domenica 30 aprile 2017

Oasi

In geografia, un'oasi è un'area di vegetazione isolata in un deserto, che di solito circonda una sorgente o una simile fonte d'acqua naturale. La parola oasi deriva dal greco (oasis), che deriva a sua volta dall'egiziano o dal demotico wḥỉ; non proviene direttamente dal copto ouaḥe (*/waħe/), come è stato a volte suggerito. La parola, attestata già nell'Antico Regno, in origine era un toponimo che designava una specifica località, sembra nell'attuale oasi di Dakhla, e probabilmente era un termine della lingua locale (libico-berbero. La posizione di un'oasi è di importanza critica per le rotte commerciali e di trasporto delle aree desertiche. Le carovane devono viaggiare di oasi in oasi per assicurarsi il rifornimento di acqua e cibo. Quindi in molti casi il controllo militare o politico di un'oasi può significare il controllo di un particolare commercio o di una rotta commerciale. Per esempio le oasi di Augila, Ghadames e Kufra, nella Libia moderna sono state in vari momenti vitali sia al commercio Nord-Sud, sia a quello Est-Ovest nel Deserto del Sahara (da Wikipedia).


Dopo mezzanotte

Noi che non abbiamo occhi da chiudere
a mezzanotte
come i gufi assennati
che attizzano il fuoco delle bruciature,
noi che non abbiamo altro modo di vegliare
che i gemiti del silenzio
e i respiri trattenuti
intorno alle sorgenti d'una volta,
usciamo dalle nostre grotte,
vediamo come gli slanci
del sonno
tolgono le foglie
dal torrente della vita.


Rovina di suoni,
moltitudine delle ombre
che i sibili del vento
radunano,
il cielo e la terra sono legati
dal raggio dei sogni,
lo stupore dei misteri.
Primavera del ciclo,
ogni scintilla luccica nel suo fulgore,
ogni bolla si appiattisce nella chiarità dei suoi laghi
sotto le ali leggere del Nulla
vuoto e silenzioso.

   Noi che siamo assetati
di limpidezza freschezza profumo
di un'altr'acqua,
appoggiamoci al bastone degli esiliati,
avanziamo
a passo di formica
nel vasto regno dell'assoluto.

Sete, sete, sete.
Acque di tutte le sorgenti dell'universo,
il mio cuore è deserto
.              


Hawad
La carovana della sete
Traduzione di Mario Battiato
  

Nonostante costituisca lo sfruttamento di una risorsa naturale già presente, ossia l'acqua e l'ambiente favorevole da essa creato, in realtà un'oasi non è mai di origine integralmente naturale.
Infatti per oasi si intende tutto il complesso ecosistema formato da insediamento umano: palmeto, coltivazioni, e spesso elaborati sistemi di captazione e gestione idrica.
Si tratta quindi di un paesaggio colturale in cui le palme da dattero sono piantate e meticolosamente coltivate e dove si arriva a volte a controllare anche gli stessi sistemi dunari, creando dune artificiali protettive.

Pietro Laureano dà questa definizione di oasi:
« oasi è un insediamento umano che in condizioni geografiche aride usa le risorse disponibili localmente per creare una amplificazione di effetti positivi e determinare una nicchia vitale autosostenibile e un ambiente fertile in contrasto con l'intorno sfavorevole »
Per ottenere una varietà di prodotti vegetali quali datteri, fichi, olive, pesche e albicocche, l'acqua disponibile deve essere utilizzata in modo accorto.
La coltivazione avviene quindi in strati altimetrici dei quali il primo e più importante è costituito dalle palme da datteri, piante a elevato sviluppo verticale che forniscono l'ombreggiatura per alberi più bassi come quelli da frutta. A loro volta questi possono fornire un ambiente adeguato alla coltivazione di verdure ed eventualmente, se le condizioni lo consentono, di cereali. Questo sistema minimizza la dispersione idrica dovuta all'esposizione al sole diretto e quindi consente un utilizzo efficiente dell'acqua disponibile (da Wikipedia). 
 
lungo le vie dell'Oriente carovane,
anche la mia, quella perduta, nel giallo
quella della mia anima, quella della gru;
sono un uomo di sogni, oasi di niente...

