venerdì 31 luglio 2015

Frammento


infinitesimi attimi sogliano,
le porte del nulla, cancelli
aperti su onirici mondi;
ristò pensieroso tra nubi
e gridi di stanchi gabbiani...
 
Anonimo
del XX° secolo
frammenti ritrovati
 
 

giovedì 30 luglio 2015

Venti estivi



Il Vento non è altro
che aria in movimento


Vento di prima estate

 
A quest'ora il sangue
del giorno infiamma ancora
la gota del prato,
e se si sono spente
le risse e le sassaiole
chiassose, nel vento è vivo
un fiato di bocche accaldate
di bimbi, dopo sfrenate
rincorse.
 
Giorgio Caproni

 
Levante
(da Est):
E' un vento che, come dice il nome, spira da Est ed è tipicamente estivo.
Lungo le regioni tirreniche, si manifesta durante le prime ore del mattino
La sua influenza è sentita sul Tirreno e sull'Adriatico centro-meridionale.
A volte il levante può preannunciare l'arrivo del brutto tempo


Scirocco
(da Sud Est):
E' un vento che proviene dal continente africano percio' e' molto caldo e secco.
Durante il suo percorso verso l'Italia sul mare però, , tende molto facilmente ad acquistare umidità ed è per questo che da noi giunge caldo e umido.
E' un vento molto temuto nella stagione estiva perché rende le giornate molto calde e afose.


Ponente
(da Ovest):
E' un vento che, come dice il nome, spira da Ovest ed è tipicamente estivo.
Lungo le regioni tirreniche,  si manifesta durante le ore pomeridiane
La sua influenza è sentita sul Tirreno e sull'Adriatico centro-meridionale.


  
aria calda
il vento estivo,
condiziona le onde,
carezza le dune di sabbia
e i larici immobili...

mercoledì 29 luglio 2015

Poesia e riflesso

L'estate sui campi

 
Splende a distesa il giorno
rosato alla pianura,
la tremula calura
richiama a lungo intorno
dall’alto il visibilio
dei passeri nel sole.
...Il grano trema e nere
si schiudono farfalle
all’afa azzurra; d’oro,
riversa a quel ristoro
di luce, nelle gialle
stoppie bisbiglia l’aria...
...Così morbido e solo
scorre sul fiume il verde
silenzio che alle valli
odoroso si perde.
Restano i campi gialli,
monotona campagna
dei grilli e della sera...
 
Alfonso Gatto
  
 
sole ancora e suoni,
estate frinisce e scalda,
il cuore non so,
non so ancora...

martedì 28 luglio 2015

Sorella


Mariuccina
 Acrostico
 
Mentre siedo, o sorella, a te da canto
Anni tristi, ben tristi anni! rammento;
Ricordo un lutto, una famiglia in pianto,
In mezzo alla miseria, al tradimento.
Un sorriso splendeva in quel dolore,
Caro sorriso che t'uscia dal cuore!
Caro il tuo balbettìo, sempre lo stesso,
In mezzo al cupo ragionar sommesso!
Nostra, di tutti noi, consolatrice,
Angelo della tua madre infelice!
 
Massa, 1885
Giovanni Pascoli
  
sorella in tutto, e per tutto,
vederti fa bene, fa luce,
eppure un velo permeato
mi dici che sei ancora con me,
rimani sorella, rimani...
 
sorèlla s. f.
[der. del lat. soror, sul modello del corrispondente masch. fratello].
- TRECCANI -
 
