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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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domenica 17 luglio 2016

Mendicanti e nuovi poveri

Mendicanti
 
Ci deve essere anche spazio per il lutto
in questa città scintillante

di arroganza cortese.
 
Quelle torri splendenti che promettono
immortalità
– tenetele, tenete tutto –
non è che una valle tremula di portoni

sprangati.
 
Vado verso le colline colori sfocati,
ambra, rossi, blue elettrici.
Da qui posso vedere chiaramente,
 
templi, teatri, luoghi di sapienza e bugie.
E sulla testa? Il silenzio insolente delle stelle.

Siamo meno che mendicanti. Alla fine
 

Pieter Bruegel
"Gli storpi”, o “I mendicanti”, o “I lebbrosi”
Louvre - Parigi
non potremo rubare per te o avere in prestito
un'ora in più,

pur coi nostri poteri, nemmeno un ultimo,
bellissimo, balenante secondo.
 
Gerard Hanberry
"Quello sguardo di sghembo"
Traduzione di Francesca Diano
 
 
 
Sull’opera: “Gli storpi”, o “I mendicanti”, o “I lebbrosi” è un dipinto autografo di Pieter Bruegel, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1568, misura 18 x 21 cm. ed è custodito nel Museo del Louvre a Parigi.
 La tavoletta è firmata e datata, nella parte in basso, sulla sinistra, con la scritta “BRVEGEL M.D.LXVIN”. Anche sul retro appaiono due scritte, forse apocrife, ma  all’apparenza, cinquecentesche. Una, scritta in lingua fiamminga ed incompleta, che esprime un augurio agli storpi:
“[k]ruepelen, hooch, dal u nering betern moeg”
(o storpi, che i vostri affari possano prosperare).
L’altra, formata da due distici in lingua latina, che paragonano la potenza espressiva della pittura con quella della natura, che il Genaille legge e traduce:
 
 “NATVRAE DEERAT N0STRAE QVOD DEFVIT ARTI / HAEC DATA PICTORI GRATIA TANTA [FUIT] / ALIVD / HIC NATVRA STVPET PICTIS EXPRESSA FIGVRIS / VISA SVIS CLAVDIS HVNC BRVEGEL ESSE PAREM”
 
(Nemmeno la natura possiede ciò che manca alla nostra arte, tanto grande è il privilegio concesso al pittore; qui la natura, tradotta in immagini dipinte e vista nei suoi storpi, stupisce rendendosi conto che il Bruegel le è pari).
La piccola-grande opera attualmente si trova in buono stato di conservazione (dalla rete).
 
poveri e poveracci,
eppure la convinzione passa,
si arresta tra le pieghe,
rimane un senso vago,
di inappropriatezza...

sabato 16 luglio 2016

Out of service

sono giorni dove non riesco,
mi sembra tutto così folle!
Poche righe per dire cosa?
per fare cosa?
L'impotenza regna sovrana...
 
Gujil
 
 
impotenza
sostantivo femminile
[dal latino impotentia]
- TRECCANI -
 
– 1. Condizione di chi o di ciò che è impotente, nei varî significati dell’aggettivo: impotenza a operare, a lottare, a tener testa al nemico; impotenza di un governo, delle leggi; riconoscere la propria impotenza di fronte alle forze della natura o alle avversità del destino; lo spettro delle nostre personalità ci viene a visitare: l’impotenza del nostro io si consola affidandosi agli alter ego in potenza che abbiamo abbandonato lungo il cammino (Giuseppe Antonelli); ridurre all’impotenza, mettere nell’impossibilità di agire, di nuocere.
- 2. In medicina, l’incapacità di un organo o di un organismo a esplicare un atto o una funzione: impotenza funzionale di un arto. Per antonomasia, nel linguaggio medico e anche comune, impotenza sessuale, espressione con cui si designa sia lo stato d’incapacità dell’uomo, e meno spesso della donna, a compiere l’atto sessuale (impotentia coëundi) per cause psichiche o organiche, sia l’incapacità a generare (impotentia generandi) per cause organiche.

venerdì 15 luglio 2016

Promenade des Anglais

 
Promenade des Anglais
 
Ancora non vedo, non colgo,
rosso di sangue il percorso,
rossa di sangue anche l'alba.
Da sempre non vedo, non colgo,
le vite spezzate, squassate,
il cuore, l'anima, la mente.
 
