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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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domenica 21 giugno 2009

A Cinque Lune da Nobegmor (IX)

CAPITOLO IX°


Gujil si riebbe al leggero contatto delle carezze di Mizaurio.
- Svegliati Gujil! - gli disse l'amico - Ce l'abbiamo fatta; per tutti i diavoli dell'universo, ce l'abbiamo proprio fatta!
Il Principe, dondolando il capo dolente, si mise a sedere e si massaggiò le spalle contratte per il colpo ricevuto.
Dopo che si fu ripreso completamente si alzò a fatica e poi diresse lo sguardo verso la figura del basilisco che, imprigionato, si dibatteva disperatamente cercando di liberarsi dalla terribile morsa che lo avvolgeva alla gola, ma tutti i suoi immani sforzi risultavano vani e la catena, anzichè allentare la presa, lo costringeva sempre più e a tal punto che il respiro del mostro, prima possente e prolungato, si era ridotto ad un breve e faticoso rantolo.
Dal becco, semiaperto per lo sforzo del respiro e della fatica più non usciva alcun suono ma un rivolo di bava che si rovesciava sul terreno.
Gli occhi stralunati sembrava quasi stessero per fuoriuscire dalle orbite.
L'animale era stremato e dopo alcuni minuti stramazzò rovinosamente al suolo, sconquassandolo, con un debole gemito.
- E' morto! - esclamò Mizaurio.
Le sue parole furono subito smentite dal movimento del corpo del mostro che ne tradiva il respirare affannoso.
- No ..., No ..., - riprese lo scudiero - è solamente svenuto.
che hai mio Principe? - chiese preoccupato Mizaurio rivolgendosi a Gujil che, appoggiato con un braccio all'enorme fusto del cedro seguiva pensieroso la scena.
Dopo alcuni attimi Gujil abbandonò quella posizione e, rivolgendosi all'amico, gli disse:
- Ho visto i suoi occhi, amico mio, e ne sto provando una forte paura.
Ho incontrato il dolore nella sua essenza più intima ed è stata una cosa terrificante, un sovrapporsi su tutto e su tutti e, per un interminabile attimo mi sono sentito morire ed ho avuto il mio cuore squarciato da fitte di indescrivibile potenza.
Credo che non riuscirò mai a dimenticare la profondità abissale di quello sguardo e a questa idea fatico a controllare il terrore che è in me e dilagare vorrebbe.
Ho il cuore che batte troppo forte nel petto, è un rumore che mi appanna il pensiero e la vista.
Mio dio! Mizaurio...
Dimmi che mi sta succedendo perché io non lo riesco a comprendere.
Ciò che provo sta diventando insopportabile ed il peso, qui, sullo stomaco, mi provoca un insostenibile dolore.
Stringimi forte la mano Mizaurio, affinché io possa sentirti vicino e lenire questo freddo che in me aleggia, al contatto con il tuo calore che so amico e compagno.
Ciò detto con la sua mano strinse con forza quella dello scudiero che si era protesa verso di lui; poi tacque.
Dai suoi occhi sbocciarono gocce imperlate che ne rigarono il viso provato e stravolto.
Scese il silenzio in quella piccola valle e la luna, fino ad allora celata da una densa coltre di nubi, fece capolino nella volta celeste e li illuminò di un tenue chiarore.
Quel lento e trattenuto singhiozzare continuo di Gujil riempiva l'animo del fedele Mizaurio di un'immensa tristezza.
Poi, insieme, raccolsero della legna da ardere per dare calore alla notte che avrebbero dovuto trascorrere prima di intraprendere la via del ritorno.
Non appena la fiamma ebbe preso vigore, intorno a quel fuoco, per un breve tratto parve dileguarsi il buio ma il silenzio restava pesante e veniva interrotto solo dal crepitio del legno secco attaccato dal fuoco.
Con un enorme sforzo, Gujil era riuscito ad allontanare da sé la disperazione che gli aveva invaso la mente e l'anima e stava riposando, tranquillamente addormentato, al tepore del falò.
Mizaurio, immerso in un turbinio di pensieri, stava svogliatamente sgranocchiando una galletta di segale in attesa che il sonno e la stanchezza rapissero anche le sue membra.
Fissava i bagliori delle fiamme con uno sguardo preoccupato.
- Beh, ora è tardi ed è tempo che mi prenda un po' di riposo. - disse ad alta voce tra sé e sé e, prima di distendersi sull'improvvisato giaciglio, si mise a raccogliere altra legna da aggiungere al fuoco perché non si spegnesse durante la notte.
Con un'enorme fascina sulle spalle si volse, guardando per un'ultima volta la radura che era stata teatro della loro epica impresa ed osservò la figura del basilisco la cui mole enorme era perfettamente distinguibile anche nella fitta oscurità notturna.
Sospirò rumorosamente, fece dietro-front e si accinse ad aggiungere altra legna al fuoco che andava ormai languendo.
Quando fu tranquillo che la forza delle fiamme li avrebbe protetti per tutto il resto della nottata si tolse la cintura con la spada dalla vita e si sistemò ad attendere il sonno.
Teneva la mano saldamente costretta sull'elsa di quell'arma che aveva disteso al suo fianco.
Sorretto da quel rassicurante contatto quasi subito si addormentò.

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