CAPITOLO II°
Il suono della voce del vecchio svanì affievolendosi e le fiamme ripresero il loro solito aspetto di sempre rinvigorendo le ossa di Gujil, Mizaurio e dei loro uomini, gelate dal grande senso di spavento che avevano appena provato.
Gujil, la testa piena di domande senza risposta, non chiuse occhio quella notte e Mizaurio e gli uomini della loro scorta gli tennero compagnia, vegliando sulle loro vite, adducendo al pretesto di avere già abbondantemente riposato in precedenza.
La prima luce del nuovo giorno li trovò pronti alla partenza.
La rugiada del mattino bagnava ogni cosa nella foresta e la terra beveva quell'umidità mentre la fitta nebbia nascondeva alberi ed immagini alla vista degli uomini intenti a riordinare le ultime cose prima di partire alla volta di Sinocon.
Il gruppo si mosse che ancora il sole non era riuscito a diradare, con i suoi caldi e luminosi raggi, la densa coltre della foschia mattutina.
Gujil in testa, affiancato da Mizaurio, faticava a trattenere la prorompente voglia di corsa della sua cavalcatura ed intanto ripensava all'episodio di quella notte cercando un nesso che lo potesse aiutare a capire quale comportamento sarebbe meglio adottare.
Gli fece piacere scoprire che mai nei suoi pensieri si era affacciato il desiderio di fuga ma, anzi, che in lui si era incrementata quella voglia di arrivare fino in fondo al problema.
Sognando ad occhi aperti si immaginava ormai di fronte ad Arhiac a parlarle parole dolci di miele per conquistare il suo cuore intristito e dolente e, nel suo fantasticare, credette di assaporare la fragranza delle labbra di lei ed il calore del suo abbraccio.
Ben altre prospettive si affacciavano alla mente di Mizaurio.
Lo scudiero pensava a quali pericoli avrebbero dovuto, loro malgrado, affrontare prima di arrivare alla meta e la cosa lo faceva sentire decisamente a disagio ed i suoi pensieri tornavano invariabilmente ai giorni in cui quell'assurda avventura non era ancora che una chimerica illusione nella testa di Gujil.
Mizaurio amava Gujil ma lo considerava impulsivo e testardo e non riusciva ancora a capacitarsi di come avesse potuto una persona, così colta ed intelligente, quale era il suo beneamatissimo Principe, innamorarsi di una donna che non solo mai aveva visto, ma sulla quale correvano tutte quelle voci così poco rassicuranti.
E se, da una parte, prima non aveva mai prestato troppa importanza ai coloriti racconti che circolavano su di lei, Sinocon e sul reame di Opoflop, ora, dopo lo sviluppo degli ultimi avvenimenti, era seriamente preoccupato per la situazione che si andava creando.
Sapeva che, comunque, sarebbe stato impossibile distogliere Gujil da quei ferrei propositi che si era ficcato in testa. Decise, da saggio pragmatico quale era, che l'unica soluzione logica sarebbe stata quella di aspettare e vedere cosa sarebbe successo in seguito.
Il resto del gruppo accompagnava la loro cavalcata con un'antica melodia di Ozman che cantava dell'amore, impossibile e grande, di un poeta con la luminosa stella del Nord.
Il suono di quelle voci penetrava il silenzio della foresta di Opoflop come fosse un appuntito pugnale.
Dopo alcune ore di estenuante marcia il disegno degli alberi si diradò e lasciò spazio ad una larga pianura di tenera erba.
Gujil decise di far fermare la colonna nei pressi di una sorgente per far riposare i loro animali provati dalla lunga cavalcata.
Mentre i cavalli pascolavano liberi, pascendosi dei teneri steli, gli uomini prepararono il campo in cui avrebbero trascorso l'imminente notte.
Il sole nel cielo stava declinando la propria parabola.
gujil, accompagnato da Mizaurio, decise di fare una passeggiata prima di cena ed insieme si avviarono seguendo il ruscello nel senso della corrente.
Assorti nei loro discorsi percorsero molta distanza ed in prossimità del tramonto si trovarono ad un bivio del torrente.
Sulla loro destra, seminascosta da alcune nuvole basse, scorsero in lontananza la sagoma di un lieve pendio alla cui sommità credettero di scorgere le alte chiome di alcuni cipressi.
- guarda Mizaurio, - disse Gujil rivolgendosi all'amico - non sarà forse quello il posto indicatoci da Noretex?
- Mio Signore, non lo possiamo dire con certezza, si, potrebbe esserlo come non esserlo; nel dubbio perché non facciamo ritorno al campo?
Domattina, ai primi chiarori dell'alba, potremo ritornare ad appurarlo.
- Neanche per sogno, - rispose Gujil - ci andremo ora!
- Ma ... mio Gujil, è quasi sera e di notte qui, come hai visto, possono succedere strane cose.
Rientriamo al campo, torneremo domattina.