1. - 
Ciascuna delle figlie nate dagli stessi genitori, considerata in rapporto con gli altri figli: mia s., tua s. (ant. e pop. la mia s., la tua s.; ma sempre con l’articolo nel plur.: le mie s., le nostre s., e quando il possessivo o il sostantivo è seguito da un aggettivo o un’apposizione: la mia s. minore o più piccola, la tua bella s.; la mia s. farmacista); s. carnale o germana (contrapp. a s. cugina, espressione usata un tempo per indicare la relazione di parentela tra figlie di fratelli); s. di padre, di madre (o per parte di padre, per parte di madre), figlia dello stesso padre o della stessa madre soltanto (v. anche sorellastra); s. adottiva o di adozione, quando il rapporto di sorellanza si crea in seguito a un atto di adozione; s. di latte, allattata dalla stessa nutrice; s. siamesi (v. siamese). In similitudini, con allusione all’affetto che normalmente intercorre fra sorelle, o alla somiglianza fisica: si vogliono bene come s.; si amano come fratello e sorella (in quest’ultima espressione, anche per indicare amore innocente e casto); sembrano sorelle, due s., fratello e sorella, di persone che si somigliano molto.
2. - estens.
Di persona, collettività, o cosa unita ad altra o a più altre da stretti vincoli e legami di affinità (per lo più con funzione predicativa o appositiva): sono sorelle nel dolore; le esperienze vissute insieme le hanno rese sorelle; la presunzione è s. dell’ignoranza; lingue, civiltà s.; arti s., per es., la pittura e la scultura; nazioni s. (e, in partic., la s. latina, denominazione usata in Italia, spec. nel passato, per indicare la Francia).
3.-
a. Titolo e appellativo riservato alle religiose che non rivestono un particolare grado o che non hanno cariche speciali (cfr. suora), e anche alle infermiere della Croce Rossa: la maestra del coro è la s. Lucia; buongiorno, s.; I’ fui nel mondo vergine sorella (Dante).
b. Al plur., in denominazioni di alcuni istituti religiosi femminili: Sorelle della misericordia; Sorelle dei poveri di s. Caterina da Siena; Sorelle della Croce.
4. -
Sette s., espressione usata nella pubblicistica contemporanea per indicare le sette maggiori compagnie petrolifere internazionali (cinque statunitensi, una anglo-olandese, una britannica).
 
◆ Dim. sorellina (ant. sorellétta); vezz. sorellùccia; accr. sorellóna; pegg. sorellàccia.

lunedì 27 luglio 2015

Riflesso

 
 
alimento voglie represse
con cibi inadatti e scipiti;
tornare vorrei...tornare...
 
Gujil

venerdì 24 luglio 2015

Precluse vie


Precluse vie
 
affannano pensieri e passi,
contengo il dcecoro,
mi avvio in silenzio...
 
Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate
 
 
precludere [pre-clù-de-re]
v. (irr.: coniug. come concludere)
• v.tr. [sogg-v-arg-prep.arg]
 
1 Impedire, vietare il passaggio, l'accesso a qlcu.: p. l'entrata ai minori; in usi generalizzati il secondo arg. può essere sottinteso
2 fig. Impedire qlco. a qlcu.: la malattia gli ha precluso una sfolgorante carriera • precludersi • v.rifl. [sogg-v-arg] Fare in modo di rendere impossibile qlco. a se stessi: p. ogni via di uscita

giovedì 23 luglio 2015

Inferi

Lorenzo Pietro detto "Il Vecchietta"
discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte;
Battistero e nell'ospedale di S. Maria della Scala
Inferi

In voragini buje, in erme grotte
S’apre e vaneggia la plutonia rupe
Nel grembo della terra, orride, cupe,
Securo asil della tenaria notte.
S’alzan con archi immani le pareti
Scisse, ronchiose, affumicate ed arse;
Biancheggian qua e là, divelte e sparse,
L’ossa d’antichi, giganteschi ceti.
Sotterra s’affaccendano i Titani,
C’hanno gli antichi vincoli spezzati;
Sotto la foga dei potenti fiati
Di novi incendi flagrano i vulcani.
Ferve lor opra: con le man dal fondo
Di nere cave strappano le antraci,
Buttano intere nelle gran fornaci
Le selve morte dell’antico mondo.
Ad attizzar la bragia incandescente
Piove in copia il sudor dagli arti ignudi;
Coi magli enormi in sulle larghe incudi
Batton macigni di metal rovente.
Nell’onda immerso vaporando stride,
E in durissime tempre si rinnova,
L’ignito ferro, e cimentato a prova
Schianta il granito e il dïamante incide.
L’aria di fumo e di faville ingombra
Ne’ larghi petti sibilando scende;
Mostruosa s’accorcia e si distende,
Sulle pareti, dei gran corpi l’ombra.
Via via per le recondite latebre
Il suon dell’opre rimuggendo esala:
Taccion gli adusti fabbri, e mai non cala
Benigno il sonno sulle lor palpebre.
E alcun talora a rinfrancar l’anelo
Petto, agli atri spiracoli s’appressa,
E sparsa indietro l’arruffata e spessa
Criniera, insulta con lo sguardo il cielo.
 
