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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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domenica 31 gennaio 2010



Se io potessi vivere un'altra volta la mia vita
nella prossima cercherei di fare più errori
non cercherei di essere tanto perfetto,
mi negherei di più,
sarei meno serio di quanto sono stato,
difatti prenderei pochissime cose sul serio.
Sarei meno igienico,
correrei più rischi,
farei più viaggi,
guarderei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei più fiumi,
andrei in posti dove mai sono andato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali e meno immaginari.
Io sono stato una di quelle persone che ha vissuto sensatamente
e precisamente ogni minuto della sua vita;
certo che ho avuto momenti di gioia
ma se potessi tornare indietro cercherei di avere soltanto buoni momenti.
Nel caso non lo sappiate, di quello è fatta la vita,
solo di momenti, non ti perdere l'oggi.
Io ero uno di quelli che mai andava in nessun posto senza un termometro,
una borsa d'acqua calda, un ombrello e un paracadute;
se potessi vivere di nuovo comincerei ad andare scalzo all'inizio della primavera
e continuerei così fino alla fine dell'autunno.
Farei più giri nella carrozzella,
guarderei più albe e giocherei di più con i bambini,
se avessi un'altra volta la vita davanti.
Ma guardate, ho 85 anni e so che sto morendo.
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Jorge Luis Borges
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sabato 30 gennaio 2010



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Io ti chiesi

Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste

Hermann Hesse

venerdì 29 gennaio 2010

Il Profeta


SUL PIACERE
...
Allora un eremita, che visitava la città una volta l'anno, si fece avanti e disse:
Parlaci del Piacere.
E lui rispose dicendo: Il piacere è un canto di libertà, Ma non è libertà.
E' la fioritura dei vostri desideri, Ma non il loro frutto.
E' un abisso che esorta alla scesa, Ma non è profondo né alto.
E' un uccello in gabbia che si alza in volo, Ma non è lo spazio conquistato.
Sì, francamente, il piacere è un canto di libertà.
E io vorrei che lo intonaste in tutta pienezza, ma temo che a cantarlo perdereste il cuore. Alcuni giovani tra voi ricercano il piacere come se fosse tutto, e vengono giudicati e biasimati.
Non vorrei né giudicarli
né biasimarli.
Vorrei che cercassero.
E troveranno non solo il piacere, Poiché il piacere ha sette fratelli, e il minore è più bello dello stesso piacere.
Non avete udito di quell'uomo che, scavando la terra in cerca di radici, scoprì un tesoro?
E alcuni anziani tra voi ricordano con rimpianto i piaceri, come errori compiuti nell'ebbrezza.
Ma il rimpianto è l'oscurità della mente, e non il suo castigo.
Essi dovrebbero ricordare i loro piaceri riconoscenti come per il raccolto di un'estate.
Ma se il rimpianto li conforta, si confortino pure.
E tra voi vi sono quelli non così giovani per cercare, né così vecchi per ricordare.
E nella paura di cercare e ricordare, essi fuggono ogni piacer temendo di umiliare e offendere l'anima.
Ma proprio in questo è il loro piacere.
E in tal modo scoprono tesori, sebbene scavino radici con mano tremante.
Ma ditemi, chi può offendere lo spirito?
L'usignolo offende il silenzio della notte, o la lucciola le stelle? E la vostra fiamma o il vostro fumo mortificano il vento? Pensate forse di poter turbare lo spirito come con un bastone uno stagno tranquillo?
Spesso, negandovi al piacere, non fate altro che respingere il desiderio nei recessi del vostro essere.
Chissà che non vi attenda domani ciò che oggi avete negato.
Anche il vostro corpo conosce la sua ricchezza e il suo legittimo bisogno, e non permette inganno.
Il corpo è l'arpa della vostra anima,
E sta a voi trarne musica armoniosa o confusi suoni.
E ora domandatevi in cuore: "Come potremo distinguere il buono dal cattivo nel piacere?".
Andate nei vostri campi e giardini, e imparerete che il piacere dell'ape è raccogliere il nettare del fiore, E che il piacere del fiore è conceder all'ape il suo nettare. Poiché il fiore per l'ape è una fonte di vita, E l'ape per il fiore è una messaggera d'amore. E per l'ape e per il fiore donarsi e ricevere piacere è a un tempo necessita ed estasi.
Popolo di Orfalese, nel piacere siate come le api e come i fiori.

giovedì 28 gennaio 2010


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Dei tuoi occhi nel lago profondo
Il mio povero cuore s'annega,
E lo sciolgono
In quell'acqua d'amore e di follia
Il tuo ricordo e la malinconia.