sabato 29 aprile 2017

Dietro una tenda

La tenda

 

Tieni la tenda della nostra finestra a nord chiusa.
Notte dopo notte ci abbracciamo stretti
nel nostro unisono appartato
sotto le coperte pesanti della Baia di Hudson
come fossimo due clarinetti sotto
i bassi e i violoncelli del mondo. Siamo privi
di essenza, due esistenze, quindi niente
vecchio né giovane, né maschio né femmina,
         né carne né pietra,
che nell'esistere e attraverso l'esistere sono
qualcosa di unico, unico, perfetto – o quasi.
La nostra canzone è una felice canzone di fusa.

Eppure
la tenda è sempre abbassata e nel retro

della mente mi chiedo perché – perché tu al mattino
scacci l'unica pura luce pulita del mondo
che ci arriva dal nord oltre il nord,
dalla chiarezza di là, invisibile, decisa e sincera.

 

Hayden Carruth

Il primato dell'etica

Traduzione di Fiorenza Mormile

 

Tenda
[tèn-da]
sostantivo femminile
(Sabatini - Coletti)

1.- Telo di tessuto vario che si stende sopra o davanti a qualcosa per nasconderlo o proteggerlo; in particolare, telo usato nell'arredamento per ricoprire dall'interno porte o finestre, in modo da evitare di essere visti dall'esterno o per proteggere dal sole: tenda a rullo, a pacchetto; scostare, tirare la tenda di una porta;
telo di stoffa robusta o di plastica applicato sopra balconi o vetrine di negozi, per difendere dal sole o dalle intemperie || tende alla veneziana, a strisce orientabili e avvolgibili | tenda da doccia, in plastica impermeabile, usata per proteggere il vano doccia
2.-Ricovero facilmente smontabile e trasportabile, costituito da teli sostenuti da pali fissati con picchetti al terreno; è usato dalle popolazioni nomadi come abitazione, dai militari o dai campeggiatori come ricovero temporaneo: montare la tenda. || t. canadese, piccola tenda triangolare per due o tre persone | piantare le tende, montarle ~fig. stabilirsi in un luogo approfittando oltre misura dell'ospitalità di qualcuno | levare le tende, smontarle ~fig. andarsene da un luogo
3.- med. t. a ossigeno, telo di plastica con cui si ricopre a padiglione il letto di un malato in difficoltà respiratoria, introducendovi una miscela di aria e ossigeno

dietro una tenda un mondo,
guardiamo da fuori a dentro,
cerchiamo, spiamo, notiamo;
cerchiamo qualcosa sempre...
 

venerdì 28 aprile 2017

Giorni di minime #52 e crepuscolo

 

piove, dopo tanto secco,
le cince  bagnate riparano
sotto foglie neonate del noce;
il mondo dalla mia finestra si perde
dopo la cucina e l'aroma di caffè
è il mio mattutino, sempre, da tempo,
vivo in un continuo crepuscolo...
 
Gujil
 
 

crepuscolo
cre·pù·sco·lo/
sostantivo maschile
(dalla rete)
 
1. - Luminosità limitata e incerta del cielo nei momenti susseguenti al tramonto del sole (meno com. in quelli precedenti la sua levata), alla quale sono congiunti cambiamenti di colore dovuti al vapore acqueo e al pulviscolo atmosferico.

2. a - estens.
Il tempo che sussegue il tramonto
o ( meno com. ) che precede l'alba.
b - fig.
Il primo accenno del sorgere di un fatto;
più com., declino, esaurimento.
"il c. della vita"

Crepuscolo degli dèi,
la fine del mondo, nella mitologia nordica, descritto nei canti dell’Edda norrena;
fig., l'estinguersi di una razza d'eroi (o presunti tali) o di una concezione del mondo ritenuta immarcescibile ed eterna.

 

 
 

 

giovedì 27 aprile 2017

Ricordare

Nessun maggior dolore
che ricordare il tempo
felice - scarse rose
alla luce di un lampo.
Uno specchio incoraggia
le rose a lume spento
- or le bagna la pioggia
in sogno e move il vento.
 
