preṡunzióne (ant. o pop. proṡunzióne) s. f. [dal lat. praesumptio -onis, der. di praesumĕre «presumere», part. pass. praesumptus]. –
1.
a. Argomentazione o congettura per cui da fatti noti o anche in parte immaginati si ricavano opinioni e induzioni più o meno sicure intorno a fatti ignorati: l’arciprete ci era sconosciuto, ... che fosse vecchio era semplice nostra presunzione (Montale); nella p. che ..., supponendo che ...: nella p. che il danno sia stato provocato da lui, dev’essere lui a risarcirlo.
b. Nel linguaggio giur. e giudiziario: p. d’innocenza, principio (derivato dalla tradizione giuridica anglosassone) per cui chi sia accusato di un crimine è da ritenersi innocente finché non sia stata confermata (a seguito di un regolare processo) la sua colpevolezza. P. legale, quella che si configura quando la legge stessa indica le conseguenze che si devono trarre in via induttiva dalla prova di determinati fatti (per es., p. legale di concepimento, quando la nascita avvenga dopo centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e prima di trecento giorni dal suo scioglimento o annullamento); in partic., p. assolute, o iuris et de iure (cioè, «del diritto e sul diritto»), se non ammettono prova contraria; p. relative, o iuris tantum (cioè, «soltanto del diritto»), quelle che dispensano dalla prova coloro cui giovano, ma possono essere superate attraverso prove contrarie da parte di chi ha interesse a contestarle; p. semplici, quelle lasciate all’apprezzamento discrezionale del giudice; p. muciana, quella secondo la quale, ai fini delle procedure fallimentari, si considerano proprietà del fallito i beni acquistati dal coniuge di questo nel quinquennio antecedente alla dichiarazione di fallimento (v. anche muciano).
2. Fiducia eccessiva nelle proprie capacità, alta ed esagerata opinione di sé, con riferimento a un comportamento particolare e determinato: questa è vera e propria p.!; se non è p. la mia, penso di poter dire sull’argomento una parola definitiva; o con riferimento a un atteggiamento abituale, a un difetto costante: è un giovane pieno di p.; sopporto tutto nei miei collaboratori ma non la p.; sarebbe più simpatico se mettesse un limite alla sua presunzione. Nell’uso letter. e ant., anche con il sign. di ardire, audacia: non dubito punto che tu non ti debbi maravigliare della mia p. sentendo quello per che principalmente qui venuta sono (Boccaccio); e con quello di pertinacia, contumacia: Star li convien da questa ripa in fore, Per ognun tempo ch’elli è stato, trenta, In sua presunzïon (Dante), trenta volte il tempo che egli è rimasto nella superba ostinazione di non sottomettersi alla Chiesa. Nella teologia cattolica, peccato di p. (o p. della propria salvezza, o di salvarsi senza merito), peccato che si oppone alla virtù della speranza in quanto ripone nell’uomo la capacità di raggiungere la salvezza eterna, senza il concorso della grazia. ◆ Dim., non com. preṡunzioncèlla.
1.
a. Argomentazione o congettura per cui da fatti noti o anche in parte immaginati si ricavano opinioni e induzioni più o meno sicure intorno a fatti ignorati: l’arciprete ci era sconosciuto, ... che fosse vecchio era semplice nostra presunzione (Montale); nella p. che ..., supponendo che ...: nella p. che il danno sia stato provocato da lui, dev’essere lui a risarcirlo.
b. Nel linguaggio giur. e giudiziario: p. d’innocenza, principio (derivato dalla tradizione giuridica anglosassone) per cui chi sia accusato di un crimine è da ritenersi innocente finché non sia stata confermata (a seguito di un regolare processo) la sua colpevolezza. P. legale, quella che si configura quando la legge stessa indica le conseguenze che si devono trarre in via induttiva dalla prova di determinati fatti (per es., p. legale di concepimento, quando la nascita avvenga dopo centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e prima di trecento giorni dal suo scioglimento o annullamento); in partic., p. assolute, o iuris et de iure (cioè, «del diritto e sul diritto»), se non ammettono prova contraria; p. relative, o iuris tantum (cioè, «soltanto del diritto»), quelle che dispensano dalla prova coloro cui giovano, ma possono essere superate attraverso prove contrarie da parte di chi ha interesse a contestarle; p. semplici, quelle lasciate all’apprezzamento discrezionale del giudice; p. muciana, quella secondo la quale, ai fini delle procedure fallimentari, si considerano proprietà del fallito i beni acquistati dal coniuge di questo nel quinquennio antecedente alla dichiarazione di fallimento (v. anche muciano).
2. Fiducia eccessiva nelle proprie capacità, alta ed esagerata opinione di sé, con riferimento a un comportamento particolare e determinato: questa è vera e propria p.!; se non è p. la mia, penso di poter dire sull’argomento una parola definitiva; o con riferimento a un atteggiamento abituale, a un difetto costante: è un giovane pieno di p.; sopporto tutto nei miei collaboratori ma non la p.; sarebbe più simpatico se mettesse un limite alla sua presunzione. Nell’uso letter. e ant., anche con il sign. di ardire, audacia: non dubito punto che tu non ti debbi maravigliare della mia p. sentendo quello per che principalmente qui venuta sono (Boccaccio); e con quello di pertinacia, contumacia: Star li convien da questa ripa in fore, Per ognun tempo ch’elli è stato, trenta, In sua presunzïon (Dante), trenta volte il tempo che egli è rimasto nella superba ostinazione di non sottomettersi alla Chiesa. Nella teologia cattolica, peccato di p. (o p. della propria salvezza, o di salvarsi senza merito), peccato che si oppone alla virtù della speranza in quanto ripone nell’uomo la capacità di raggiungere la salvezza eterna, senza il concorso della grazia. ◆ Dim., non com. preṡunzioncèlla.
Dizionariuo TRECCANI
Presunto
Presunto distratto
nel mio pensare,
le tegole del mondo
si scrignano unite.
presunto contesto
nel mio prosieguo,
in un quadro artefatto
rigiungo e rimango.
Presunto contratto
ridolgo e rivolgo
attenzioni lontane
come in un sogno.
Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate
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