Con una risata Gujil lo apostrofò scrollando il capo e si diresse deciso verso l'altura.
Mizaurio, allargando le braccia in un plateale gesto di sconforto, affrettò il suo passo per poterlo raggiungere.
A metà della loro salita il sole terminò la sua fatica e le tenebre presero il sopravvento sulla luce.
Dopo i primi istanti caratterizzati da cadute, scivolate, urti, i loro occhi cominciarono ad abituarsi gradualmente alla debole luce emanata dalla stelle e la loro salita ricominciò ad essere spedita.
Arrivarono sulla cima che la notte era ormai profonda.
Il terreno divenne pianeggiante ed in breve si trovarono circondati dagli alti fusti di secolari cipressi.
Ora camminavano a testa alta, incantati dal meraviglioso spettacolo offerto ai loro occhi dalle svettanti chiome di quegli alberi che sembravano danzare la loro mirabile imponenza al perfetto intreccio delle costellazioni che risaltavano i loro precisi disegni nella notte senza
La loro meraviglia venne disturbata dal suono lontano di alcuni deboli gemiti.
- Senti Mizaurio? - chiese Gujil fermando il suo passo.
- Sarà il vento mio Principe. - rispose il compagno.
- No. Taci! Vengono da quella direzione.
Seguimi! - disse Gujil indicando all'amico l'intreccio più fitto degli alberi.
Ciò detto il Signore di Ozman affrettò il passo e, tallonato da Mizaurio, si diresse seguendo la provenienza dei suoni.
Ben presto l'intreccio degli alberi si dispose ordinatamente a formare due file parallele, nel cui interno, sembrava abbozzato un sentiero da tempo dimenticato dai passi degli uomini.
Gujil e Mizaurio inforcarono quella via facendosi strada tra la folta vegetazione di rovi e rampicanti che era cresciuta lussureggiante in mezzo al sentiero.
Alla fine del cammino una grotta si delineò ai loro sguardi.
- Ecco Mizaurio, i gemiti provengono da quella grotta, ora li avverto distintamente.
Presto!
Facciamo presto, qualcuno sta male!
- Arrivo Gujil! - rispose Mizaurio estraendo la spada pronto a difendersi e a difendere il suo Principe da un eventuale attacco.
La loro corsa si arrestò all'ingresso dell'antro e si accorsero della debole luminosità che fuoriusciva da esso.
Calmarono i loro animi ed il loro respiro ed entrarono con circospezione proteggendosi reciprocamente i fianchi.
Il suono della voce del vecchio svanì affievolendosi e le fiamme ripresero il loro solito aspetto di sempre rinvigorendo le ossa di Gujil, Mizaurio e dei loro uomini, gelate dal grande senso di spavento che avevano appena provato.
Gujil, la testa piena di domande senza risposta, non chiuse occhio quella notte e Mizaurio e gli uomini della loro scorta gli tennero compagnia, vegliando sulle loro vite, adducendo al pretesto di avere già abbondantemente riposato in precedenza.
La prima luce del nuovo giorno li trovò pronti alla partenza.
La rugiada del mattino bagnava ogni cosa nella foresta e la terra beveva quell'umidità mentre la fitta nebbia nascondeva alberi ed immagini alla vista degli uomini intenti a riordinare le ultime cose prima di partire alla volta di Sinocon.
Il gruppo si mosse che ancora il sole non era riuscito a diradare, con i suoi caldi e luminosi raggi, la densa coltre della foschia mattutina.
Gujil in testa, affiancato da Mizaurio, faticava a trattenere la prorompente voglia di corsa della sua cavalcatura ed intanto ripensava all'episodio di quella notte cercando un nesso che lo potesse aiutare a capire quale comportamento sarebbe meglio adottare.
Gli fece piacere scoprire che mai nei suoi pensieri si era affacciato il desiderio di fuga ma, anzi, che in lui si era incrementata quella voglia di arrivare fino in fondo al problema.
Sognando ad occhi aperti si immaginava ormai di fronte ad Arhiac a parlarle parole dolci di miele per conquistare il suo cuore intristito e dolente e, nel suo fantasticare, credette di assaporare la fragranza delle labbra di lei ed il calore del suo abbraccio.
Ben altre prospettive si affacciavano alla mente di Mizaurio.
Lo scudiero pensava a quali pericoli avrebbero dovuto, loro malgrado, affrontare prima di arrivare alla meta e la cosa lo faceva sentire decisamente a disagio ed i suoi pensieri tornavano invariabilmente ai giorni in cui quell'assurda avventura non era ancora che una chimerica illusione nella testa di Gujil.
Mizaurio amava Gujil ma lo considerava impulsivo e testardo e non riusciva ancora a capacitarsi di come avesse potuto una persona, così colta ed intelligente, quale era il suo beneamatissimo Principe, innamorarsi di una donna che non solo mai aveva visto, ma sulla quale correvano tutte quelle voci così poco rassicuranti.
