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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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giovedì 7 marzo 2013

Primule tra poesia e riflesso

Alla primola

Nel nome hai la modesta
tua grazia, e col tuo timido colore,
o primula , sei lesta
più di qual si sia fiore .
ad inseguir la neve spaventosa.
Tu credi a primavera dubitosa.

Riccardo Bacchelli 

l'ho vista
in Febbraio,
ancora nascosta
coi petali chiusi,
in attesa,
paziente...
...
 Primula
Primula vulgaris o selvatica
FamigliaPrimulacee
Caratteristichele foglie, di colore verde chiaro, rugose e glabre sopra, pelose nella pagina inferiore, sono disposte a rosetta. Dal centro della rosetta partono i gambi dei fiori, lunghi circa 10 cm. I fiori sono di colore giallo pallido con piccole macchie più scure alla base dei petali. I petali sono 5 e sono fusi alla base.
Periodo di fioriturafebbraio/aprile
Habitatluoghi umidi e ombrosi, lungo i ruscelli e nei boschi di latifoglie, comune in tutta Europa.
Curiositàin Italia esistono 50 specie di primule, molte sono vivacemente colorate. Quasi tutte le specie sono protette, soprattutto quelle a fiore rosso. Il nome Primula deriva dal latino primus, primo, a indicare la comparsa precoce dei fiori non appena finisce il gelo invernale.
Proprietà officinali
possiede virtù curative, grazie alla presenza di saponina e di due glucosidi (primaverina e primulaverina) sostanze che vantano proprietà neurotoniche, antireumatiche, espettoranti e sudorifere. Nel Medioevo venivano usate le foglie come decotto per i reumatismi e con le radici venivano realizzati infusi per l’emicrania. Inoltre il succo estratto dalle foglie si usava come cosmetico per attenuare macchie e rughe (dalla rete).

mercoledì 6 marzo 2013

Poesia e riflesso


Mattinale

Un refolo d'aria, minimo,
preannuncia la pioggia,
fuori tarda il mattino;
uccelli notturni lasciano
posto a merli e piccioni;
il noce attende il destino
il nespolo riluce rugiada;
io, dalla finestra vedo,
eppure ho la testa lontana
in un altro diverso contesto
riprovo, ogni volta riprovo.

Anonimo del XX° secolo
poesie ritrovate

martedì 5 marzo 2013

Voce, poesia e riflesso

e ascolto il suono
del mio soliloquio
di quando grido,
di quando lamento
il passaggio di nubi
e il quotidiano irrompe...



La voce è il suono emesso dall'essere umano parlando o cantando oppure urlando.
Il termine può altresì indicare, per estensione, il verso emesso da un animale, il suono di uno strumento musicale oppure il prodotto di una manifestazione naturale.
In senso figurativo può significare richiamo o ammonimento (ad es. la voce della coscienza).

 Caratteristiche
Estensione, campo in cui si estende la voce
Intensità acustica, potenza del suono
Altezza, definisce la frequenza
media della voce, acuto, ottuso
Timbro della voce, definisce l'andamento del suono.

In musica la voce è lo "strumento musicale" primo e imprescindibile, il più istintivo.
Essa è stata fin dalle origini fondamento dell'espressione musicale, e ha ispirato la creazione di numerosi strumenti musicali.
Termini come "cantabilità" e "cantando" vengono spesso utilizzati anche nella pratica strumentale per indicare comportamenti timbrici e di fraseggio analoghi a quelli impiegati nella pratica vocale, e in alcune tradizioni musicali la voce è il modello espressivo a cui tende la musica strumentale (da wikipedia).

La
mia voce

La mia voce non ha rombo di mare
o d'echi alti tra fughe di colonne :
ma il susurro che par fruscio di gonne
con cui si narran feminili gare.
Io non volli cantar, volli parlare,
e dir cose di me, di tante donne
cui molti desideri urgon l'insonne
cuore e lascian con labbra un poco amare.
E amara è pur la mia voce talvolta,
quasi vi tremi un riso d'ironia,
più pungente a chi parla che a chi ascolta.
Come quando a un'amica si confida
qualche segreto di malinconia
e si ha paura ch'ella ne sorrida.

Amalia Guglielminetti


lunedì 4 marzo 2013

Poesia e riflesso


Francesco Caroto,
Ritratto di fanciullo con disegno

Il mio fanciullo ha le piume leggere.
Ha la voce sì viva e gentile.
Ha negli occhi le mie primavere perdute.

In lui ricerco amor non vile.

Così ritorna il cuore alle sue piene.
Così l'amore insegna cose vere.
Perdonino gli dèi se non conviene

il sentenziare su piume leggere.