Toti Scialoja

  Toti (Antonio) Scialoja
(Roma 1914-1988),
famoso pittore della Scuola romana, maestro dell’astrattismo informale, scenografo, fra il 1955 e il 1965 soggiorna a Parigi e in America. Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Roma, dove insegna per vent’anni, dopo una lunga pausa riprende l’attività artistica dal 1982 fino alla morte.  Come poeta, autore di filastrocche per bambini-lettori (o lettori-bambini), sulla linea del nonsense o del limerick di Lewis Carroll e di Edward Lear, pubblica versi apparentemente svagati ma in cui nulla è lasciato al caso, con frequenti allusioni alla tradizione poetica italiana: I segni della corda (1952), La stanza la stizza l’astuzia (1976), Paesaggi senza peso (1981), Scarse serpi (1983), Violini del diluvio (1991), Rapide e lente amnesie (1994), Le costellazioni (1997), Cielo coperto (postumo, 2002) (Luigi Cavalli - TRECCANI).
 
il tempo felice, quello di un tempo,
ora rigiro le dita e le carte,
vivo si, ma vivo male;
le vie sono contratte e strette...
 
 

mercoledì 26 aprile 2017

Aruspici ed auguri

Gli auguri e gli aruspici presso i Romani – Per i Romani, come per tutte le civiltà antiche, il rapporto con le divinità era fondamentale: prima di affrontare un’attività (pubblica o privata) era necessario consultare gli dèi per essere certi di agire con il loro consenso. I segni (signa) attraverso i quali gli dèi manifestavano la propria volontà erano molteplici. La divinazione (divinatio) era appunto l’arte di interpretare tali segni.
Il metodo divinatorio più antico era l’osservazione del volo degli uccelli praticato dagli àuguri (augures). I segni che essi interpretavano si chiamavano auspicia.
L’altra forma molto importante di divinazione era l’aruspicina, cioè l’esame delle interiora di animali sacrificati (exta), in particolare del fegato. Questo sistema era noto anche con il nome di Etrusca disciplina, poiché era stato importato a Roma dal mondo etrusco, in età molto antica.
Depositari dell’arte aruspicina erano gli arùspici (haruspices), indovini, discendenti di quelli etruschi, che formavano un collegio denominato ordo haruspicum. Gli arùspici davano le loro interpretazioni anche su altri fenomeni considerati presagi (omina).
Gli omina erano parole o frasi che, pronunciate da qualcuno in modo apparentemente casuale, assumevano un significato profetico se le si sapeva interpretare. Omina e auspicia erano considerati segni premonitori di un futuro immediato, che avvertivano gli uomini della volontà divina confermando oppure frenando le loro azioni (dalla rete).

aruspice divino scaltro uccello
che infra le molecole di gas
che ciminiere e lucernari sfiatano
scheletri appropinqui e larve et altri oggetti
già sopraggiunge a strati larghi il tempo
un tempo antico nomato primavera
e già dovrebbe scapocchiarsi il fiore
e già la tortora fra i rami incrudelire
ma le ombre delle case che in fastelli
se stesse alle finestre sovrappongono
alle scatole di noan ai profilattici
velano ambiguamente me e una donna
distesi a fianco dopo un coito falso
(l'energia che si sperde non rimane
nel cosmo come vuole un'ipotesi)
e veramente od soltanto
un grido un trepestio dolori immondi
è il soldato che stramazza nell'agguato
è il bambino che avresti fatto nascere
e che per questo desio di nullità
al nulla è nato


Ferdinando Falco
da "Così malato di parole"
  

Due Aruspici e la Porta dell'Ade
 Tarquinia, Tomba degli àuguri. VI sec. a.C.
Gli aruspici nella società etrusca erano grandi personaggi, appartenuti alle famiglie dell'aristocrazia, che esercitavano il potere nelle diverse città toscane e che si trasmettevano di generazione in generazione i princìpi della scienza divinatoria nazionale.
Si facevano orgogliosamente rappresentare tenendo in mano il fegato della vittima animale che stavano osservando.
O si facevano effigiare in statue, vestiti nel costume tipico degli aruspici - berretto con punta alta e mantello corto, chiuso da una grande fibula.
In Etruria gli indovini erano persone serie. la divinazione era cosa seria.
Non c'era mantica ispirata, lasciata all'ispirazione di un essere al quale gli dèi indicavano direttamente quel che volevano fare sapere all'uomo (dalla rete).