Arturo Graf
 

sotto di noi, nel buio,
profonde inquietudini
relegano l'io in angoli stretti,
vorrei sapere, a volte,
a volte non vorrei...

 
 ìnferi
(o Ìnferi)
sostantivo maschile plurale
[dal lat. infĕri, pl. dell’agg. infĕrus (v. infero), sottinteso di (pl. di deus),
quindi «dèi infernali»].
- TRECCANI -
 
1. Presso gli antichi Romani, le divinità e in genere gli abitanti dell’oltretomba, invocati talvolta come Mani (di Manes).
2. Per estens., i luoghi infernali, l’oltretomba pagano: la discesa di Enea agli i.; evocare dagli i.; scherz., mandare agli i., mandare all’inferno.
 
Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento secondo le quali Gesù "è risuscitato dai morti" (1Cor 15,20; cfr. At 3,15; Rm 8,11) presuppongono che, preliminarmente alla risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti (cfr. Eb 13,20).
È il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti.
Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri (cfr. 1Pt 3,18-19). (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 632).
Gli inferi non sono l'Inferno, che è la condizione definitiva del peccatore, segnata dalla sofferenza, ma indicano quello che l'Antico Testamento palesa come il soggiorno dei morti, in ebraico sheol, in greco hádes (dalla rete).
 

mercoledì 22 luglio 2015

Poesia e cicala

Estate
 
Cicale, sorelle, nel sole
con voi mi nascondo
nel folto dei pioppi
e aspetto le stelle.
 
Salvatore Quasimodo
 
 
 
caldo, caldo, caldo,
più di un abbraccio,
più del tepore di un corpo,
caldo, troppo caldo...

 
Cicala
 
Nome comune degli Insetti Omotteri (sezione degli Auchenorinchi) della famiglia dei Cicadidi.
Le cicale sono principalmente note per il suono vibrante e intensissimo emesso, durante la stagione estiva, dagli individui di sesso maschile, grazie alla presenza di uno speciale organo costituito da due membrane tese su altrettanti anelli rigidi e azionate da fibre muscolari, nonché da due casse di risonanza situate nell'addome.
Posseggono, tra l'altro, un rostro che sopravanza, in posizione di riposo, l'inserzione delle zampe anteriori; quattro ali membranose; femore delle zampe anteriori rigonfio e denticolato.
Dalle uova delle cicale, introdotte in steli secchi di erbe e sotto la corteccia di alberi morti o morenti, nascono delle ninfe che si affondano nel terreno, dove pungono le radici delle piante, nutrendosi della linfa che ne fuoriesce.
Le ninfe hanno zampe anteriori robustissime e atte a scavare.
Il ciclo biologico dura presumibilmente 4 anni nella più grande cicala italiana, Lyristes plebejus, che supera i 3,5 cm di lunghezza; esso abbraccia addirittura 17 anni in una specie nordamericana, Magicicada septemdecim.
Altre cicale che si rinvengono in Italia sono la cicala del frassino (Cicada ornis), lunga sino a 3 cm, e Tibicen vitripennis, lunga ca. 3,5 cm e dannosa al cotone (dalla rete).

martedì 21 luglio 2015

Frammento e cascate di Riva


flussi continui
alimentano fantasie sconfinate,
nel gesto di un niente
si formano impetuose cascate...
 
Anonimo
del XX° Secolo
frammenti ritrovati
 
 
Le Cascate di Riva, tra le più belle dell’Alto Adige, rappresentano uno spettacolo imponente, in grado di far sentire impotente il visitatore dinnanzi alla primigenia forza degli elementi.
Sono formate da tre cascate, una più impetuosa dell’altra, la più grande si getta da una roccia verticale in 42 metri di profondità, in un vero e proprio abisso.
L’estate è il periodo migliore per visitare le cascate, quando la loro portata raggiunge la massima potenza in seguito al disgelo del ghiacciaio delle Vedrette di Ries. In inverno le cascate sono meta di scalatori che si cimentano in difficili risalite dei corsi d’acqua ghiacciati. Per raggiungerle si imbocca il Sentiero delle cascate che conduce ad un impressionante ponte sospeso sullo strapiombo (dalla rete).

lunedì 20 luglio 2015

Accidente



Accidente ed essenza.