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Guillaume Apollinaire,

(pseudonimo di Wilhelm Apollinaris de Kostrowitzky)
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mercoledì 27 gennaio 2010





Ho inaspettatamente saputo di questa bellissima "spigolatura" da un caro amico, ho saputo ancora che questo meraviglioso pezzettino di carta stava gelosamente custodito nel portafoglio di una persona speciale che ora non è più qui, partita per un viaggio senza ritorno con serenità e la semplicità nella quale era abituata a vivere e ho avuto la fortuna di respirare con lui anch'io qualche volta.
Posso solo dire che per quel poco che ho conosciuto e frequentato quella persona sembra che lei abbia seguto alla lettera quanto riportato nel testo che segue...e non deve essere affatto semplice.
E' un testo di una poesia notevole che colpisce profondamente anche lo sprezzo giovanile così tipico e diffuso.
Seguire dei dettami a volte è stupido, altre invece è una condivisione assoluta e totalmente consapevole.
L'ho letto e riletto questo pezzo di carta ed ora l'ho fatto mio per quella parte della vita che ora è in discesa e si può frenare ben poco.
Lo ripropongo "tout court", senza commentare nulla.

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La Preghiera di un Anziano
(vissuto nel XVII secolo)
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"Signore, sai meglio di me che io sto invecchiando e un giorno sarò vecchio.
Aiutami, in qualche modo, a non sentirmi in dovere di dire sempre qualcosa, su ogni argomento, e in qualsiasi occasione.
Evitami il desiderio ardente di intromettermi negli affari altrui.
Fa che il mio conversare non diventi penoso. e cher l'aiuto che dò agli altri non diventi imposizione.
So bene che è un peccato non utilizzare tutto il mio bagaglio culturale; ma tu sai, Signore, quanto io desidero conservare alcuni amici.
Concedimi di saper evitare, nei miei discorsi, dettagli senza fine; dammi il dono di avere capacità di arrivare subito all'essenziale.
Sigilla le mie labbra sulle mie sofferenze e sui miei dolori; queste realtà stanno aumentando, e il desiderio di esternarle diventa sempre più forte, con il trascorrere degli anni.
Non sono capace di chiederti la grazia per gioire del racconto delle altrui pene; aiutami però a sopportare le mie con vera pazienza cristiana.
Vorrei chiederti una memoria migliore dammi almeno una crescente umiltà e una minore presunzione quando i miei ricordi sembra si scontrino con quelli degli altri.
Insegnami a comprendere la lezione, fondamentale nella vita, che anch'io posso trovarmi in errore.
Conserva ragionevolmente dolci le mie maniere; un vecchio arcigno e acido è il più bel capolavoro del demonio.
D'altra parte, alle volte, Signore, quasi non desidero di essere un santo, perchè è molto arduo vivere con alcuni di essi!
Fammi vedere cose belle in luoghi impensati, e talenti preziosi in persone inattese.
Fa che la mia vecchiaia sia esemplare per tutti".
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(Trovata in un convento di Cloucester)

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martedì 26 gennaio 2010

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Una Sera
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Un'aquila discese da quel cielo bianco d'arcangeli
E voi sostenetemi
Lascerete tremare a lungo tutte quelle lampade
Pregate pregate per me
La città è metallica ed è la sola stella
Annegata nei tuoi occhi blu
Quando i tranvai rotolavano scaturivano pallidi fuochi
Sopra uccelli rognosi
E tutto ciò che tremava nei tuoi occhi dei miei sogni
Che un sol uomo beveva
Sotto le luci a gas rosso come l'ovulo malefico
O vestita il tuo braccio si coglieva
Guarda l'istrione fa la linguaccia alle attente
Un fantasma s'è suicidato
L'apostolo pende dal fico e lentamente saliva
Giochiamo dunque quest'amore ai dadi
Campane dal suono chiaro annunciano la tua nascita
Guarda
I sentieri sono fioriti e le palme avanzano
Verso di te.
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Guillame Apollinaire

lunedì 25 gennaio 2010

Ancora Macchie di Vita

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Telemaco Signorini
(Firenze, 18 agosto 1835 – 10 febbraio 1901) pittore italiano.

Nacque a Firenze il 18 agosto 1835, figlio di Giovanni, un pittore della corte del Granduca. Dopo aver frequentato i corsi di disegno dal nudo all'Accademia di Belle Arti fiorentina, e dopo aver dipinto dal vero con Odoardo Borrani e Vincenzo Cabianca, inizia a frequentare il caffè Michelangelo.