indovina indovinello,
che sarà mai? quando?
domande inespresse e desideri,
le mani si muovono ancora...

martedì 25 aprile 2017

25 Aprile, un ricordo, una preghiera

Angelo Zanoni "Gino"
Celebrazioni del 25 aprile a Crema.
Molte le iniziative per il 72esimo anniversario della Festa della Liberazione a Crema organizzata dal Comitato di Promozione dei principi della Costituzione Italiana e dal Comune di Crema in collaborazione con Anpi e Centro di ricerca Alfredo Galmozzi. Si inizia alle 10.00 in cattedrale con la messa, alle 10.45 presso il famedio cittadino deposizione della corona di alloro e interventi delle autorità, alle 11.15 in sala dei Ricevimenti proiezione del cortometraggio Attraverso altri occhi di Ottavio Bolzoni, alle 14.00 da Largo partigiani d’Italia In bici per la resistenza.

La pedalata, organizzata dall’Anpi,
partirà alle 14.15 e sarà un giro per la città nei Luoghi della resistenza. Si proseguirà poi per Izano per ricordare il partigiano Angelo Zanoni assieme alla sezione Anpi di Romanengo. Alle 15.45 ritorno a Crema per confluire alla festa popolare che si terrà dalle 16.30 presso i chiostri del centro culturale Sant’Agostino. Canti e musiche con Gio Bressanelli e la sua band e il gruppo imparare rock dell’istituto musicale Folcioni di Crema coordinato da Ruggero Frasson. Rinfresco a cura degli allievi dell’istituto superiore Sraffa di Crema (dalla rete).
 
 
25 Aprile 1945

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.


Ma soltanto col silenzio del torturati
Più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA.

Pietro  Calamandrei
 
 
 
Carolina Brambati Zanoni,
la mamma di Angelo
TESTIMONIANZA DI BERNARDO DOSSENA
 
Seppure a distanza di tanti anni vorrei lasciare una testimonianza, ricordando questo fatto al quale ho assistito in prima persona.
Parlo del partigiano Angelo Zanoni, assassinato da un gruppo di fascisti davanti a casa sua, sotto gli occhi di sua madre. Abitavo nella stessa via di Angelo. Io allora ero un ragazzo di 13 anni quando quel mattino, verso le ore dieci del 17 marzo 1945, sentendo dei ripetuti spari e incuriosito da questi, corsi sulla via per vedere cosa stesse succedendo. Con grande stupore e molto spavento, lì a poca distanza, vidi una persona accasciarsi a terra. Era il povero Angelo che già ferito e in una pozza di sangue fu schiaffeggiato dal "cainismo" (odio) di uno dei fascisti. Poi seguirono le urla di disperazione e di dolore della madre che, abbracciandolo per terra, mischiava le sue lacrime col sangue del figlio gravemente ferito, mentre rivolgeva parole di disprezzo verso il fascista feritore. In seguito e senza fretta (perché decidevano loro), fu portato in ospedale, ma purtroppo il suo forte fisico di ventitreenne, nel pomeriggio del 6 aprile 1945, cessò di vivere.
Egli, sicuramente, dall'alto del Paradiso seguirà le generazioni che, come testimonianza, vedranno la lapide con la scritta e la foto del caduto, nel punto dove è successo il fatto.
 ("50 ANNI FA CREMA E I CREMASCHI"
ED. BUONA STAMPA, PAGG. 244-245
17 marzo 1945, l'assassinio di Angelo Zanoni di Izano).
 