O uomo essenzialìzzati: ché quando passerà il mondo,
 cadrà l'accidente e resterà l'essenza.
 
Angelus Silesius
Traduzione di Gio Batta Bucciol
Il tempo distrutto
 
 

accidènte
sostantivo maschile
[dal lat. accĭdens -entis, part. pres. di accidĕre «accadere»].
– TRECCANI -


1.
a. Ciò che accade, e in partic. ciò che accade fortuitamente, senza una ragione apparente; avvenimento imprevisto, caso: gli accidenti della vita; el tempo porta accidenti che ti cavano di queste difficultà (Guicciardini); ringrazio il bell’accidente che ha dato occasione a una guerra d’ingegni così graziosa (Manzoni); come locuzione avverbiale, per accidente, per caso.
b. Evento infausto o doloroso; il termine è stato usato (oggi più raramente) soprattutto per indicare scontri di veicoli o di treni, deragliamenti e simili: accidente di mare, che avviene nel corso della navigazione di una nave.
2. - Nel linguaggio medico (ma con valore generico), fenomeno morboso improvviso e imprevisto; oppure episodio morboso che aggrava improvvisamente il decorso d’una malattia, o che compare nel corso di una tecnica diagnostica o terapeutica come complicazione: accidente cerebro-vascolare, accidenti trasfusionali.
Anche (come francesismo), sintomo: accidente primario.
Nel linguaggio comune, colpo apoplettico: gli è preso un accidente; è morto per un accidente; di qui l’imprecazione ti venisse, gli pigliasse un accidente, o simile, le espressioni augurare, mandare un accidente, e l’esclamazione accidenti!.
Fig., di persona molto vivace o testarda o che crei spesso fastidî e simili: è un vero accidente; corre come un accidente (all’impazzata); quell’accidente di ragazza!
3.- In filosofia, ciò che appartiene a un oggetto in modo casuale, o anche per sé stesso, senza però far parte della sua essenza.
Di qui, nel linguaggio comune e familiare, le locuzioni figurate non saperne un accidente, non capirci un accidente, non gliene importa un accidente, cioè nulla.
4.- Nella terminologia grammaticale, ogni modificazione morfologica cui possono sottostare le parti variabili del discorso; si dice anche determinazione flessionale.
5.- In musica, segno che indica l’alterazione, ascendente o discendente, di uno o di due semitoni, dei suoni della scala tonale, e cioè, rispettivamente, il diesis (♯) e il doppio diesis per le alterazioni ascendenti, il bemolle (♭) e il doppio bemolle per quelle discendenti; accidenti in chiave, quelli posti all’inizio di un pezzo musicale o di una sua parte, con valore alterativo per tutte le note dello stesso nome che si trovano nel brano, a meno che l’alterazione sia annullata per singole note col segno del bequadro (♮).
6.- Nella terminologia artistica del secolo 17°, effetto o episodio introdotto in una pittura a scopo di varietà; per es.: accidenti di luce (cioè effetti di luce); accidenti varî degli uccisi, del calpestio, della polvere sollevata (nella rappresentazione della battaglia), ecc.
7.- non comune Disuguaglianza del terreno (cfr. l’aggettivo accidentato, molto più comune). 
Rari gli alterati: diminutivo accidentùccio, accrescitivo accidentóne, peggiorativo accidentàccio (un po’ più com.), con le accezioni generiche e fam., non tecniche, della parola (per l’uso di accidentaccio come esclamazione, vedi accidènti!).

 
sun, sun sun, here comes...
diceva una vecchia canzone;
sole che scalda i pensieri,
a volte li scotta...

domenica 19 luglio 2015

Tramonto estivo


Sera d'estate
 
S’è sciolto in spruzzaglia il gran sole.
La sera d'estate, divampa;
riarde di febbre nel volto.
Sospira di schianto: « Vorrei.... »;
ma quindi ripete - « Son stanca... »
Sussurran preghiere i cespugli.
Nel folto, una lucciola splende
(eterna fiammella) a mezz'aria.
Recinge ogni candida rosa,
vermiglia raggiera - il tramonto.
 