Nel 1858 si recò a La Spezia alla ricerca di un ambiente visivo che gli rendesse più facile, nel diretto rapporto con il "vero", la definizione di quel netto contrasto tra luce ed ombre capace di individuare la macchia come elemento grammaticale dell'opera.


Nel 1859 partecipa agli eventi militari e parte per il fronte, al ritorno dalla guerra, nel 1860, sperimenta con Cabianca un metodo scientificamente analitico per la resa pittorica dei valori cromatici e luminosi, dipingendo dal vero nella campagna di Montelupo e a La Spezia e ritornando sui luoghi delle battaglie dell'anno precedente.
Nel 1861 a Parigi, conosce personalmente l'anziano Corot e si interessa alla pittura di paesaggio.
Nello stesso anno ed è l'unica volta è a Castiglioncello con Martelli Abbati e Tedesco, in occasione della prima visita alla tenuta.
Nel 1862 si consolidò l’amicizia con Silvestro Lega, insieme al quale dipinse a Piagentina.
Nel 1865 si impegna con energia anche nel tema sociale, col dipinto famoso del "Salone delle agitate in S. Bonifazio", ambientato in un manicomio di Firenze.
Nel 1867 fonda con il critico Diego Martelli "Il Gazzettino delle Arti e del Disegno" e vi collabora attivamente.
Nel 1871 si reca a Roma e a Napoli con Adriano Cecioni e Giuseppe De Nittis.
Signorini soggiorna più volte a Parigi e a Londra a partire dal 1873.
Muore a Firenze il 10 febbraio 1901.
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Ad integrare la parte precedente vediamo un'altra breve, ma sufficientemente esaustiva, biografia del nostro pittore della macchia.
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Telemaco Signorini appartiene alla corrente dei Macchiaioli, interessandosi, però, anche di tematiche sociali, come testimoniato dal dipinto "La sala delle agitate", ambientato in un manicomio.
Dopo aver studiato all'Accademia di Belle Arti di Firenze, viaggiò in diverse località italiane (Venezia, La Spezia, le Cinque Terre), alla ricerca di soggetti da rappresentare.
Nel 1859 partecipò tra le file dei garibaldini alla guerra; due anni dopo si recò a Parigi e Castiglioncello.
Al 1867 risale la fondazione del "Il Gazzettino delle Arti e del Disegno" col quale collaborò a lungo.
A partire dal 1871 Signorini viaggiò molto: dapprima Roma e Napoli, assieme agli amici Adriano Cecioni e Giuseppe De Nittis, poi Parigi e Londra, nelle quali ritornerà frequentemente.
Morì a Firenze il 10 febbraio 1901.
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T. Panconi, Il Nuovo dopo la Macchia, origini e affermazione del Naturalismo toscano, Pisa, 2008
F. Dini, I Macchiaioli. Opere e protagonisti di una rivoluzione artistica 1861-1869, Firenze, 2002
T. Panconi, Telemaco Signorini, il caso del pittore letterato, in: Antologia dei Macchiaioli, la trasformazione sociale e artistica nella Toscana di metà 800, Pisa, 1999
AA.VV., Telemaco Signorini, una retrospettiva, Catalogo della mostra, Firenze, 1997
E. Spalletti, Telemaco Signorini, Soncino, 1994
I Macchiaioli e la scuola di Castiglioncello, Catalogo della mostra a cura di P. Dini, F. Dini, Castiglioncello, 1990
E. Spalletti, Gli amici del Caffè Michelangelo, Roma, 1985
R. Monti, Signorini e il Naturalismo Europeo, Roma, 1984
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Cosa dire di lui che non sia già stato detto?
Che non sia stato scritto?
Descrivere e dettagliare la sua profonda umanità?
La gioia del colore?
I muri delle case?
Gli animali?
Le cose?

