La fuga
Frank, un pezzo per organo ed una trascrizione per pianoforte… poi l’ascolto si perde nella musica a seguire melodie secondarie non meno belle della principale.
Il pezzo “Preludio, fuga e variazione op.18” trovo sia molto più bello e suggestivo nella trasposizione pianistica rispetto alla versione originale per organo ed è così che amo ascoltarlo nei rari momenti di solitudine ricercata.
Frank, un pezzo per organo ed una trascrizione per pianoforte… poi l’ascolto si perde nella musica a seguire melodie secondarie non meno belle della principale.
Il pezzo “Preludio, fuga e variazione op.18” trovo sia molto più bello e suggestivo nella trasposizione pianistica rispetto alla versione originale per organo ed è così che amo ascoltarlo nei rari momenti di solitudine ricercata.
“…Il riferimento all’ organo è dimostrato da come funziona bene il Preludio, Fuga e Variazione tradotto sul pianoforte (da Bauer) dalle Six Piéces pour grand orgue, scritte tra il ’60 e il ’62 – anni chiave della ‘presa di coscienza’ franckiana – e opera di passaggio verso i lavori assoluti che il compositore realizzerà o ultimerà nei suoi tre ultimi decenni a partire dal ’60.
Nel trittico a dar vita al Preludio è un tema cullante di Siciliana che sarà poi nelle corde di Faurè e Ravel, sigla dell’ Ars Gallica.
Una cadenza divisa tra stile severo e modi ornamentali porta alla Fuga il cui soggetto è ricavato per via ciclica da quello del Preludio, che, torna in forma variata come congedo…”
Le spiegazioni tecniche mi lasciano ancora oggi in un senso di prostrazione e difficoltà indicibile (non conosco la musica, la ascolto solamente), ma continuo a leggerle sperando di ricavarci, oltre agli ovvi schemi tecnici, anche qualche vaga dissonanza sentimentale che mi aiuti a capire come un pezzo è stato concepito e poi descritto sul pentagramma.
La verità è che la musica è una costante che accompagna la mia vita da sempre, nei momenti belli e brutti con una fedeltà difficilmente riscontrabile in altre situazioni.
La musica come rapimento, come concrezione nell’ anima.
La musica come fuga da tutto per innalzamento od abbassamento dei livelli personali.
La musica come gioia e dolore.
La musica come amore.
La musica come naturale interpretazione ed estrinsecazione del nostro essere più intimo.
La musica e basta.
La musica ed i miei sempre più rari momenti per ascoltarla ed ammirarla.
Nel trittico a dar vita al Preludio è un tema cullante di Siciliana che sarà poi nelle corde di Faurè e Ravel, sigla dell’ Ars Gallica.
Una cadenza divisa tra stile severo e modi ornamentali porta alla Fuga il cui soggetto è ricavato per via ciclica da quello del Preludio, che, torna in forma variata come congedo…”
Le spiegazioni tecniche mi lasciano ancora oggi in un senso di prostrazione e difficoltà indicibile (non conosco la musica, la ascolto solamente), ma continuo a leggerle sperando di ricavarci, oltre agli ovvi schemi tecnici, anche qualche vaga dissonanza sentimentale che mi aiuti a capire come un pezzo è stato concepito e poi descritto sul pentagramma.
La verità è che la musica è una costante che accompagna la mia vita da sempre, nei momenti belli e brutti con una fedeltà difficilmente riscontrabile in altre situazioni.
La musica come rapimento, come concrezione nell’ anima.
La musica come fuga da tutto per innalzamento od abbassamento dei livelli personali.
La musica come gioia e dolore.
La musica come amore.
La musica come naturale interpretazione ed estrinsecazione del nostro essere più intimo.
La musica e basta.
La musica ed i miei sempre più rari momenti per ascoltarla ed ammirarla.
Ogni tanto guardo i miei CDs disordinati (tranne quelli di classica in rigoroso ordine alfabetico per autore) e scopro quelli ancora perfettamente avvolti dalla pellicola di plastica (nuovi!) che amo tenere leggermente all’ infuori rispetto agli altri allo scopo di segnalare a me stesso una cosa che so già, la mancanza cronica e continua del cruciale fattore tempo.