Rainer Maria Rilke
 
 
"Era presso al tramonto quell'ora soave, profonda e come incantata, quando il grande sole delle giornate estive, già stanco e vicino a spegnersi del tutto dietro l'orizzonte di liquido oro, sembra attardarsi ancora un poco nel cielo per salutare ancora una volta le campagne e le case con una carezza di luce splendida e calda.
Soltanto la costa, che avvallava di sotto al boschetto fino al borro, e un tratto della breve conca, erano già bagnati da un'ombra diafana che proiettava l'altura dalla parte d'occidente: sul pendio di faccia, tra la chiarità rosea e aranciata che inondava le viti e gli ulivi, i lavorati apparivano a toppe, svariati di tinte più ricche, rossi e gialli a seconda della qualità della terra su cui si stendevano altre ombre, ma frastagliate queste, cupe, e come covando ancora vampe segrete.
Fra campo e campo, una rete tortuosa di viottole si delineava qua e là tra i ciuffi delle piante, allacciava casolare a casolare, per stringersi alfine quasi in un nodo davanti alla villa, enorme dado illuminato posato in alto, nello scenario de' frascami neri, e lampeggiante da tutti i cristalli delle molte e grandi finestre.
Un vasto silenzio era intorno su tutto, nè appariva in giro essere o cosa che si movesse: solo la voce di un bifolco invisibile che incitava i buoi al lavoro, o il rombo subitaneo di un volo di passere erranti fra le canne sorprendevano ogni tanto; ma eran rumori e sfrulli i quali, piuttosto che rompere, rendevano più sensibili all'orecchio, all'occhio e allo spirito quel silenzio e quella solitudine".
(Ardengo Soffici - dalla rete)
 
afose nottate seguivano poi,
sudavo una volta su lei
avvampati di sonno
stanchezza e passione,
ora il fresco invitante
di un condizionatore...

sabato 18 luglio 2015

Natura


Soltanto la natura
 
Quale furbo butterebbe via una batteria
 carica?
 Soltanto la natura, all’improvviso,
 Estrae la spina del caricatore lanciando
 Cavi meccanismo batteria
 Nella spazzatura –
Con l’arroganza mitica
Cafona
Dei ricchi.
 
Traduzione di Nicola Crocetti
Antonis Fostieris
Prezioso oblio

 
Natura, genericamente, è tutto quanto non è stato realizzato dall’uomo, le cosecome sono o sarebbero senza il suo intervento.
Deriva dalla radice latina gna (‘generazione’), da cui nasci (‘venire ad essere per generazione’).
Anche il corrispondente greco, physis (φύσις), deriva da phyo, ‘genero’.
La forma originaria della parola veniva usata per indicare, infatti, il principio che genera e dà origine le cose.
Passò poi ad indicare l’insieme delle cose.
Il rapporto tra la natura e l’uomo è stato indagato fin dalle origini della filosofia occidentale.
Già Aristotele ha distinto la realtà naturale (che non dipende dall’uomo e dalla sua tecnica) da quella artificiale.
In questo rapporto, un decisivo salto di qualità avviene con la rivoluzione industriale.
Prima della fine del ‘700 l’uomo, nonostante avesse prodotto già notevoli modificazioni  sull’ambiente, si inseriva pienamente nei cicli naturali.
Da allora, invece, lo sviluppo tecnologico ha portato una crescita enorme dell’uso di risorse non rinnovabili, dello sfruttamento del territorio, della produzione di rifiuti, nella creazione di sostanze di sintesi non riciclabili dai processi naturali.
L’uomo diventa così uno dei principali responsabili delle alterazioni dell’ambiente.
Parallelamente, la cultura occidentale prende coscienza dei guasti arrecati alla natura: nasce l’ecologia.
Portata a battesimo dal biologo tedesco Ernst Haeckel nel 1866, l’ecologia (dal greco: οἶκος, oikos, ‘casa’ o anche ‘ambiente’; e λόγος, logos, ‘discorso’ o ‘studio’) è la branca della biologia che studia la biosfera, cioè la porzione della Terra in cui è presente la vita, e le relazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente. (dalla rete)

 
già la natura,
quella che ci dà la vita
e quella che ce la toglie,
già, la natura...
 
 

venerdì 17 luglio 2015

Enrico riflesso



Estate
è tempo di partenze,
viaggi aspettati un anno,
viaggi sognati,
organizzati.
Qualche partenza
è imprevista,
di certo non voluta.
Buon viaggio
Enrico
buon viaggio!..
 
