroi
con le mani mozzate, ragazzi che non fecero a tempo
ad assumere austera forma d’uomo,
madri vestite di bruno, fanciulle violentate.
Ti lascio la memoria di Belsen e di Auschwitz.
Fa’ presto a farti grande. Nutri bene
il tuo gracile cuore con la carne
della pace del mondo, ragazzo, ragazzo.
Impara che milioni di fratelli innocenti
svanirono d’un tratto nelle nevi gelate
in una tomba comune e spregiata.
Si chiamano nemici: gia! i nemici dell’odio.
Ti lascio l’indirizzo della tomba
perché tu vada a leggere l’epigrafe.
Ti lascio il sole che lasciò mio padre
a me. Le stelle brilleranno uguali, e uguali
t’indurranno le notti a dolce sonno,
il mare t’empirà di sogni. Ti lascio
il mio sorriso amareggiato: fanne scialo,
ma non tradirmi. Il mondo è povero
oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo
ed è rimasto povero. Diventa ricco tu
guadagnando l’amore del mondo.
Ti lascio la mia lotta incompiuta
e l’arma con la canna arroventata.
Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena
vinta nelle battaglie del mio tempo.
E ricorda. Quest’ordine ti lascio.
Ricordare vuol dire non morire.
Non dire mai che sono stato indegno, che
disperazione m’ha portato avanti e son rimasto
indietro, al di qua della trincea.
Ho gridato, gridato mille e mille volte no,
ma soffiava un gran vento, e pioggia, e grandine:
hanno sepolto la mia voce. Ti lascio
la mia storia vergata con la mano
d’una qualche speranza. A te finirla.
Ti lascio i simulacri degli eroi
con le mani mozzate, ragazzi che non fecero a tempo
ad assumere austera forma d’uomo,
madri vestite di bruno, fanciulle violentate.
Ti lascio la memoria di Belsen e di Auschwitz.
Fa’ presto a farti grande. Nutri bene
il tuo gracile cuore con la carne
della pace del mondo, ragazzo, ragazzo.
Impara che milioni di fratelli innocenti
svanirono d’un tratto nelle nevi gelate
in una tomba comune e spregiata.
Si chiamano nemici: gia! i nemici dell’odio.
Ti lascio l’indirizzo della tomba
perché tu vada a leggere l’epigrafe.
Ti lascio accampamenti
d’una città con tanti prigionieri:
dicono sempre sì, ma dentro loro mugghia
l’imprigionato no dell’uomo libero.
Anch’io sono di quelli che dicono, di fuori,
il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no.
Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio
dolce al nostro crepuscolo amaro.
Il pane è fatto pietra, l’acqua fango,
la verità un uccello che non canta.
È questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio
d’essere fiero. Sfòrzati di vivere.
Salta il fosso da solo e fatti libero.
Attendo nuove. È questo che ti lascio.
d’una città con tanti prigionieri:
dicono sempre sì, ma dentro loro mugghia
l’imprigionato no dell’uomo libero.
Anch’io sono di quelli che dicono, di fuori,
il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no.
Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio
dolce al nostro crepuscolo amaro.
Il pane è fatto pietra, l’acqua fango,
la verità un uccello che non canta.
È questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio
d’essere fiero. Sfòrzati di vivere.
Salta il fosso da solo e fatti libero.
Attendo nuove. È questo che ti lascio.
Kriton Athanasulis
Traduzione di Filippo Maria Pontani
forse si scrive per questo
come fosse insaziabile desiderio
di sopravvivere a sé stessi...
Il testamento è l’atto con il quale una persona dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Il testamento è un atto personale.
Non hanno alcuna validità atti elaborati congiuntamente da coniugi o a mezzo di altre persone.
Ciò che è stato disposto nel testamento acquista efficacia soltanto dopo la morte del testatore; di conseguenza in vita potrà essere sempre modificato, integrato o revocato dallo stesso testatore.
Il testamento è l’unico strumento per disporre del proprio patrimonio dopo la morte.
In assenza di testamento tutti i beni del defunto vengono distribuiti ai parenti o, in assenza, allo Stato, secondo criteri fissati dalla legge.
Con il testamento è possibile destinare le proprie sostanze liberamente, con i soli limiti posti dalla legge a favore di alcune categorie di soggetti detti legittimari (dalla rete).
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