Ecco scende la sera, dolce al vecchio lascivo.
Murr il mio gatto siede come araldica sfinge
contempla, inquieto, con la sua pupilla fantastica
viaggiare all’orizzonte la luna clorotica.
E’ l’ora nella quale l’infante prega, dove Parigi-fogna
getta sul pavimento dei viali
le sue falene dai seni freddi che, sotto la luce spettrale
del gas, l’occhio che fiuta un maschio casuale.
Ma, presso il mio gatto Murr, sogno alla finestra.
Penso a bambini che ovunque, in questo istante, sono nati.
Penso a tutti i morti sotterrati oggi.
E mi figuro d’essere in fondo al cimitero,
e entrando nelle bare, mi metto al posto
di quelli che qui passeranno la loro prima notte.
Jules Laforgue
(Da Singhiozzi della terra)
Jules Laforgue è un poeta simbolista della Belle Epoque che ci ha lasciato, nella sua vasta produzione letteraria, una mirabile opera il cui contenuto s'inserisce con piena attualità nella nostra società moderna, riproponendo antichi ed eterni spunti di riflessione.
Durante tutta la sua vita, Laforgue fu considerato dalla maggioranza un visionario, neppure ebbe l'appoggio degli altri artisti, in quanto, nonostante il romanticismo imperante, tutti erano ben lontani dal concepire l'immagine di una comunione cosmica tra l'Uomo e il Creato, da lui proposta e auspicata.
E' toccante vedere come in un mondo "globale" come quello di oggi sia più facile comprenderlo, forse dovuto al fatto che in questo new deal sono scomparsi i vecchi pregiudizi religiosi e scientifici e si sono aperti nuovi e piu' vasti orizzonti e oggi le stelle ci sembrano più vicine e più facenti parte del nostro mondo.
Laforgue avrebbe dovuto vivere oggi, nella sua poesia si coglie infatti una visione attuale e moderna, in essa si sente tutta la ribellione di un uomo che vede considerare il suo presente legato ad una ipoteca del passato. Jules Laforgue si sarebbe sentito a suo agio fra la gioventù d'oggi.
Quest'ultima avrebbe fatto della sua poesia, che vuole il presente solo una preparazione al domani, probabilmente una bandiera.
In effetti, ne "L'Impossibile", Laforgue lamenta di essere nato troppo presto e di non poter così vedere l'attuazione dei suoi sogni; ma noi sappiamo che essi sono ormai quasi realtà e quando la mano di un uomo stringerà quella di un abitante delle stelle in un atto di fratellanza cosmica, il pensiero di Jules Laforgue troverà il suo completamento.
Jules Laforgue nacque a Montevideo (Uruguay) da genitori francesi, il 16 agosto del 1860. Anni dopo egli si stabilì nella patria d'origine e iniziò i suoi studi presso il Liceo di Tarbes.
Nel 1879 la rivista "L'Enfer" pubblicò il suo primo poema conosciuto, "La Chanson des Morts", presentato come uno stralcio di un'opera più vasta, "Una Amour dans les Tombes", ma questa prima opera è firmata "Ouraphle". La firma di Jules Laforgue figurò per la prima volta nel 1881, quando sulla "Gazzette des Beaux Arts", pubblicata da Charles Ephrussi, apparve, salutato dallo stupore e dalla disapprovazionae dei timorati benpensanti del tempo, il "Sanglot de la Terre".
Grazie all'amicizia di Charles Ephrussi, il poeta ottenne la nomina a lettore dell'imperatrice Augusta di Prussia. Negli anni seguenti, Laforgue seguì la sovrana nei vari spostamenti della corte, ma trovò il tempo di scrivere a Ephrussi, esternandogli il timore di non essere riuscito ad esprimere nel "Sanglot de la Terre" il suo vero pensiero, ed il desiderio di pubblicare un altro poema in sostituzione di questo che egli ora giudicava un fallimento. Apparvero così nel 1885 "Les Complaintes", che, anziché essere la versione riveduta e corretta del "Sanglot de la terre", lo completavano, formando così una meravigliosa, unica espressione del genio di Laforgue. Nel dicembre dello stesso anno il poeta pubblicò "L'imitation de Notre-Dame la Lune", provocando l'attenzione della critica e attirandosi contro gli strali della derisione del pensiero conservatore.