Gujil
 
 

giovedì 16 luglio 2015

Cose

Cose
 
Tra me e me,
ho ritrovato te;
miriadi di cose
pensieri ed oggetti
anima e cuore
in un solo rumore...
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate



cosa /cò·sa/
sostantivo femminile
 
1.
Nome estremamente generico, che riceve determinazione solo dal contesto del discorso; oggetto ideale o materiale: c. corporee, incorporee, temporali, eterne; Dinanzi a me non fur cose create Se non eterne (Dante); l'uomo è misura di tutte le cose.
• Talvolta introduce e sottolinea l'idea di ciò che importa, che si può valutare sul piano oggettivo, o che s'impone per la sua concretezza o consistenza (meno parole, più cose), cui s'accompagna quella di entità determinata anche culturalmente (il suo libro è davvero una c. interessante), di oggetto materiale (se sarai buono, ti regalo una bella c.), significato che talvolta viene attribuito anche a esseri animati in espressioni come esser cosa (o tutto cosa ) di qualcuno, appartenergli.
• Talaltra consente di comprendere il più esteso ventaglio di eventualità o di esiti in campi che vanno dal politico al fantascientifico.
• Il massimo della indeterminatezza, con riferimento applicabile in ogni situazione, è consentito dalle espressioni è un'altra cosa, è altra cosa, che segnalano semplicemente ‘diversità’ o, rispettivamente, ‘opposizione’
• In filosofia: cosa in sé, a partire da Kant, la realtà considerata indipendentemente dal soggetto e dalle forme a priori mediante le quali viene conosciuta.
  
2.
In diritto, contenuto di un atto giuridico o parte del mondo esterno capace di essere assoggettata al nostro potere e idonea a produrre una utilità economica; com., bene (mobile).
"garantisco l'immobile libero da cose"

mercoledì 15 luglio 2015

Quando

Quando

Quando si spegne il tramonto
e si accende dentro di noi la vecchia lampada
e tutte le voci mutano dall'ira alla tristezza
e dal sobborgo se ne vanno i fruttivendoli ambulanti,
gli arrotini, le erbivendole, gli ombrellai, allora
dal pozzo della corte escono le lumache
in doppia fila, e sopra i pubblici orinatoi
resta il cielo di un blu profondo,

completamente immobile,
inchiodato solo da una stella arrugginita.
 
Ghiannis Ritsos
Atene, 2.XI.82
Il funambolo e la luna
 
 
 
quando non bastano le voci,
si è soli nella gente;
quando non si sà
quando si vorrebbe...
 
