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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 15 dicembre 2014

Tentazioni di Antonio

Jeronimus Bosch
"Il trittico delle tentazioni di Sant'Antonio"
 
 
Il "Trittico delle tentazioni di Sant'Antonio" è un grande e onirico complesso di dipinti, autografi di Jeronimus Bosch (il Bosco), realizzati con tecnica a olio su tavola negli anni tra il 1503 ed il 1504. Il complesso è custodito nel Museu Nacional de Arte Antiga a Lisbona in Portogallo.
 
Le misure sono:     
La cattura di Cristo,
131,5 x 53; La Veronica, 131,5 x 53;
Il volo e la caduta di Sant'Antonio,
131,5 x 53;
Le tentazioni di Sant'Antonio,
131,5 x 119;
La meditazione di Sant'Antonio,
131,5 x 53.

Il complesso in esame, in ordine cronologico, è il terzo dei grandi trittici boschiani che ci pervengono totalmente per intero.
Il tema è relativo alle "tentazioni" di S. Antonio, descritto dall'artista attraverso una forma ormai consolidata nel mondo artistico del tempo e ben recepita in una società tardo-medioevale, assillata dalla convinzione che il mondo fosse dominato dal diavolo, e che l'uomo subisse continuamente i contrasti dell'anima.  
Secondo una tradizione priva di documentazioni, alcuni critici – tra i quali il Bax (1949) e il Viera Santos ("BMNA", 1958), a cui seguì una comunicazione epistolare (1966) del direttore  del Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona – il trittico fu acquistato nella prima metà del Cinquecento (1523 - 1545) dal portoghese Damiao de Góis, un noto umanista del periodo.
Altre supposizioni suffragate da incerti documenti portano ad identificare un riquadro dell'opera con una delle tre Tentazioni fatte pervenire all'Escorial nel 1574 da Filippo II [fonte: Justi, 1889], che più tardi lo stesso sovrano avrebbe fatto trasmigrare in Portogallo.
Documentazioni certe invece assicurano che Filippo II aveva forti interessi per le opere pittoriche fiamminghe, che si procurava proprio a Lisbona (fonte: Vieira Santos).  
Le prime documentazioni attendibili segnalano che intorno 1850 il complesso pittorico in esame si trovava nel palazzo Ayuda (Real Palàcio das Necessidades).
Qui Ferdinando II, non contento dello stato di conservazione della stesura pittorica, decise di inviarlo in Germania per farlo sottoporre ad un accurato restauro, che purtroppo – a causa di una spessa vernice, forse anche poco compatibile con la stesura originale – ne rese bituminose le superfici.
Queste furono ripulite nel 1911, dopo che l'opera era pervenuta al Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona, donata da Manuel II di Braganza (1889-1932).
In occasione della mostra del 1958 ad Amsterdam, il complesso subì un nuovo restauro.
Per quanto riguarda l'autografia del Bosch tutti gli studiosi sono d'accordo ad assegnargliela, mentre per la cronologia le ipotesi sono più contrastanti, mantenendosi comunque in un periodo abbastanza ristretto con una confluenza generica nel biennio 1503-04.
La firma dell'artista è riportata in basso a sinistra nel riquadro centrale. Moltissime sono le copie del trittico in oggetto che, tra le migliori, se ne contano dalle 15 alle 20 (elencate dal Friedländer) sparse nei vari grandi musei (Bonn, Bruxelles, Madrid, Rotterdam, Anversa .....).
Lo stile del Bosch nel trittico in esame arriva a uno dei livelli più intensi, per la delicatezza di un tocco comunque fortemente espressivo, per la suggestiva fermezza cromatica, per addolcimento della linearità gotica integrata con un incedere più largo e calmo della forma (dalla rete).  
 
Tentazione

Sulla cima d’un negro, orrido monte
Mi sollevo lo spirto maledetto:
Immenso, tetro, d’uniforme aspetto,
Si girava allo intorno l’orizzonte.
Io covava non so quale bugiarda
Speranza in fondo al core; egli uno strano
Riso frenava; l’uncinata mano
All’omero m’avvinse e disse: Guarda.
E d’improvviso una sulfurea luce

Illumino la livida pianura,
Scoprendo un’opra d’infernal fattura, 

Nel proprio sfoggio paurosa e truce.
Sparso giacea della gran valle in fondo
Un vario, innumerabile tesoro,

Quanto misura la vilta dell’oro,
Quanto si merca e si baratta al mondo.
Grave sentii sopra la mia cervice
La vergogna pesar; Satana fisse
Gli occhi grifagni nel mio volto e disse:
Fatti ricco a tua posta e sii felice.
Ed io a lui: O spirito mendace,
Qual pro m’avrei dal benefizio infame?
Non sai qual sia tu del mio cor la fame?
Dannato, dammi, se tu puoi, la pace.
— Oh bugiardi fantasmi, oh vane larve,
Come tosto svanir! Squillando un riso
Di scherno e di trionfo il genio inviso
Si trabocco dall’alto monte e sparve.
E fu silenzio. Dirupato ed erto
Dal pian si leva, il monte; un mar d’asfalto
All’orizzonte affronta il ciel; dall’alto
La torva luna illumina il deserto.

Arturo Graf
 



Jeronimus Bosch,
"Le tentazioni di Sant'Antonio"  - particolare


pervasi,
permeati,
invero freddi,
giorni
del tardo autunno
preludono
 gelo e inverno;
attendo
e sorseggio caffè...


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