Ma sono lì, a fare bella mostra di sè, ed io li rimiro, li tocco, li conto, in attesa della futura meritata ed agognata (almeno per adesso) pensione per illudermi che allora si che potrò riascoltare la musica come un tempo, come facevo da ragazzo quando liceale imberbe vivevo di armoniche sonorità e poesia (ma anche di qualcosa d’ altro ricordo bene).
Nei momenti di ripensamento la tristezza è più forte e mi illudo che riuscirò a trasmettere tutta la mia passione musicale e quella per la pesca a mosca (vedi paragrafo “L’ Ipotesi”) a mia figlia Carolina e, in questo, non credo di essere una genitore diverso dagli altri.
Quando la sensazione di solitudine prevarica con prepotenza il quotidiano, specie in Inverno e di Domenica mattina, amo riascoltare i miei pezzi più belli e, tra questi, la “Sonatina in La minore” di Gianluigi Centemeri musicista monzese (la città in cui sono nato e dove continuo a vivere da allora), morto già da qualche anno, ritenuto un minore (si ritrova qualche sua traccia biografica, peraltro estremamente didascalica e ridotta all’ osso, sull’ enciclopedia della musica edita da Garzanti) ma che ho avuto la grande fortuna di conoscere personalmente in quanto nonno (lui, non io ovviamente) di un mio caro amico del liceo; forse in parte la devo a lui questa fortuna della mia vita che è la musica.
E’ un pezzo fantastico che ovviamente quasi nessuno conosce perché nessuna etichetta si è mai sognata di incidere le musiche di Centemeri ma Marco (l’ amico di cui sopra nonché nipote del musicista) lo ha registrato per sé durante un concerto dal vivo e così anch’ io ne sono felice possessore ed attento e rapito ascoltatore.
Quindi la musica, classica preferibilmente la mattina o la sera e d’ Inverno, ma anche il Rock (prepotente amico della mia adolescenza e di questa incipiente maturità) con tutti i suoi mostri sacri più noti (risparmio pietosamente un elenco), un po’ di New Age (la mia musica adatta per guidare) e i cantautori italiani (memoria storica della mia fanciullezza).
Migliaia di dischi per giorni e giorni di teorico ascolto continuo.
Un mio modo per trovare una via di fuga alquanto normale ma,spero, condiviso da molti.
Quando la sensazione di solitudine prevarica con prepotenza il quotidiano, specie in Inverno e di Domenica mattina, amo riascoltare i miei pezzi più belli e, tra questi, la “Sonatina in La minore” di Gianluigi Centemeri musicista monzese (la città in cui sono nato e dove continuo a vivere da allora), morto già da qualche anno, ritenuto un minore (si ritrova qualche sua traccia biografica, peraltro estremamente didascalica e ridotta all’ osso, sull’ enciclopedia della musica edita da Garzanti) ma che ho avuto la grande fortuna di conoscere personalmente in quanto nonno (lui, non io ovviamente) di un mio caro amico del liceo; forse in parte la devo a lui questa fortuna della mia vita che è la musica.
E’ un pezzo fantastico che ovviamente quasi nessuno conosce perché nessuna etichetta si è mai sognata di incidere le musiche di Centemeri ma Marco (l’ amico di cui sopra nonché nipote del musicista) lo ha registrato per sé durante un concerto dal vivo e così anch’ io ne sono felice possessore ed attento e rapito ascoltatore.
Quindi la musica, classica preferibilmente la mattina o la sera e d’ Inverno, ma anche il Rock (prepotente amico della mia adolescenza e di questa incipiente maturità) con tutti i suoi mostri sacri più noti (risparmio pietosamente un elenco), un po’ di New Age (la mia musica adatta per guidare) e i cantautori italiani (memoria storica della mia fanciullezza).
Migliaia di dischi per giorni e giorni di teorico ascolto continuo.
Un mio modo per trovare una via di fuga alquanto normale ma,spero, condiviso da molti.
Anche se lo conoscevo già, è sempre emozionante...
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