quando
 avv., cong. e s. m.
[lat. quando].
– TRECCANI - 
 
1. avverbio
a. - Ha la funzione di domandare, in frasi interrogative, in quale tempo o momento si determinerà, si è determinato o si determina, un fatto, una situazione o un’azione. In interrogazioni dirette: q. hai terminato gli esami?; q. tornerete a trovarci?; q. chiude quest’ufficio?; q. fu proclamato il Regno d’Italia?; ellitticamente: «È arrivato mio fratello» «Quando?»; preceduto da preposizione: da q. sei qui?, da quale momento; di q. sono questi affreschi?, di quale epoca; per q. dev’essere finito il lavoro?; fino a q. dovrò sopportarlo? (e con ellissi: a q. il tuo matrimonio?, per quando è fissato, quando si farà il tuo matrimonio ?); in interrogazioni retoriche: q. la smetterete di seccarmi?; q. mai si sono sentite dire cose simili?; da q. in qua si usa trattare così i genitori? In interrogazioni indirette: dimmi q. hai intenzione di rientrare; domandagli q. possiamo telefonargli; non so q. potrò rivedervi; ho saputo che ci sarà una festa, ma non m’hanno detto q. (sottint. ci sarà); in espressioni che indicano quasi avverbialmente tempo indefinito: chi sa (o chissà) q. lo rivedrò; Dio sa q. potremo tornare; spesso con ellissi: ci rincontreremo chissà q., Dio sa q., in un tempo che per ora resta del tutto indeterminato, ma che si suppone lontano.
b. - Con valore temporale indefinito, ripetuto davanti a ciascuno degli elementi di una correlazione, con il sign. di «ora ... ora ...», «a volte ... a volte ...»: va a Milano quasi tutti i giorni, q. in auto q. col treno; «Vai tutte le estati in montagna?» «Q. sì, q. no», non sempre. Di uso comune la locuz. avv. di quando in quando (ormai rara a quando a quando), ogni tanto, una volta ogni tanto: di q. in q. qualche svago è necessario; la figlia è lontana, e la va a trovare di q. in q.; o, in riferimenti spaziali, a tratti, in alcune zone: l’uniformità della pianura era interrotta di q. in q. da qualche collinetta.
2. congiunzione
Introduce proposizioni secondarie di valore temporale, avversativo, condizionale, o causale e insieme condizionale.
a. - Con valore temporale: q. sarai grande, capirai meglio queste cose; q. avrò bisogno di te, chiederò io stesso il tuo aiuto; potrete giocare soltanto q. avrete fatto i compiti; q. non ti conoscevo ancora, ti credevo diverso; il salone era addobbato come q. ci sono dei ricevimenti; i contrattempi ti capitano q. meno te l’aspetti. Oltre che l’indicativo può reggere anche il congiuntivo nel caso che il tempo dell’azione sia prospettato con indeterminatezza: ti prometto, q. io muoia, di lasciarti tutta la mia roba (Leopardi). Nell’uso pop. tosc. in qualche caso si sottintende il verbo già espresso nella frase precedente: son tornato q. lui, quando è tornato lui; andare a letto q. i polli, andare a letto presto. Preceduto da preposizione: da q. non c’è più sua moglie, soffre molto la solitudine; raccontaci di q. eri in Africa; vorrei che l’appartamento fosse già pronto per q. mia figlia andrà a vivere da sola; cercherò di sopportarlo fino a q. non se ne andrà. Con valore iterativo, tutte le volte, ogni volta che: quando ripenso al pericolo corso, mi vengono i brividi. In frasi esclamative, per sottolineare che un fatto già espresso oppure implicito è inatteso, quasi fatale, o viene confermato o confutato da quanto ora si afferma: q. si dice il caso!, q. si dice le combinazioni!, o la iella!; q. si nasce o si è nati disgraziati!; q. si dice che con i soldi tutto è possibile!; seguìto da ecco, per sottolineare l’improvviso e inaspettato determinarsi di un fatto che interviene mentre sta per aver inizio o è appena iniziata l’azione espressa nella frase principale, e spesso la ritarda o la modifica: stavo per uscire, o stavo uscendo, quand’ecco squilla (o che squilla, o squillare) il telefono. Propria dell’uso ant. o dial. è la locuz. quando che, per il semplice quando, una volta o l’altra: q. che càpiti da queste parti, viemmi a trovare (mentre è ancora frequente la locuz. avv. quando che sia: q. che sia dovremo pure ritrovarci tutti insieme). Per la forma allor quando, ormai elevata e rara, v. allorquando, che è la grafia più comunem. usata. Sempre in frasi temporali, ma con valore di cong. relativa riferita al sostantivo che esprime il momento o il periodo in cui si determina l’azione: me lo disse quella sera stessa q. c’incontrammo alla stazione; nella giovinezza, quando si hanno più forze, tutto sembra più facile.
b. - Con valore avversativo, analogo a quello di mentre: è strano che sia lui a pretendere delle scuse quando l’offeso sono proprio io; nell’uso letter. anche rafforzato con che: e quando che anticamente tu non avevi altri poderi che fosse e caverne ..., adesso hai terreni al sole (Leopardi).
c. - Con valore condizionale, ha il verbo più spesso all’indicativo se coesiste un valore temporale (q. c’è la salute c’è tutto), al congiuntivo se prevale quello condizionale (q. loro fossero d’accordo, accetterei anch’io una transazione), e inoltre nella forma rafforzata quand’anche, anche se (mi vendicherò, quand’anche dovessi rovinarmi).
d. - Con valore causale e insieme condizionale, seguito da verbo all’indicativo, ha lo stesso sign. di dato che, dal momento che, giacché e anche se: q. ti dico che non lo so, vuol dire che non lo so davvero; q. vuoi saperlo a tutti i costi, te lo dirò subito; che dirà delle tue violente critiche, q. per una piccola osservazione se la prende tanto?; malizioso son io troppo, Quand’io procuro a’ mia maggior trestizia (Dante); quando lo volete sapere, i religiosi dicono che veramente è cosa che non istà bene (Manzoni).
3. sostantivo  maschile
Con l’articolo determinativo, il momento, la circostanza di tempo in cui si compie o si compirà o si deve compiere un’azione: il q. te lo preciserò in seguito; ho capito che cosa hai intenzione di fare, ma vorrei sapere il come e il q.; aspetto il come e ’l quando Del dire e del tacer (Dante); meno com. con l’art. indet.: un q. ci deve pur essere!
 

