Nato a Torino il 23 gennaio 1899, Carlo Betocchi è stato uno dei maggiori poeti italiani del Novecento.
Purtroppo succede facilmente che ci si dimentichi in fretta lo splendido lavoro dei poeti italiani, e così è accaduto per Betocchi, il quale ha ricevuto pochi riconoscimenti in vita ed ora il suo nome rischia davvero di finire nel cosiddetto dimenticatoio.
Si trasferisce a Firenze da bambino quando il padre, impiegato delle Ferrovie dello Stato, viene destinato al capoluogo toscano. Rimane orfano del padre nel 1911 e, dopo essersi diplomato perito agrimensore, frequenta la scuola ufficiali di Parma: viene inviato al fronte nel 1917 e tra il 1918 e il 1920 è volontario in Libia.
Successivamente si trova in Francia e in diverse località dell'Italia centro-settentrionale, per rientrare stabilmente a Firenze dal 1928 al 1938. Questo periodo corrisponde alla sua intensa partecipazione, assieme con Piero Bargellini, allo sviluppo della rivista di ispirazione cattolica "Il Frontespizio": quest'ultima, sulla quale curò a partire dal 1934 la rubrica "La più bella poesia", sarà il luogo dei suoi primi versi e nelle sue edizioni uscirà anche la sua prima raccolta poetica (Realtà vince il sogno in "Il Frontespizio", Firenze, 1932).
Nel 1953 Carlo Betocchi è di nuovo a Firenze impegnato nell'insegnamento di materie letterarie presso il Conservatorio Luigi Cherubini. Dal 1961 al 1977 è redattore della rivista "L'Approdo Letterario".
L'itinerario della poesia e del pensiero di Carlo Betocchi va da una felice fiducia nella Provvidenza ai forti dubbi e ai dolenti ripensamenti nella vecchiaia dopo una terribile esperienza di dolore.
Lo stesso Betocchi affermava "La mia poesia nasce dall'allegria; anche quando parlo di dolore la mia poesia nasce dall'allegria. È allegria del conoscere, l'allegria dell'essere e dell'essere e del saper accettare e del poter accettare".
Lo stesso Betocchi affermava "La mia poesia nasce dall'allegria; anche quando parlo di dolore la mia poesia nasce dall'allegria. È allegria del conoscere, l'allegria dell'essere e dell'essere e del saper accettare e del poter accettare".
Dal 1932 sono numerose le raccolte poetiche di Carlo Betocchi con tanti passaggi, mai inutili, da "Realtà vince il sogno" fino all'"Estate di San Martino" del 1961 e "Un passo, un altro passo" del 1967 e a "Prime e ultimissime" del 1974, "Poesie del sabato" (1980).
Dopo la seconda guerra mondiale Betocchi ha pubblicato "Notizie di prosa e poesia" (1947), "Un ponte sulla pianura" (1953), "Poesie" (1955).
In lui l'ansia di illuminazione religiosa si incontra con una tenace volontà di concretezza e di accettazione della realtà, per cui la trascendenza traspare dentro e oltre le misure visibili dei passaggi, degli interni casalinghi, degli oggetti. Nelle ultime raccolte si accentuò una più amara e dubbiosa visione del mondo.
Poeta cristiano e popolare, poeta degli affetti e della solidarietà con le creature, scabro essenziale poeta delle cose degli oggetti, dei paesaggi per balzare direttamente sul piano emozionale della voce e del canto, con il massimo, sempre, di controllo: la situazione di vita che Betocchi canta è di povertà (non di miseria).
Povertà come si può dire della cucina toscana che è cucina di "cibi poveri": necessità essenziale, dunque, come essenziali sono le manifestazioni della natura e delle esigenze vitali.
Mai il superfluo, mai l'addobbo, mai l'arredamento entrerà a turbare la linea asciutta del suo canto.
Povertà come si può dire della cucina toscana che è cucina di "cibi poveri": necessità essenziale, dunque, come essenziali sono le manifestazioni della natura e delle esigenze vitali.
Mai il superfluo, mai l'addobbo, mai l'arredamento entrerà a turbare la linea asciutta del suo canto.
Carlo Betocchi muore a Bordighera, in provincia di Imperia, il 25 maggio 1986.
Nel 1999 è uscito "Dal definitivo istante. Poesie scelte e inediti" (Biblioteca Universale Rizzoli) con poesie scelte e molte poesie inedite, curato da Giorgio Tabanelli, con interventi di Carlo Bo e Mario Luzi. (biografie on line)
Quasi ubriaco
Quasi ubriaco l'amore, declinando
le vampe dei sensi, in me resiste
ed è esigente ; e le sue torbide brame
d'una in altra visione volgendo
di tormento in tormento, mi rende
stremato da questa vita di fantasmi,
simile all'acqua oleosa dei porti,
che risciacqua di chiglia in chiglia
un lamento di mare morto,
di vecchi barchi ancorati alla banchina.
Carlo Betocchi
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