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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 24 ottobre 2011

Pupe e poesia

crisalide di nimphalidae
La pupa (più diffusamente denominata crisalide nel solo ambito dei Lepidotteri) è uno stadio che si manifesta nel corso dello sviluppo postembrionale degli Insetti olometaboli e che precede lo stadio di adulto. Lo stadio di pupa è talvolta confuso con quello di ninfa, in realtà proprio delle metamorfosi incomplete, tuttavia gli Autori usano spesso l'aggettivo ninfale per fare riferimento anche alla pupaLa pupa deriva dall'ultima muta larvale. Essendo le larve degli olometaboli completamente differenti nella morfologia, nella dieta alimentare, nell'ambiente in cui vivono, il passaggio dallo stadio giovanile a quello adulto è alquanto impegnativo, perciò lo stadio di pupa si svolge in uno stato di quiescenza, talvolta protetto all'interno di involucri di varia natura.
La pupa si presenta abbastanza simile all'adulto perché vi si riconoscono gli elementi morfologici tipici dell'adulto (suddivisione in capo, torace e addome, presenza delle appendici quali le antenne, l'apparato boccale, le zampe, le ali). La profonda differenza risiede tuttavia nel modo in cui sono articolate le appendici e, soprattutto, nello stato di quiescenza della pupa, che perciò è immobile e non si nutre.
La distinzione fondamentale è fra pupa exarata e obtecta. La pupa exarata ha le appendici libere rispetto al corpo in quanto singolarmente rivestite da una cuticola propria. La pupa obtecta ha invece le appendici evidenti ma saldate al corpo in quanto il tutto è rivestito da un'unica cuticola. Lo sfarfallamento dell'adulto provoca la distruzione in più frammenti dell'involucro pupale nel caso delle pupe exarate, mentre nelle pupe obtecte l'adulto fuoriesce da una sola apertura lasciando l'involucro pupale quasi integro.
Le pupe exarate si distinguono in dectiche e adectiche. La differenza consiste nell'articolazione delle mandibole: le pupe dectiche, tipiche degli olometaboli primitivi, hanno mandibole articolate che usano per praticare il foro di sfarfallamento nel bozzolo; le pupe adectiche hanno invece mandibole non articolate e, quindi, immobili.
 cleopatra crisalide
Le pupe obtecte sono presenti in gran parte dei principali ordini di insetti olometaboli (Lepidotteri, Coleotteri e Imenotteri, oltre ai Ditteri Ortorrafi). La cuticola di queste pupe è piuttosto rigida e la fuoriuscita dell'adulto la lascia pressoché integra. Le mandibole non sono presenti oppure non sono articolate.
In base alla presenza o meno di un involucro di protezione le pupe si distinguono in anoiche, emioiche e evoiche.
Le pupe anoiche sono completamente prive di protezione. Si trovano libere nel substrato (ad esempio sotto la superficie del terreno) oppure fissate in vario modo a determinati supporti. Questo caso si riscontra spesso nelle crisalidi anoiche dei Lepidotteri: la crisalide è legata ad un supporto (es. lo stelo di una pianta) con un filo di seta che la cinge oppure è sospesa per mezzo di uncini (detti cremaster) ad un intreccio di fili sericei che avvolge il supporto.
Le pupe emioiche utilizzano l'exuvia dell'ultimo stadio larvale per proteggersi parzialmente.
Le pupe evoiche utilizzano dei rivestimenti protettivi veri e propri, che hanno il compito di preservare l'insetto dall'evaporazione. L'involucro, detto bozzolo, è costruito dalla larva utilizzando secreti di diversa natura, spesso la seta. Un involucro particolare è il pupario dei Ditteri Ciclorrafi: in questo caso l'involucro, della forma di un ellissoide, è prodotto da una trasformazione biochimica dell'exuvia dell'ultimo stadio larvale (da wikipedia).

Crisalide

L' albero verde cupo
si stria di giallo tenero e s'ingromma.
Vibra nell'aria una pietà per l'avide
radici, per le tumide cortecce.
Son vostre queste piante
scarse che si rinnovano
all'alito d'Aprile, umide e liete.
Per me che vi contemplo da quest'ombra,
altro cespo riverdica, e voi siete.
Ogni attimo vi porta nuove fronde
e il suo sbigottimento avanza ogni altra
gioia fugace; viene a impetuose onde
la vita a questo estremo angolo d'orto.
Lo sguardo ora vi cade su le zolle;
una risacca di memorie giunge
al vostro cuore e quasi lo sommerge.
Lunge risuona un grido: ecco precipita
il tempo, spare con risucchi rapidi
tra i sassi, ogni ricordo è spento; ed io
dall'oscuro mio canto mi protendo
a codesto solare avvenimento.
Voi non pensate ciò che vi rapiva
come oggi, allora, il tacito compagno
che un meriggio lontano vi portava.
Siete voi la mia preda, che m'offrite
un'ora breve di tremore umano.
Perderne, non vorrei neppure un attimo:
è questa la mia parte, ogni altra è vana.
La mia ricchezza è questo sbattimento
che vi trapassa e il viso
in alto vi rivolge; questo lento
giro d'occhi che ormai sanno vedere.
Così va la certezza d'un momento
con uno sventolio di tende e di alberi
tra le case; ma l'ombra non dissolve
che vi reclama, opaca. M'apparite
allora, come me, nel limbo squallido
delle monche esistenze; e anche la vostra
rinascita è uno sterile segreto,
un prodigio fallito come tutti
quelli che ci fioriscono d'accanto.
E il flutto che si scopre oltre le sbarre
come ci parla a volte di salvezza;
come può sorgere agile
l'illusione, e sciogliere i suoi fumi.
Vanno a spire sul mare, ora si fondono
sull'orizzonte in foggia di golette.
Spicca una d'esse un volo senza rombo,
l'acque di piombo come alcione profugo
rade. Il sole s'immerge nelle nubi,
l'ora di febbre, trepida, si chiude.
Un glorioso affanno senza strepiti
ci batte in gola: nel meriggio afoso
spunta la barca di salvezza, è giunta:
vedila che sciaborda tra le secche,
esprime un suo burchiello che si volge
al docile frangente - e là ci attende.
Ah crisalide, com'è amara questa
tortura senza nome che ci volve
e ci porta lontani - e poi non restano
neppure le nostre orme sulla polvere;
e noi andremo innanzi senza smuovere
un sasso solo della gran muraglia;
e forse tutto è fisso, tutto è scritto,
e non vedremo sorgere per via
la libertà, il miracolo,
il fatto che non era necessario!
Nell'onda e nell'azzurro non è scia.
Sono mutati i segni della proda
dianzi raccolta come un dolce grembo.
Il silenzio ci chiude nel suo lembo
e le labbra non s'aprono per dire
il patto ch'io vorrei
stringere col destino: di scontare
la vostra gioia con la mia condanna.
È il voto che mi nasce ancora in petto,
poi finirà ogni moto. Penso allora
alle tacite offerte che sostengono
le case dei viventi; al cuore che abdica
perché rida un fanciullo inconsapevole;
al taglio netto che recide, al rogo
morente che s'avviva
d'un arido paletto, e ferve trepido.

Eugenio Montale


Claudio Caldana, Crisalide 3


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