La mamma Carolina ha conservato la maglietta che Angelo (Gino) indossava quel giorno, crivellata di proiettili, l'ha voluta con sé, sul suo cuore, nella bara quando è stata seppellita nel 1980 (nota aggiunta).
 
dedicata allo zio,
quello mai conosciuto,
quello del ricordo e rimpianto;
lo zio tanto amato, eroe e uomo...

lunedì 24 aprile 2017

Giorni di minime #51, pietre dimenticate

Risultati immagini per pietre dimenticate

percorsi e ricorsi, date,
giorni fissati dal tempo
rocce indistruttibili all'apparenza;
eppure così sole, fragili dentro,
inamovibili forse, ma dimenticate spesso...
 
Gujil

 
...E poi ci sono i monumenti,
dimenticati o non valorizzati,
specie quelli periferici: tristi fiori all’occhiello.
Segnalati in maniera poco adeguata,
con cartelli poco visibili e poco attraenti...
 
Risultati immagini per milestone

domenica 23 aprile 2017

Idea fissa

"To have a one-track mind, track"
L'idea fissa altro non è che un'idea parassita accettata dal soggetto che non ne riconosce tuttavia il carattere patologico, in questo distinguendosi dall’idea coatta e dall’idea delirante.
Al limite con il patologico si situano le cosiddette fissazioni (come quelle degli inventori ecc.), mentre nettamente patologiche sono le idee fisse degli stati confusionali, di mania e di malinconia.
La tematica di tali idee può essere molto varia: generalmente si tratta di temi di grandezza e di esaltazione nella mania, temi di rovina e di inutilità nella malinconia (dalla rete).
 

 Idea fissa
 
Un chiaro, fisso, attonito pensiero,
Sempre confitto in mezzo della mente,
Come un chiodo d’acciajo aspro e lucente
Battuto a forza in un assito nero.

Un’immobile angoscia, un insistente
Dolor che tutti i di si fa piu fiero;
Non so qual vago orror pien di mistero,
Non so che oppression cupa e latente.

Sempre cosi; fulgido il sol risplenda
Che la vita del mondo ha in sua balia,
O la notte pel ciel tetra si stenda.

Sempre cosi; dovunque io vada, o stia,
Checche mediti, o faccia, o dica, o intenda;
Fin tra le braccia della donna mia.
 
Arturo Graf
 
 
già quando l'idea si fissa,
quando non cambia e non ascoltiamo;
a volte siamo distrutti dal desiderio,
spesso incediamo in lente volute...
 
  sinonimi di idea fissa:
ossessione, fissazione, chiodo, grillo, mania.

sabato 22 aprile 2017

Crocicchio

Crocicchio
 
Dissolversi nella cipria dell’ordinotte
Con l’improvviso clamore dell’elettricità del gas dell’acetilene

e delle altre luci
Fiorite nelle vetrine
Alle finestre e nell’areoplano del firmamento
Le scarpe che trascinano gocciole di diamanti e d’oro lungo i
marciapiedi primaverili
Come le bocche e gli occhi
Di tutte queste donne pazze d’isterie solitarie
Le automobili venute da pertutto
Le carrozze reali e i tramways in uno squittio d’uccelli mitragliati

Nous n’avons plus d’amour que pour nous-mêmes enfin
"È proibito parlare al manovratore"
Oh nuotare come un pesce innamorato che beve smeraldi
Fra questa rete di profumi e di bengala!
 
Ardengo Soffici
 
 
Si definisce crocicchio il punto in cui più strade si incrociano tra loro, generalmente quattro, che vanno a formare una croce (da cui il nome).
Termine caduto in disuso, diffuso dal XIV secolo soprattutto nelle campagne toscane, veniva utilizzato anche per definire all'interno delle città, gli spazi tra abitazioni più angusti dove si incrociavano una o più vie, oppure “fare crocicchio”, che assumeva così formulato il significato di incrociarsi.
Sono numerosissime le leggende elaborate dalla tradizione popolare su questi luoghi, dove si diceva che le streghe venissero a incontrare il loro oscuro signore.
Tanto per fare un esempio, la leggenda vuole che il musicista blues Robert Johnson si sia recato a un crocicchio sul Mississipi e abbia venduto la sua anima al Diavolo per poter diventare un famoso musicista.
In passato, Greci e Romani ponevano statuine di Hermes/Mercurio (a seconda) negli incroci, in quanto il Dio era considerato naturale protettore delle strade e dei viaggiatori che vi transitavano.
A Roma venivano poste anche statue dei Lares Compitales (Lari degli incroci).
Con l’avvento del cristianesimo, i crocicchi si sono ritrovati a subire una vera e propria opera di demonizzazione, proprio per il significato prettamente pagano 
In essi venivano seppelliti i suicidi e le streghe, e probabilmente anche i vampiri (secondo il folclore).
Nell’esoterismo, il crocicchio è un luogo di potere immenso.
L’incrocio tra strade diverse viene visto come una metafora dell’incrocio tra mondi diversi, come per esempio il nostro mondo e quello dello spirito.
I crocicchi rappresentano anche la scelta, la libertà assoluta di prendere una strada piuttosto che un’altra.
A tutt’oggi è facile trovare statue della Madonna o altri simboli cristiani agli incroci delle strade, come le edicole sacre, poste proprio a protezione di questi luoghi dalle forze demoniache (dalla rete).  