Ma, finalmente, nel cielo plumbeo della vita di Laforgue, apparve un poco di azzurro: il suo matrimonio con Miss Leah Lec, la sua insegnante d'Inglese. Ma la parentesi di gioia durò poco; nel 1887, stroncato dalla tubercolosi contratta durante il viaggio di nozze a Londra, Jules Laforgue morì e Leah non tardò a seguirlo.
Ci sono rimaste le sue opere e soprattutto ci è rimasto il "Sanglot de la Terre", la raccolta delle sue poesie giovanili, che il suo amico Ephrussy evitò di distruggere e che ripubblicò per i posteri.
Jules Laforgue seppe indubbiamente esprimere e forgiare idee nuove per il suo tempo, addirittura rivoluzionarie.
Idee che oggi siamo abituati a esprimere con naturalezza nel contesto delle scoperte scientifiche. Ma quando le espresse nelle sue poesie non c'era la presenza culturale necessaria ad ispirarlo. Furono solamente il suo intuito e la sua forza creativa sopperirono il buio del conformismo del suo secolo.
Nel leggere la sua prima raccolta di poesie, "Le Sanglot de la Terre", ci rendiamo conto immediatamente del tremendo dramma psicologico che quest'uomo viveva. Prigioniero del suo secolo, proiettato verso un futuro illuminato, sognava umanità sorelle sperdute nelle vaste regioni dell'universo, addolorato per la propria esistenza di mortale che non gli avrebbe consentito di vedere quel giorno lontano in cui esseri di altri mondi sarebbero giunti sulla Terra per aprire il grande dialogo fraterno.
Ma il suo rammarico non si limitava a questo. Il suo pensiero si soffermava su tanti altri aspetti di questa vita. La poesia di vita che esprimeva attraverso quanto scriveva era sempre rivolta alla chiara presa di coscienza di un uomo posto di fronte all'immenso e imperscrutabile meccanismo cosmico dell'esistenza delle cose.
Ne testimonia il suo stupore di fronte all'indifferenza dei suoi simili nei confronti del mistero della vita e la consapevolezza di essere solo uno sciocco romantico inutilmente abbandonato a rimirare le stelle (dalla rete).
Durante tutta la sua vita, Laforgue fu considerato dalla maggioranza un visionario, neppure ebbe l'appoggio degli altri artisti, in quanto, nonostante il romanticismo imperante, tutti erano ben lontani dal concepire l'immagine di una comunione cosmica tra l'Uomo e il Creato, da lui proposta e auspicata.
E' toccante vedere come in un mondo "globale" come quello di oggi sia più facile comprenderlo, forse dovuto al fatto che in questo new deal sono scomparsi i vecchi pregiudizi religiosi e scientifici e si sono aperti nuovi e piu' vasti orizzonti e oggi le stelle ci sembrano più vicine e più facenti parte del nostro mondo.
Laforgue avrebbe dovuto vivere oggi, nella sua poesia si coglie infatti una visione attuale e moderna, in essa si sente tutta la ribellione di un uomo che vede considerare il suo presente legato ad una ipoteca del passato. Jules Laforgue si sarebbe sentito a suo agio fra la gioventù d'oggi.
Quest'ultima avrebbe fatto della sua poesia, che vuole il presente solo una preparazione al domani, probabilmente una bandiera.
In effetti, ne "L'Impossibile", Laforgue lamenta di essere nato troppo presto e di non poter così vedere l'attuazione dei suoi sogni; ma noi sappiamo che essi sono ormai quasi realtà e quando la mano di un uomo stringerà quella di un abitante delle stelle in un atto di fratellanza cosmica, il pensiero di Jules Laforgue troverà il suo completamento.
Jules Laforgue nacque a Montevideo (Uruguay) da genitori francesi, il 16 agosto del 1860. Anni dopo egli si stabilì nella patria d'origine e iniziò i suoi studi presso il Liceo di Tarbes.
