Campagna mia, sabina o tiburtina
(ma chi non ha cuore di ferirmi sostiene
che tu sei tiburtina, anche se gli altri
per dirti sabina darebbero ogni cosa),
sabina dunque o tiburtina come è vero,
con gioia sono stato lí nella tua villa
fuori Roma a liberarmi di quella tosse
maledetta che certo ho ben meritato
per l'ingordigia di gustare un pranzo splendido.
Volevo godermi la tavola di Sestio:
mi son dovuto leggere un discorso livido
e velenoso contro Anzio, suo rivale.
Di colpo mi scoppia un raffreddore, una tosse
secca, finché non son fuggito qui da te
per curarmi con riposo e decotti.
Ora sto bene e posso quindi ringraziarti
di non aver punito la mia colpa.
Se dovessi subire ancora i suoi libelli,
voglio che il loro lievore procuri a lui,
non a me, brividi e tosse: quello m'invita
solo per leggere i suoi maledetti scritti.
Publio Valerio Catullo
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