E se, da una parte, prima non aveva mai prestato troppa importanza ai coloriti racconti che circolavano su di lei, Sinocon e sul reame di Opoflop, ora, dopo lo sviluppo degli ultimi avvenimenti, era seriamente preoccupato per la situazione che si andava creando.
Sapeva che, comunque, sarebbe stato impossibile distogliere Gujil da quei ferrei propositi che si era ficcato in testa. Decise, da saggio pragmatico quale era, che l'unica soluzione logica sarebbe stata quella di aspettare e vedere cosa sarebbe successo in seguito.
Il resto del gruppo accompagnava la loro cavalcata con un'antica melodia di Ozman che cantava dell'amore, impossibile e grande, di un poeta con la luminosa stella del Nord.
Il suono di quelle voci penetrava il silenzio della foresta di Opoflop come fosse un appuntito pugnale.
Dopo alcune ore di estenuante marcia il disegno degli alberi si diradò e lasciò spazio ad una larga pianura di tenera erba.
Gujil decise di far fermare la colonna nei pressi di una sorgente per far riposare i loro animali provati dalla lunga cavalcata.
Mentre i cavalli pascolavano liberi, pascendosi dei teneri steli, gli uomini prepararono il campo in cui avrebbero trascorso l'imminente notte.
Il sole nel cielo stava declinando la propria parabola.
gujil, accompagnato da Mizaurio, decise di fare una passeggiata prima di cena ed insieme si avviarono seguendo il ruscello nel senso della corrente.
Assorti nei loro discorsi percorsero molta distanza ed in prossimità del tramonto si trovarono ad un bivio del torrente.
Sulla loro destra, seminascosta da alcune nuvole basse, scorsero in lontananza la sagoma di un lieve pendio alla cui sommità credettero di scorgere le alte chiome di alcuni cipressi.
- guarda Mizaurio, - disse Gujil rivolgendosi all'amico - non sarà forse quello il posto indicatoci da Noretex?
- Mio Signore, non lo possiamo dire con certezza, si, potrebbe esserlo come non esserlo; nel dubbio perché non facciamo ritorno al campo?
Domattina, ai primi chiarori dell'alba, potremo ritornare ad appurarlo.
- Neanche per sogno, - rispose Gujil - ci andremo ora!
- Ma ... mio Gujil, è quasi sera e di notte qui, come hai visto, possono succedere strane cose.
Rientriamo al campo, torneremo domattina.
Con una risata Gujil lo apostrofò scrollando il capo e si diresse deciso verso l'altura.
Mizaurio, allargando le braccia in un plateale gesto di sconforto, affrettò il suo passo per poterlo raggiungere.
A metà della loro salita il sole terminò la sua fatica e le tenebre presero il sopravvento sulla luce.
Dopo i primi istanti caratterizzati da cadute, scivolate, urti, i loro occhi cominciarono ad abituarsi gradualmente alla debole luce emanata dalla stelle e la loro salita ricominciò ad essere spedita.
Arrivarono sulla cima che la notte era ormai profonda.
Il terreno divenne pianeggiante ed in breve si trovarono circondati dagli alti fusti di secolari cipressi.
Ora camminavano a testa alta, incantati dal meraviglioso spettacolo offerto ai loro occhi dalle svettanti chiome di quegli alberi che sembravano danzare la loro mirabile imponenza al perfetto intreccio delle costellazioni che risaltavano i loro precisi disegni nella notte senza
La loro meraviglia venne disturbata dal suono lontano di alcuni deboli gemiti.
- Senti Mizaurio? - chiese Gujil fermando il suo passo.
- Sarà il vento mio Principe. - rispose il compagno.
- No. Taci! Vengono da quella direzione.
Seguimi! - disse Gujil indicando all'amico l'intreccio più fitto degli alberi.
Ciò detto il Signore di Ozman affrettò il passo e, tallonato da Mizaurio, si diresse seguendo la provenienza dei suoni.
Ben presto l'intreccio degli alberi si dispose ordinatamente a formare due file parallele, nel cui interno, sembrava abbozzato un sentiero da tempo dimenticato dai passi degli uomini.
Gujil e Mizaurio inforcarono quella via facendosi strada tra la folta vegetazione di rovi e rampicanti che era cresciuta lussureggiante in mezzo al sentiero.
Alla fine del cammino una grotta si delineò ai loro sguardi.
- Ecco Mizaurio, i gemiti provengono da quella grotta, ora li avverto distintamente.
Presto!
Facciamo presto, qualcuno sta male!
- Arrivo Gujil! - rispose Mizaurio estraendo la spada pronto a difendersi e a difendere il suo Principe da un eventuale attacco.
La loro corsa si arrestò all'ingresso dell'antro e si accorsero della debole luminosità che fuoriusciva da esso.
Calmarono i loro animi ed il loro respiro ed entrarono con circospezione proteggendosi reciprocamente i fianchi.
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