belli i crocicchi di paese,
quelli polverosi, le strade di sassi
con la terra sempre secca ed arida,
passaggio di zoccoli e carri di fieno...

venerdì 21 aprile 2017

Primavera


Tu sei come giorno di primavera

Tu sei come giorno di primavera col tempo azzurro
E del maggio nella tua anima porti i poemi,
Con la gioia i pensieri piantati in te fioriscono
Vivaci come farfalle e profumati come fiori.

Amo ricordare i tuoi sguardi amorosi
Celati nella palpebre, come pratoline nell'erba,
E la tonda risata, che ti fa brillare i denti,
Bianchi come polpa di mela in rossa cornice.

 
E quando verrà un mesto autunno senza di te,
Quando la tristezza colmerà il mio cuore ammutito,
Mi vengano in sogno, in bianche vesti di primavera,
I baci solari: le tue piccole efelidi
.


Kazimierz Wierzynski
Cronache dall'esilio
Traduzione di Paolo Statuti
 
 
La primavera è una delle quattro stagioni in cui si  divide l'anno.
Il termine viene dal latino «vēr», a sua volta derivato dal sanscrito «vas», cioè «splendere».
Si distingue in astronomica e meteorologica.
Per l'aspetto meteorologico, la primavera viene invece considerata come la stagione compresa tra il 10º marzo e il 31 maggio.
È così definita, insieme all'autunno, come stagione intermedia tra le altre due, la più fredda e la più calda, inverno ed estate. 
La primavera è vista come la stagione della natura, del rifiorimento e delle rinascite.
I suoi colori, corroborati dall'aria nuova dopo il letargo invernale, segnano un risveglio che sfocerà nell'estate.
L'astrologia e lo zodiaco collocano in primavera i segni di Ariete (fuoco), Toro (terra), Gemelli (aria).
(da Wikipedia) 
  
primavera, sole, verde, colori,
una solitaria cincia mi fa compagnia
mi viene a trovare, mi allieta;
il tempo passa, loro non passano mai...

mercoledì 19 aprile 2017

Farewell, addio...

A Farewell

Io mi pento e mi dolgo del non coraggio avuto
a chiederti: chi sei? che fai? da dove vieni?
Slenzio e imaginativa, con sue nubi e sereni.
Come facevo un tempo. Così sono rimasto muto.

Su cose della bellezza tua (temuta?)
su mani volto di tuoi capelli il biondo.
Salveranno (pensavo) con altro vento il mondo?
Salvezza può venire da bellezza? Sono rimasto muto.

Poco prima che arrivassimo alla fine, a Como
come avevo promesso a Milano nel mio inglese giù
dissi dopo il vasto silenzio: "We are in Como".
                 

Come scendevi balbettai: "I'll never never see you
again". Mandai in extremis bacio con le dita
e tu idem, in più un lampo, tu, di gioia divertita.


