«Ulisse»,
che chiude la raccolta Mediterranee, è una lirica ispirata da un sentimento di serena, coraggiosa accettazione della vita che ha i suoi punti fermi (simboleggiati dal porto illuminato), ma nella sua essenza è ricerca incessante, navigazione verso l’ignoto. Il tema essenziale della poesia è quello ossessivo della solitudine e del rifiuto del conformismo, cioè dell’essere necessariamente come gli altri. Il poeta Saba, come un novello Ulisse, rifiuta la sicurezza del porto e si lascia trascinare al largo dall’amore della vita. La poesia può essere suddivisa in due blocchi presentati dagli indicatori temporali «Nella mia giovinezza» e «Oggi». Ciò che li caratterizza è il destino del poeta: all’«Ho navigato» della giovinezza corrisponde il «me al largo sospinge ancora» proprio della vecchiaia: il viaggio e la ricerca sono dunque la costante dell’esistenza. Nella prima parte Saba ricorda di quando, ancora giovinetto (probabilmente negli anni che intercorrono tra il 1899, cioè quando terminò gli studi all’accademia di commercio e nautica, e il 1903, quando si stabilì a Pisa), aveva navigato, in qualità di mozzo, nell’Adriatico, lungo le coste della Dalmazia; quel viaggio è qui utilizzato come metafora della
vita. Il ricordo si sofferma sugli isolotti, qui con ogni evidenza metafora dei pericoli e delle attrazioni (il male), belli ed insidiosi e abitati da uccelli rari (il bene); la loro scivolosità equivale alla pericolosità delle umane illusioni e dei richiami a cui un giovane non può resistere. Quegli isolotti con la marea e con l’oscurità della notte si rendono pressoché invisibili e così le navi si trovano a dover orientare le loro vele in senso opposto a quello da cui soffia il vento, per poterli scansare, per evitare di imbattersi in quegli ostacoli mortali. Anche qui possiamo leggere una metafora: quegli scogli potrebbero essere le illusioni umane ed i richiami che tanto attirano i giovani; a volte percepibili dall’uomo e a volte oscuri, essi portano il giovane ad addentrarsi in esperienze talvolta dannose. Nella seconda parte il poeta scrive di non avere più paura di quegli scogli, di quegli ostacoli che un tempo tentava di scansare; nella sua piena maturità («Oggi») egli vive «in quella terra di nessuno.» Qui si allaccia il ricordo del porto, simbolo di pace, di riposo e di sicurezza, quel posto dove Saba non può sostare perché egli né vuole népuò interrompere la ricerca perpetua che aveva avviato nella sua giovinezza; il porto è, la sicrezza delle sue luci sono per gli «altri», per chi vuole ritirarsi in una tranquilla vecchiaia. Saba non si può fermare, il suo spirito ribelle lo porta ad affrontare la vita, non lo lascia accasciare nella vecchiaia, lo fa lottare, abbracciarsi con le gioie e scontrarsi con le insidie. Il porto con le sue luci, il facile approdo, la sicurezza, non sono per lui; uno spirito ancora non domato, tuttora curioso di conoscere e di provare nuove esperienze e nuove emozioni, l'amore della vita che pure ha subito tante dolorose sconfitte, lo spingono al largo, a non accontentarsi di facili approdi e di territori già esplorati e senza rischi.
La lirica è rappresentata da un'unica strofa di tredici endecasillabi non legati da alcun sistema di rime, assenza compensata dall'importante parola–rima «largo» ai versi otto e undici, da una ricca sequenza di enjambement: raro/un uccello; al sole/belli; l’alta/marea; il porto/accende. Il nucleo tematico, il viaggio e la continua ricerca del poeta, è rivelato negli ultimi versi e la chiave interpretativa è già nel titolo, il quale suggerisce l’affinità del destino di ricerca che unisce Saba ad Ulisse. Egli intende affermare il proprio impegno morale di ricerca, che passa attraverso il rifiuto delle soluzioni facili e scontate (le luci del porto) che il poeta lascia agli altri. Il poeta paragona il proprio inquieto e avventuroso amore della vita allo spirito di ricerca che spinse Ulisse attraverso i mari. Gli isolotti che con la loro bellezza e insidiosità, sono punto di appoggio di uccelli rari, rappresentano la solitudine e la compresenza di male e bene tipiche della ricerca illimitata. Nel viaggio della vecchiaia il poeta vive in sé ed elegge a suo regno «quella terra di nessuno». La solitudine in questo modo si accentua e si pone come auto–esclusione. La seconda parte della poesia segna, infatti, un netto contrasto tra gli uomini che si fermano alle facili sicurezze che il porto può offrire e il poeta che è al largo, avendo scelto gli spazi del mare e dell’incognito che esso simboleggia. Il viaggio, proprio perché nasce da uno spirito che non è stato annullato dal male, ma è alimentato dall’amore legato al dolore della vita, non può conoscere soste e tende all’infinito (dalla rete).
Ulisse
Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti a fior d’onda emergevano, ove raro un uccello sostava intento a prede, coperti d’alghe, scivolosi, al sole belli come smeraldi. Quando l’alta marea e la notte li annullava, vele sottovento sbandavano più a largo, per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno è quella terra di nessuno. Il porto accende ad altri i suoi lumi; me al largo sospinge ancora il non domato spirito, e della vita il doloroso amore.
Umberto Saba
isola lontana si vede
come azzurra magia,
per un attimo intenso,
poi ancora scompare
e riappare a marinai diversi...
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