Gujil

giovedì 14 luglio 2016

Frammento estivo

 
in questo essere attimi rivedo,
scarnite foglie sui rami,
può essere inverno anche l'estate,
può essere buio anche di giorno...
 
Anonimo
del XX° Secolo
frammenti ritrovati

mercoledì 13 luglio 2016

Nadia B.

Sibila il legno nel camino antico
e par che tristi rimembranze chiami
mentre filtra sottil pei suoi forami
vena di fumo.
O caminetto antico quanto è triste
che nella nera bocca tua rimanga
la legna che non arde e par che pianga
di desiderio,
ma dal profondo della sua poltrona
socchiusi gli occhi, il biondo capo chino
stese le mani al fuoco del camino
Nadia ride.
 
Carlo Michelstaedter
 
 
Talora una verità rimossa ritorna, dopo una lunga attesa. Il buio per tanto tempo e, all'improvviso, un nome e un volto, in uno spiraglio di luce. Quanto basta perché nasca un'inchiesta emozionante che si svolge tra Pietroburgo, Odessa, Berlino, Londra e Firenze, sul destino di Nadia, una giovane anarchica russa, protagonista di un suicidio spettacolare. Sullo sfondo, la rivoluzione del 1905, una società resa immobile dai pregiudizi e dalle ingiustizie sociali, una trama di sogni politici. È una vicenda tutta al femminile, il cui ritmo segue il graduale disvelarsi degli indizi e che al suo apice assume i contorni di un thriller internazionale. Una storia che, in Italia, incrocia la parabola di Carlo Michelstaedter, di cui Sergio Campailla è il massimo conoscitore, con un impatto decisivo e sin qui insospettabile. A distanza di cento anni dagli avvenimenti narrati, Il segreto di Nadia B. (Nadia Baraden), con il suo incalzare di sorprese e rivelazioni, rese possibili anche dall'apertura degli archivi dopo il crollo dell'Unione Sovietica, unisce la forza del racconto alla profondità della ricerca storica. Mentre apre un territorio nuovo, pone domande inquietanti che affascineranno il lettore per la loro attualità. (dalla rete).
 
per i giorni in cui
il freddo è dentro di noi,
profondo e gelido;
per noi che siamo aliti
nel soffio della vita...

martedì 12 luglio 2016

Siccità

Siccità
 
- Quando la siccità sopra la terra avrà disteso
la sua pelle d'asina e cementato l'argilla bianca
intorno alla sorgente, il sale rosa delle saline
annuncerà la rossa fine degli imperi, e la femmina
grigia del tafano, spettro dagli occhi di fosforo,
si lancerà come ninfomane sugli uomini svestiti
delle spiagge... Fango scarlatto del linguaggio,
basta con la tua infatuazione!
(...)

Saint-John Perse
Traduzione di Giorgio Cittadini
I Poemi Provenzali
  
siccità
sostantivo femminile
[dal lat. siccĭtas -atis, der. di siccus «secco»].
- TECCANI - 
 
Mancanza o scarsezza di pioggia, che si protrae per un periodo di tempo eccezionalmente lungo: se continua questa siccità il raccolto sarà dimezzato; l’uva, per la siccità, è poca e stentata. Con significato più particolare, scarsezza di umidità: la siccità dell’aria, del terreno.
 
 
aridità larvate sono le idee,
quelle di oggi seccano,
manca l'acqua del cuore,
manca sostanzialmente l'amore...

lunedì 11 luglio 2016

Luglio..., di Gujil


Luglio occhieggia il mare,
si dirà di più, sempre,
nell'evento passato risposte,
in quello a venire?
Domande?
Luglio prepara valigie
prepara i corpi da mettere in mostra,
retaggio animale...
 