Ha saputo dare vita a tutto ciò che ha dipinto riuscendo a fermare il tempo come in uno spazio preciso e ricco di particolare tuttaltro che insignificanti; le sue persone fremono nei quasri con attimi di vita di un realismo impressionante e tanto umano da trasfigurare volti ed espressioni.
I suoi paesi parlano per lui di piccoli particolari che la quotidianità ripropone e glorifica, i muri delle case trasudano ed intuiscono la vita umana dietro le persiane di case e locande.
Gli animali come gli uomini arrancano la fatica del giorno tra lavoro e meritato riposo.
E' una vita macchiata (il gioco di parole ci sta, anzi chiarisce) di attimi colorati che si posano e raccontano le storie impresse in pennellate sicure e tranquille, in calme distese di omogeneità che trasla il realismo sociale e lo pone come origine e fine di quel vivere giorno dopo giorno le prove di un'esistenza dura di cui non si riesce quasi mai ad assaporare il significato, figurarsi se si riesce a capirlo!
L'uomo è solo, sembra quasi voler dire ogni suo dipinto, circondato dalla natura che lo integra e lo considera parte integrante di sè stessa e non sopra di essa come vorrebbero i tempi in cui Telemaco opera.
C'è sempre la Francia vicino ed i meravigliosi paesaggi di Corot che lui conosce personalmente ed ammira con fanciullesca intenzione ed immensa stima.
Rimane alla finestra Signorini cercando di raccontare il mondo che vive così come può, con i pennelli e i colori.
Ecco allora che le sue montagne profumano erba d'alpeggio, i suoi paesi pullulano di chiacchiere e osterie, le sue marine solitarie proiettano protagonisti improbabili al di fuori del tempo e dello spazio.
La sua vita?
Un attimo di volo socialista?

E così, una volta di più, l'uomo vive e la morte sembra lontana.
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domenica 24 gennaio 2010

Letargico



Niente!

La fresca considerazione mattutina sta incastrata nell'intercapedine di un pensiero ricorrente che mi assilla sa tempo ed è stata oggetto di discussione con un'amica alcuni giorni fa.
Perchè non e possibile decidere autonomammente sulla possibilità di andare in letargo durante i mesi più freddi e bui dell'anno?
Il tutto anche se animato da logiche a volte incomprensibili deve comunque ricondursi alla necessità che ognuno di noi ha nei confronti del periodo invernale e deve anche, ovviamente tenre in sonsiderazione il fatto che, se letargo deve essere, questo non deve andare a discapito della lunghezza della vita (dormire si ma con la possibilità di recuperare i giorni dormiti in un allungamento proporzionale della propria vita. Non dico 1 a 1 ma almeno 1 a due, mi spiego meglio, ad ogni due giorni di letargo invernale deve corrispondere un giorno di veglia estiva in più).
La logica e la proposta potrebbero reggere, il vero problema e che non si sa a che rivolgersi per questo "do ut des" concettuale.
Potrebbe comunque essere moilto interessante.

La parola letargo deriva dal greco e significa: "stato di torpore simile a sonno profondo".
Ci sono degli animali che per sopravvivere alle rigide temperature dell'Inverno cadono in uno stato di "ibernazione" in cui spendono pochissima energia utilizzando il grasso corporeo che hanno accumulato d'Estate.
Questo torpore è tipico di alcuni mammiferi come ad esempio il ghiro e l'orso.
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venerdì 22 gennaio 2010

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Toni Neutri
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Sostammo presso un laghetto quel giorno d'inverno,
E il sole era bianco, come biasimato da Dio,
E sparse foglie giacevano sulla zolla affamata,
Cadute da un frassino, ed erano grige.
I tuoi occhi fissi sopra di me erano quali gli occhi che vagano
Su tediosi enigmi risolti anni addietro;
parole correvano tra noi su e giù,
Chiedevano chi, con il nostro amore, avesse perduto di più.
Il sorriso della tua bocca era la cosa più morta,
Vivo quel tanto che gli desse la forza di morire;
E una piega d'amarezza aleggiava su di esso
Quasi un uccello di sventura in volo...
Da allora, crude lezioni che amore inganna,
E strazia d'offese immeritate, hanno foggiato per me
La tua faccia, e il sole maledetto da Dio, e un albero,
E un laghetto orlato di foglie grigiastre.
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Thomas Hardy
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giovedì 21 gennaio 2010

Quelle come noi


Quelle come noi
sono semi nel vento.
Fiocchi di tarassaco
samare di tiglio
lanugine candida di pioppo.
E niente terra
per posarsi e stare.
Niente calore
per germinare.
Solo un’impercettibile
incessante corruzione
di primavere deluse
e abbracci incompiuti.

Quelle come noi
s’impigliano ad alti steccati
si sfrangiano nel rovo
indugiano tra rami secchi
e carrube, improbabili festoni
patetici come profumi
costosi e appassiti
che sanno di nebbia.

Quelle come noi
hanno convinzioni strane
mitologie smarrite
perdute fantasie bambine.
Cercano principi e maestri
mentre il sesso le scalda
di pelle e odori e pensieri.

Non dormono mai
quelle come noi.
Parlano coi gatti
e le piante, cantano
stonando in tangenziale.
E scrivono di notte
ombre lunghe e tarocchi
e poemi informi di domani.