Giovanni Orelli
Come le api di Montaigne

 
addio /a'd:io/
-TRECCANI_
[dalla locuz. a Dio, sottint. "ti raccomando" o sim.] (con la prep. a o assol.). -
 
■ interiez. 1. [forma di congedo, spec. quando il distacco è definitivo] ≈ ‖ arrivederci, ciao. ● Espressioni: fig., dire addio (a qualcuno o qualcosa)
→ □. 2. [esprime disappunto per una perdita: se bevo anche solo un caffè dopo cena, addio sonno] ≈ (fam.) arrivederci, buonanotte (addio).
 ■ sostantivo maschile (pl. addii) [il salutarsi, spesso per sempre: l'addio non fu molto cordiale] ≈ commiato, congedo, distacco, saluto, separazione.
 
● Espressioni: fig., dare l'addio (a qualcuno o qualcosa) [lasciare qualcosa in modo definitivo] ≈ rinunciare, ritirarsi (da: si è ritirata dalle scene), salutare ø). 
 □ dire addio (a qualcuno o qualcosa) [andare altrove rispetto a qualcuno o a qualcosa] ≈ allontanarsi (da), privarsi (di), rinunciare, salutare (ø), separarsi (da).
 
gli addii, tristi, lacrimosi,
eppure servono anche loro,
riempiono il cuore di cose,
i ricordi ad esempio, la vita...

martedì 18 aprile 2017

Non chiedermi parole...


La parola
(dal greco παραβολή parabolè, attraverso il latino parabŏla, poi alterato in paràula nel volgare) è l'espressione orale o scritta di una informazione o di un concetto, ovvero la rappresentazione di una idea svolta a mezzo e nel presupposto di un riferimento convenzionale.
In morfologia la parola è definita come un elemento linguistico costituito da un morfema libero o da una sequenza di morfemi legati.
In sintassi si fa riferimento alla parola come a un'entità della frase associata a una determinata parte del discorso.
Elemento basilare della comunicazione verbale, la parola assume in questa il ruolo di unità minima di trasmissione dei concetti e come tale è stata anche definita "monade logica", sebbene siano state mosse obiezioni a questa visione atomistica, soprattutto per effetto dei numerosi esperimenti di manipolazione verbale prodotti particolarmente nell'arte o in usi strumentali speciali della comunicazione (da Wikipedia).


Non chiedermi parole oggi non bastano.
Stanno nei dizionari: sia pure imprevedibili
nei loro incastri, sono consunte voci.
È sempre un prevedibile dejà vu.
Vorrei parlare con te - è lo stesso con Dio -
tramite segni umbratili di nervi,
elettrici messaggi che la psiche
trae dal cuore dell’universo.
Un fremere d’antenne, un disegno di danza,
un infinitesimo battere di ciglia,
la musica-ultrasuono che nemmeno
immaginava Bach. 
 
Maria Luisa Spaziani

  
Maria Luisa Spaziani (Torino 1924 - Roma 2014)
ha insegnato letteratura francese all’università di Messina. Traduttrice di Audiberti, Bellow, Flaubert, Gobineau, Gombrich, Jammes, Marivaux, Racine, Ronsard, Yourcenar, autrice di saggi, fra cui Ronsard fra gli astri della Pléiade (1972), Il teatro francese del Settecento (1974), Il teatro francese dell'Ottocento (1977), ha fondato e presieduto, a Roma, il Centro internazionale Eugenio Montale, ora Universitas Montaliana, tra le cui attività annuali figura un premio internazionale di poesia, dedicato al poeta prediletto, al quale è stata per lunghi anni legata da una profonda e sincera amicizia. Il volume Tutte le poesie (2012) raccoglie fra l’altro Le acque del Sabato e Primavera a Parigi (1954), Il gong (1962), Utilità della memoria (1966), L’occhio del ciclone (1970), Transito con catene (1977), Geometria del disordine (1981, premio Viareggio), La stella del libero arbitrio (1986), il racconto in versi Giovanna d'Arco (1990), più volte portato sulle scene, Torri di vedetta (1992), I fasti dell’ortica (1996), La radice del mare (1999), La traversata dell’oasi (2002), Poesie dalla mano sinistra (2002), La luna è già alta (2006), l’antologia del 2011, Poesie (1954-2006), e L'opera poetica (2012) (TRECCANI).
 
già, non "chiederci la parola"
di poeta docile e pensoso,
nei dejà vu la nostra vita,
quella che siamo o che avremmo voluto...