Gujil
 

Frutta: albicocca, amarena, anguria, ciliegia, corniola, fico,
 melone, mirtilli, mora di gelso, nespola del giappone, pera,
 prugna, pesca, pesca noce, lampone, ribes, uva spina.
 

domenica 10 luglio 2016

Meditazione domenicale di un luglio afoso

Bisogna distinguere che caldo fa, se torrido o afoso. E molto spesso, tuttora, si fa moltissima confusione a riguardo. Per caldo torrido si indica un caldo secco, con bassi quantitativi di umidità presenti nella massa d'aria. E' la classica calura "sopportabile", che permette ai valori termici percepiti di essere in linea o comunque vicinissimi ai valori termici reali. E' assai importante perchè questo determina, di conseguenza, una sensazione di disagio, non presente tuttavia in condizioni di caldo torrido. Viceversa, quello afoso, richiede una maggior attenzione perchè è quello che spesso accompagna le vaste fiammate africane che invadono, nel periodo estivo, il nostro Paese.
Qui il discorso si fa molto differente, perchè il caldo afoso fa percepire al nostro corpo temperature abbondantemente superiori a quelle reali, ad esempio: con un valore termico di +35°C e un tasso di umidità del 35%, il nostro corpo percepirebbe una temperatura di ben +40°C! Davvero notevole, non solo il valore, ma anche la differenza rispetto al valore termico reale (leggi anche Indice di calore e temperatura apparente) dalla rete.

assurde convinzioni appannano
le mie vie del pensiero, l'amore,
sono soggetto a risacche, a marosi;
le onde che percuotono il petto
si frangono in disastri nell'anima,
penso...,
le cose che sono state, saranno,
rivedo...,
luce di visi passati, ora vecchi
vivo...,
ancora, come posso, come riesco...
 
Gujil

sabato 9 luglio 2016

Joseph Merrick

 
Lento amaro animale
che sono, che sono stato,
amaro per il grumo di polvere, per l'acqua, il vento
che nella prima generazione dell'uomo chiedevo a Dio.
 
Amaro come quei minerali amari
che nelle notti di perfetta solitudine
– maledetta e rovinosa solitudine
senza eguali –
s'apprendono alla gola
e, croste di silenzio,
soffocano, uccidono, resuscitano.
 
Amaro come quella voce amara
prenatale, pre-sostanziale, che proferì
il nostro verbo, che percorse il nostro cammino,
che morì la nostra morte,
e che in ogni momento sveliamo.
 
Amaro da dentro,
da ciò che non sono,
– la mia pelle come la mia lingua –
al primo essere vivente,
annunciazione e profezia.
 
Lento da tanti secoli,
remoto – non c'è nulla dapprima –,
istante, lontano, ignoto.
 
Lento, amaro animale
che sono, che sono stato.