Sandro Penna
 
 
è difficile scrivere ancora,
il calo di attenzione,
la scarsità di contatti,
i commenti risicati;
resisto per ora...

sabato 2 marzo 2013

La leggenda dei sempreverdi

Nei tempi passati, al termine dell'estate, un uccellino si ferì ad un'ala, restando cosi da solo nel bel mezzo del bosco.
Non potendo più volare, resto' praticamente in balia dell'inverno, che già faceva sentire i suoi primi geli.
Cosi, domando' ad un enorme faggio di potersi rifugiare tra i suoi grandi rami, sperando di poter passare l'inverno al riparo dal cattivo tempo. Ma il faggio, altezzosamente, rifiuto' all'uccellino un piccolo riparo tra le sue fronde.
Intristito, l'esserino continuo' a girovagare nel bosco, trovando di li a poco un grosso castagno e, speranzoso, ripete' la stessa domanda.
Ma anche quest'albero rifiuto' all'uccellino la sua protezione.
Cosi, nuovamente s'incammino nell'oscurità della foresta, alla ricerca di un riparo.
Di li a poco si senti' chiamare:
- Uccellino vieni tra i miei rami, affinché tu possa ripararti dal freddo.
Stupito, l'uccellino si volto' e vedendo che a parlare era stato un piccolo pino, salto' lestamente su uno dei suoi rami.
Subito dopo anche una pianta di ginepro offrì le sue bacche come sostentamento per il lungo inverno. L'uccellino ringrazio' più volte per tale generosità, che gli permise cosi di superare la cattiva stagione.
Dio, avendo osservato tutto, volle ricompensare la generosità del pino e del ginepro, ordinando al vento di non far cadere loro le foglie, e quindi da quel giorno furono "sempreverdi".


racconto del Piemonte

venerdì 1 marzo 2013

L'incrinatura


incrinatura
[in-cri-na-tù-ra] s.f.

1 Fessura, lesione sottile che si produce in un materiale: i. del vetro
2 fig. Cedimento appena avvertibile dell'integrità di un principio, di un valore: i. nel rispetto per le istituzioni; prima e piccola divergenza che emerge in un rapporto: i. tra marito e moglie, tra soci
3 fig. Stonatura, spezzatura della voce: nella sua voce era percepibile un'i.
(dalla rete)
  
sbocciano come fiori
i mali antichi, le pene,
ho visto volare la fede
in un gorgo di insulse parole
ho posato il mio capo
su un grembo di madre
e ho pianto, piano... 



 
L'incrinatura


Perché nel vetro di Boemia antica,
dopo un'ora, già langue l'aromale
fior che m'offerse la mia dolce Amica?

Ché la verbena vi languisce, quale

la Donna amante il biondo Garcilaso
già martoriata dal segreto male.

Io so quel male: il calice del vaso
la bella mano - o gran disavventura! -
col ventaglio d'avorio urtò per caso.

E pur bastò. La lieve incrinatura
è insanabile ormai; il morituro
fiore s'inchina, stanco, nell'arsura,


ché la ferita del cristallo duro
tacitamente compie tutto il giro
per cammino invisibile e sicuro.

Vanisce l'acqua e muore il fiore. Io miro
il calice mortifero che serba
quasi non traccia di ferita in giro,

e una assai trista simiglianza e acerba
sento fra il vetro e il calice d'un cuore
sfiorato a pena da una man superba.

La ferita da sé, senza romore,
il calice circonda nel rotondo


e il fior d'amore a poco a poco muore.

Il cuor che sano e forte pare al mondo
sèrpere senta la segreta pena
in cerchio inesorabile e profondo.

E pur la mano l'ha sfiorata a pena...
Perché nel vetro di Boemia antica,
dopo un'ora, già langue la verbena

che vi compose la mia dolce Amica?


Guido Gozzano

giovedì 28 febbraio 2013

Poesia e riflesso

Le violette di Febbraio

D'un biancore di luce fatta neve
- la neve di febbraio - le violette
svegliano al verde la finestra lieve
che disegna sul poggio le casette
ad una ad una azzurre bianche rosa,
tintinnanti vetrine se alla soglia
batte i piedi un ragazzo, la vogliosa
testa arruffata al vento che l'imbroglia.
Si scopre dal suo ridere nei denti
l'acerba primavera che si scuote
e decide i colori: passa, senti,
la prima bicicletta dalle ruote
fruscianti sul ventaglio della neve.

Alfonso Gatto


le ho viste quest'anno
per la prima volta;
nel mio piccolo angolo
di mondo nascosto
le ho viste innevate
una primula chiusa
con loro aspettava
un attimo di sole...

mercoledì 27 febbraio 2013

Risacca e poesia

limiti infranti
percorrono rotte
invise a marinai stremati
le fiacche risacche
come lunghe dita
come carezze...

Anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati



La corrente di risacca (dallo spagnolo resaca) detta anche di riflusso o di ritorno, è un tipo di corrente marina molto pericolosa.
Si tratta di un intenso flusso d'acqua causato dal moto ondoso del mare che si forma davanti alla spiaggia. L'accumulo d'acqua lungo la costa provoca un aumento di pressione che deve essere compensato da un flusso di ritorno che si dirige dalla riva verso il largo ad elevata velocità trascinando con sé tutto ciò che incontra. Tali correnti si creano prevalentemente negli specchi di mare davanti alle spiagge sabbiose soprattutto quando sono delimitate da promontori rocciosi, formando spesso dei canaloni sul fondale che rendono ancora più pericoloso il loro manifestarsi. Alcune volte a causa della loro forza si possono rivelare molto pericolose. Si viene risucchiati e trascinati senza tregua verso il largo. La loro elevata velocità, anche oltre 9 km/h, rende difficile mettersi in salvo anche ai nuotatori più esperti. Guardando la superficie dell'acqua si può intuire l'esistenza di una corrente diretta verso il largo. In quei punti la superficie dell'acqua è insolitamente liscia ed ondulata. Inoltre le onde sono come spezzate in presenza di una forte corrente di ritorno. Si può anche riconoscere la presenza di queste correnti di risacca guardando il profilo della spiaggia che tenderà ad assumere la forma di una sequenze di insenature più o meno grandi a seconda della forza della mareggiata piuttosto che quella lineare tipica della bonaccia. I punti pericolosi, cioè quelli di risucchio, corrispondono ai confini tra un'insenatura e l'altra e quindi da evitare durante il nuoto. Come mettersi in salvo [modifica]Nel caso in cui si finisse in una tale corrente, il metodo più giusto per difendersi è nuotare parallelamente alla costa senza sprecare preziose energie cercando di raggiungere direttamente la riva. Contrastare una tale forte corrente è infatti estremamente lungo e faticoso, molto meglio uscirne lateralmente quanto prima. I luoghi in cui si manifestano queste correnti, sono spesso noti e ben segnalati da cartelli di pericolo, anche se è sempre meglio non entrare in acqua quando il mare è molto agitato o quando è presente la bandierina rossa di pericolo (da wikipedia).

martedì 26 febbraio 2013

Poesia e riflesso


Sole invernale

Candida e lieve le indurate ajuole
Copre la neve e il nudo poggio e i prati:
Rosseggiando, fra gli alberi sfrondati
Traluce l’occhio del cadente sole.
Il sanguigno fulgor, che incerto e breve
Tra i negri rami intirizziti splende,
Falde d’accesa porpora distende
E lembi d’oro sulla bianca neve.
Terra, il novo saluto e le promesse
Del sol ricevi: ancor rinverdirai;
Ancor, sciolta dal gel, ti coprirai
Di vaghi fiori e di gioconda messe.
Ma tu, mio cor, tu dall’antico lutto
Mai più mai più non ti sciorrai. Che giova
Il sole a te? mio cor, chi ti rinnova?
Tu non darai mai più fiore nè frutto.

Arturo Graf


non scalda il sole d'inverno,
rischiara di luce radente
ma non riesce a dare calore
eppure a febbraio pare
già quasi primaverile...

lunedì 25 febbraio 2013

Frammento di incubo

L'incubo è un tipo di sogno che si presenta in modo angosciante e a volte è accompagnato da una sensazione di oppressione al petto e/o da difficoltà respiratorie. È a tutti gli effetti un disturbo del sonno ed è considerato una parasomnia relativa al sonno REM. Gli incubi si mostrano con rapidi movimenti oculari (REM significa, appunto, Rapid Eye Movement), senza altri movimenti del soggetto. Eventuali movimenti involontari del corpo possono svegliare il dormiente, interrompendo così la sensazione di paura insita negli incubi. L'individuo svegliatosi da incubo tende a non riaddormentarsi, temendo, più o meno inconsciamente, di rivivere la brutta esperienza. Gli incubi sono più frequenti tra i 4 e i 12 anni di età, tendendo poi a diminuire con l'età. Fino al XVIII secolo, gli incubi erano considerati causati da stregonerie con le creature malefiche che si appoggiavano al petto del dormiente (infatti, la traduzione in spagnolo, pesadilla, prendeva il nome dal peso esercitato). Tra il XIX e il XX secolo, invece, si tendeva a dare la colpa alla cattiva digestione. Oggi sappiamo che essi sono provocati da agenti fisiologici, come febbre alta, oppure psicologici, come ansia e stress (da wikipedia).


ho fatto un sogno brutto,
di quelli che offuscano il cuore,
la neve cancella le cose
ed il mondo si tinge di bianco;
nel mio animo sento che l'ansia
ancora fa parte di me...

Anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati