L’ ipotesi
“…le esatte geometrie che accompagnano un lancio tecnicamente perfetto, sono espressione ultima ed estrema sintesi filosofica della pesca a mosca…”
“…le esatte geometrie che accompagnano un lancio tecnicamente perfetto, sono espressione ultima ed estrema sintesi filosofica della pesca a mosca…”
Mah!
Sarà anche così ma a me piace pensare in astratto ed associo a questa passione della pesca a mosca (definita spesso insulsa ed insana da vari membri della mia famiglia) la solita serie di patetiche e rinfuse spiegazioni del caso per attenuare il senso di colpa della mia vigile ma spesso soffocata coscienza pseudoecologista.
In effetti, sono ormai svariati anni che pratico la tecnica del “prendi e molla” (‘catch and release’ per gli anglofili anglofoni) il che viaggia ovviamente a braccetto con la coscienza di cui sopra permettendomi di tacitare i lati tutt’ altro che limpidi delle mie razionali convinzioni.
In realtà è una strana passione difficile da descrivere ai più e, quindi, il rischio di annoiare parenti, amici e conoscenti con il racconto dettagliato di quanto avvincente ed importante possa essere l’ attività alieutica è una certezza più che una ipotesi da sottoporre ad attenta verifica.
Ma poco importa l’ assunto, la verità è che questa cosa che si chiama pescare a mosca, a dirla tutta, non si discosta affatto da altri più conosciuti e blasonati hobbies (golf, sci, tennis, ciclismo etc.) portando quindi il malcapitato praticante ad investire il proprio tempo libero e somme di denaro sempre più cospicue alla ricerca di innovazioni estreme che permettano performances clamorose con la magari segreta speranza di diventare leggende del settore od esempi viventi da additare a schiere di neofiti od associazioni varie.
Destini comuni ad altri sports quindi ma comunque ben lontani dall’ altra faccia della medaglia su cui il mondo ha impresso e considera complementare una tra le tante crudeli attività umane: la caccia.
Caccia & Pesca sono da millenni considerati un binomio inscindibile in quanto volte entrambi a ribadire la innegabile superiorità dell’ uomo sul mondo animale che lo circonda.
Ecco che quindi uccidere altro non diventa che una dimostrazione di potere, di supremazia sulla natura ed io non nascondo il mio passato fatto di mattanze di poveri pesci finiti in padella (qualche volta in posti meno nobili ma non prima di essere stati esibiti a guisa di stupido trofeo a qualche noncurante spettatore).
Un po’ mi vergogno di questo passato (il disprezzo giovanile passa anche attraverso episodi che la maturità poi tende inevitabilmente a minimizzare e, il più delle volte, a celare nelle pieghe della mente) ma è stato e non credo sarà più.
Anni di incessanti ricerche condotte a margine di attività principali, scolastiche prima e lavorative poi, hanno condotto finalmente il mio riluttante superego a considerare canoni alternativi ai classici insiti nel binomio succitato e perseguiti dai più per convergere assieme ad uno sparuto gruppo di pionieri alla pratica del “prendi e molla”.
Posso dire con orgoglio e finalmente che ora io “pesco”, non che do la caccia ai pesci.
Sono un felice e compromesso pescatore di pesci.
Compromettersi è insito nella natura dell’ uomo e comporta spesso la chiusura di un occhio e lo scostamento di prospettiva dai propri ferrei principi basilari; ma non è poi così vergognoso o vigliacco, a volte è parte integrante di un percorso maturativo che ognuno di noi fa e, il più delle volte, anche senza rendersene conto.
Le mie prede sono in fondo anche loro frutto di questo compromesso globale che è la vita sul pianeta, scelgono la preda più facile, quella meno faticosa, ed inciampano così nella trappola tesa dall’ essere umano con una facilità a volte disarmante ed incomprensibile; ancora oggi non so capacitarmi di come sia possibile che un pesce possa scambiare quell’ insieme raffazzonato di peli e piume assemblati in una qualche forma per un vero insetto.
Eppure è così ed il tranello architettato, la trappola malcelata, diventa reale pericolo e scatta sulle malcapitate vittime e le strappa dal loro ambiente per proiettarle traumaticamente in un mondo esterno che per noi è vita e per loro morte sicura.
Tornando sul binomio caccia & pesca e sulla differenza sostanziale che ho artificialmente adottato tra queste due brutalità dell’ uomo non sempre necessarie ai fini della sopravvivenza nel pianeta posso tranquillamente dire che non mi va di giudicare gli altri ma assolvo me stesso ogni volta che allamo (termine tecnico che definisce correttamente il convincere un pesce ad abboccare ad un’ esca che cela un uncino ricurvo il cui scopo è infilarsi nella bocca del suddetto animale) una preda e, dopo averla sconfitta ed umiliata con il rituale della cattura, la lascio di nuovo libera e viva nel suo liquido elemento.
So che qualcuno potrebbe considerare brutale questa cosa definendo barbaro e crudele questo stupido e afinalistico divertimento e non posso né voglio dare torto a questo convincimento.
Io so che per me non è così, che per me è diverso e mi basta aver raggiunto l’ obiettivo di perseguire la mia passione senza uccidere più, di avere compreso il potere di dare la morte o la vita senza per questo sentirmi simile a Dio...
Nessun commento:
Posta un commento