Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Eugenio Montale
forse un mattino
di limpido cielo
respirando fragranze
di monti...
Forse: il primo verso si apre con un’ipotesi che segna l’intero componimento. Il futuro ipotetico ("Forse... vedrò") serve a introdurre il "miracolo" (cioè la percezione del "nulla") come un possibile eppur straordinario evento, che infrange le leggi naturali; aria di vetro = tersa come il cristallo; così tersa, limpida e secca da sembrare artificiale, indica il carattere irreale di una simile esperienza; rivolgendomi = voltandomi indietro; compirsi = realizzarsi; il miracolo = l’evento straordinario; nulla: provoca una sensazione di vertigine. terrore di ubriaco: esprime il terrore di chi ha perso ogni stabile punto di riferimento, come gli ubriachi che possono cadere a terra in ogni momento. Come s’uno schermo: come sopra uno schermo cinematografico (metafora che richiama il mondo dell’uomo moderno), si proiettano le immagini che a noi sembrano reali (inganno consueto) ma sono frutto invece di un’illusione ottica; di gitto = freneticamente, una cosa sull’altra. Sarà troppo tardi: ormai ha visto il nulla e il poeta ha acquisito una consapevolezza che lo rende diverso da tutti gli altri uomini (gli uomini che non si voltano) che continuano a credere alla realtà apparente (dalla rete).
e d'acque che fresche dissetano
RispondiEliminadove mondi popolano le nubi nel cielo plumbeo,
e squarci di vita
ricominciano a presentarsi
oltre tempo e memoria
in quel confine ultimo del mondo....
"poesieinsmalto"
Annamaria, là, si sta bene!
RispondiEliminaGujil