Nel 1879 la rivista "L'Enfer" pubblicò il suo primo poema conosciuto, "La Chanson des Morts", presentato come uno stralcio di un'opera più vasta, "Una Amour dans les Tombes", ma questa prima opera è firmata "Ouraphle". La firma di Jules Laforgue figurò per la prima volta nel 1881, quando sulla "Gazzette des Beaux Arts", pubblicata da Charles Ephrussi, apparve, salutato dallo stupore e dalla disapprovazionae dei timorati benpensanti del tempo, il "Sanglot de la Terre".
Grazie all'amicizia di Charles Ephrussi, il poeta ottenne la nomina a lettore dell'imperatrice Augusta di Prussia. Negli anni seguenti, Laforgue seguì la sovrana nei vari spostamenti della corte, ma trovò il tempo di scrivere a Ephrussi, esternandogli il timore di non essere riuscito ad esprimere nel "Sanglot de la Terre" il suo vero pensiero, ed il desiderio di pubblicare un altro poema in sostituzione di questo che egli ora giudicava un fallimento. Apparvero così nel 1885 "Les Complaintes", che, anziché essere la versione riveduta e corretta del "Sanglot de la terre", lo completavano, formando così una meravigliosa, unica espressione del genio di Laforgue. Nel dicembre dello stesso anno il poeta pubblicò "L'imitation de Notre-Dame la Lune", provocando l'attenzione della critica e attirandosi contro gli strali della derisione del pensiero conservatore.
Ma, finalmente, nel cielo plumbeo della vita di Laforgue, apparve un poco di azzurro: il suo matrimonio con Miss Leah Lec, la sua insegnante d'Inglese. Ma la parentesi di gioia durò poco; nel 1887, stroncato dalla tubercolosi contratta durante il viaggio di nozze a Londra, Jules Laforgue morì e Leah non tardò a seguirlo.
Ci sono rimaste le sue opere e soprattutto ci è rimasto il "Sanglot de la Terre", la raccolta delle sue poesie giovanili, che il suo amico Ephrussy evitò di distruggere e che ripubblicò per i posteri.
Jules Laforgue seppe indubbiamente esprimere e forgiare idee nuove per il suo tempo, addirittura rivoluzionarie.
Idee che oggi siamo abituati a esprimere con naturalezza nel contesto delle scoperte scientifiche. Ma quando le espresse nelle sue poesie non c'era la presenza culturale necessaria ad ispirarlo. Furono solamente il suo intuito e la sua forza creativa sopperirono il buio del conformismo del suo secolo.
Nel leggere la sua prima raccolta di poesie, "Le Sanglot de la Terre", ci rendiamo conto immediatamente del tremendo dramma psicologico che quest'uomo viveva. Prigioniero del suo secolo, proiettato verso un futuro illuminato, sognava umanità sorelle sperdute nelle vaste regioni dell'universo, addolorato per la propria esistenza di mortale che non gli avrebbe consentito di vedere quel giorno lontano in cui esseri di altri mondi sarebbero giunti sulla Terra per aprire il grande dialogo fraterno.
Ma il suo rammarico non si limitava a questo. Il suo pensiero si soffermava su tanti altri aspetti di questa vita. La poesia di vita che esprimeva attraverso quanto scriveva era sempre rivolta alla chiara presa di coscienza di un uomo posto di fronte all'immenso e imperscrutabile meccanismo cosmico dell'esistenza delle cose.
Ne testimonia il suo stupore di fronte all'indifferenza dei suoi simili nei confronti del mistero della vita e la consapevolezza di essere solo uno sciocco romantico inutilmente abbandonato a rimirare le stelle (dalla rete).
città come pensieri sconci,
le vie del piacere interrotte,
ricarichi di risa nel buio,
un attimo poi tutto finisce...
e ti ritrovi nel nulla, senza vita o esistenza alcuna, solo un straccio di stoffa lacerato
RispondiEliminae consunto, sbilenco nela forma, ruvido al tatto, senza trama o ordito,
solo un colore sbiadito allo specchio, solo la sensazione inutilmente......(poesieinsmalto)
Annamaria,
RispondiEliminasottili vie percorrono le ansie del cuore!
Gujil
Caro amico in questo periodo l'ansia è di casa nel mio sspirito,
RispondiEliminagrazie per i tuoi commenti, ciao