Jaime Sabines
Traduzione di Angela Saliani
Provocazione e scetticismo
 
 
Joseph Merrick
 
“Io non sono un animale! Sono un essere umano anch’Io!”
L’11 aprile 1890 decedeva, a soli 27 anni, Joseph Merrick all’epoca conosciuto come Elephant Man (Uomo Elefante).
La Sua deformità era tale – come se un irato Dio ne avesse percosso le membra – da incutere orrore e di “sano” aveva pochissimo, solo l’arto superiore sinistro e l’apparato riproduttivo, nient’altro!
È stato il disabile per eccellenza, il Giobbe dei rifiutati. Era ben conscio del Suo stato e questo lo fece soffrire ancor di più. Ancor bambinetto, pur bisognoso di premure fu cacciato dal paterno focolare. Visse in strada, sempre oggetto di derisione, sempre fuggendo giacché timoroso del giudizio impietoso dei suoi pari. Sfruttato per anni, esibito qual fenomeno da circo, spesso punito (se gli incassi erano esigui…) a colpi di frusta.
Gli fu di alquanto lenimento la casuale et provvida conoscenza con un medico che prese molta cura di Lui e probabilmente fu l’unico Suo pari che mostrò quell’umano affetto che gli fu sempre denegato.
Gli fece ottenere, non senza enormi difficoltà, un posto-letto permanente, un vero “lusso”, presso l’Ospedale ove lavorava. Fu un periodo, l’ultimo del resto, molto sereno con un ulteriore cruccio per Joseph: non ebbe mai l’amore di una  donna. È spirato con DIGNITÀ perché questa l’ha sempre avuta e tenacemente conservata e nessuno poteva togliergliela anche se vestito di cenci anche se costretto a mangiare nella ciotola dei cani anche se la sferza d’un “padrone” ebbro di empietà ne dilaniava le offese carni. Non vi fu limite all’abiezione. Ho un vivido ricordo di codesta vicenda poiché assistetti alla proiezione del film THE ELEPHANT MAN tanti anni orsono.
Non vi erano molti spettatori in sala e un’indicibile emozione pervase il ristretto pubblico. Non un bisbiglio né un respiro anche il pianto era rispettosamente silenzioso, concentrati sulla visione. Un particolare mi colpì: Colui che veniva considerato e trattato da “animale“ era istruito,
con parlar forbito. Dedito a componimenti in cui esprimeva, qual amaro viatico, dolenti cantici per la triste sorte. Non era un animale… era un essere umano! (dalla rete)
 
 
animale, spesso, quasi,
le mie pensate, gli aneliti;
animale che sono,
che fui...

venerdì 8 luglio 2016

Pavése

pavése
(ant. palvése)
sostantivo maschile
[etimo incerto].
- TRECCANI -
 
1.- a. Nella milizia medievale, spec. francese e inglese, grande scudo (detto anche targone, tavola, tavolaccio), generalmente di legno ricoperto di pelle o di pergamena variamente dipinta, e più tardi anche di metallo, di forma rettangolare, con una grossa costolatura longitudinale al centro che spesso alloggiava all’interno un’asta che, divaricata, lo faceva reggere in piedi costituendo così un riparo per l’arciere o il balestriere.
b. Per estens., letter., scudo in genere: Enea via più feroce Infurïando, sotto al gran pavese Si tenea ricoverto (Caro).
 
2. -  Nel linguaggio marinaresco medievale, denominazione degli scudi disposti lungo le murate a difesa dell’equipaggio durante il combattimento; in seguito, per analogia, denominazione delle strisce di panno variamente colorate con cui venivano ornate le navi, del modo stesso di ornarle, e infine delle bandierine disposte in segno di festa sugli alberi e sugli stragli.
Oggi, con sign. collettivo, lo stesso che gala, sia di bandiere (gran p., piccolo p.) sia di lampadine (p. elettrico o luminoso).
 
 
La vita sbaglia i tempi, i modi...
 
La vita sbaglia i tempi, i modi, perde
gli appuntamenti e ride
pazza sotto la benda. Il vento asciutto
di marzo spegne i richiami, la sua
logica regge solo il filo d'erba,
la nube in cielo, il futile incresparsi
dell'onda, ma l'informe anima ignora.
 
Pure, a filo d'orizzonte, oggi è perfetta
la lieve sfera del mattino, bolla
felice d'aria, il tempo è in alto asceso,
più non stride l'antica
macchina di dolore, oggi che un pigro
aeroplano ronza a fior del prato,
riposa nel bicchiere sulla pietra

un vino troppo dorato e svanito,
a me giunto stavolta inaspettato,

spirito vagabondo, quando il sauro
è balzato, salpata
la bella nave dai pavesi alzati
per entro la brumosa lontananza,
come in un soffio, tu mi sei vicino.
 
Sergio Solmi
  

la vicinanza di qualcuno, aiuta,
a volte è un peso infinito;
quando vuoi e quando si può,
passa un aereo nel cielo silenzioso...