(…)
Si perde il mondo sotto il tuo chiaro andare
Giacché tutto è artificio quando ti presenti
Nella tua luce minacciosa
Innocente armonia senza affanno né oblio
Elemento di lacrima che ruota all’interno
Fatto di timore altero e silenzio
Fai dubitare il tempo
E il cielo con istinti di infinito
Lontano da te tutto è mortale
Lanci l’agonia sulla terra umiliata dalle notti
Solo ciò che pensa a te ha sapore di eterno
Ecco qui la tua stella che passa
Con il tuo respiro di lontani affanni
Con i tuoi gesti e il tuo modo di camminare
Con lo spazio magnetico che ti saluta
Che ci separa con leghe di notte
Vicente Huidobro
qualcosa di triste, profondo, immenso;
vivo gli spazi meglio che posso, ancora
mi cheto al lambire del fiume le rive...
In poesia e in metrica il termine canto designa genericamente un componimento in versi e, più specificamente, un componimento lirico; oppure, in testi lunghi, indica ciascuna delle parti in cui si divide un poema o una sua cantica.
È il titolo di componimenti brevi destinati a essere cantati, come Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli musicato da Michele Novaro, ed è il titolo di raccolte di versi e di rime, come i Canti di Giacomo Leopardi e i Canti di Aleardo Aleardi.
Nell'altra accezione, è il nome di ciascuno dei cento canti che formano le tre cantiche della Divina Commedia e dei venti canti della Gerusalemme liberata.
In particolare, il canto carnascialesco è un componimento poetico isolato, che ha struttura metrica simile a quella di una ballata, ha carattere libero, è vivace e spesso scherzevole.
Esso s'intonava nelle mascherate di carnevale, specialmente a Firenze nel secolo XV e XVI.
Composero canti carnascialeschi Lorenzo il Magnifico, Poliziano e altri.
(dalla rete).
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