martedì 14 luglio 2015

Estate e papaveri

Claude Monet, Papaveri
1863, olio su tela, Museo D'Orsay, Parigi
Estate


Ardono i seminati,
scricchiola il grano,
insetti azzurri cercano ombra,
toccano il fresco.
E a sera
salgono mille stelle fresche
verso il cielo cupo.
Son lucciole vagabonde.
crepita senza bruciare

la notte dell'estate.
 
Pablo Neruda
 
 
 Claude Monet, Papaveri 
Il dipinto, realizzato nel 1873 è uno dei quadri più famosi dell'Impressionismo, oltre che uno dei più amati dal pubblico di tutto il mondo.
I papaveri di Claude Monet è stato realizzato all’aperto, nei pressi di Argenteuil, nell’estate del 1873. L’artista ha voluto concentrare la sua attenzione sugli effetti della luce e del colore. La luce assume il ruolo di protagonista, impadronendosi ed esaltando ogni elemento del dipinto. La luce filtra tra gli alberi, illumina i papaveri, si ferma sulla tesa dei cappellini delle figure.
Per cogliere tutti questi aspetti (queste “impressioni”, come avrebbe detto Monet), occorreva dipingere sul luogo, trasferendo tele, tavolozze e cavalletti dal chiuso dello studio all’aperto.
Claude Monet, I papaveri,
1873, particolare
Il dipinto I papaveri è diviso in due parti: in alto il cielo con le nuvole bianche, in basso il prato con i papaveri rossi. La linea di demarcazione è scandita dagli alberi che danno ritmo ed equilibrio alla scena.
Nel dipinto I papaveri, Monet rappresenta la moglie Camille e il figlio Jean mentre passeggiano in un campo di papaveri. La donna e il bambino sono raffigurati due volte nel quadro: in primo piano e sullo sfondo.
Questo espediente induce il nostro occhio a ripercorrere interamente il piano del campo.
Nel dipinto I papaveri i lineamenti delle figure non sono definiti, perché all’artista non interessa caratterizzarli psicologicamente.
La presenza umana è solo un accessorio, quasi un elemento di contorno rispetto al suo vero interesse, rappresentato dalla natura rigogliosa, lo splendore della giornata d’estate, il cielo azzurro solcato di nubi.
È uno dei primi paesaggi impressionisti ed è famoso per la sua fresca semplicità, ricca di emozioni pure e di poesia.
L’arte di Monet non richiede interpretazioni filosofiche, ma appare immediata ai nostri occhi.
Proprio la sua immediatezza ha reso il dipinto così popolare e diffuso.
Come la maggior parte dei pittori impressionisti, Monet dipingeva paesaggi con colori brillanti e vivaci stesi mediante pennellate rapide  e sciolte.
Per sottolineare la sua ossessione per il colore, Monet raccontava  di aver osservato con cura i cambiamenti di colore sulla tempie di sua moglie mentre stava morendo (dalla rete).

 
il caldo soffoca e lambisce
desideri quasi ancestrali,
nell'umore alterno riesco
a pensare a cose passate...

lunedì 13 luglio 2015

Futilità



Futilità
 
Spostatelo al sole -
lo svegliava il suo tocco lieve
a casa, il sussurro della semina da fare,
e l'ha sempre svegliato anche in Francia,
fino a questa mattina e a questa neve.
Se qualcosa al mondo può svegliarlo
è il buon vecchio sole a saperlo.
Pensate a come sveglia i semi -
e in principio la creta di una fredda stella.
E il lento acquisto degli arti, i fianchi
innervati - ancora caldi - non li smuove?
Si è fatta alta per questo, la creta?
Perché si sono affaticati, i raggi fatui
a spezzare il sonno della terra?
 
Wilfred Owen
Traduzione di Massimiliano Morini
 
 
 
Futili motivi addensano
nuvole grigie su di noi,
le incomprensioni, gli sguardi,
le cose soltanto sfiorate...



futilità
sostantivo femminile[dal lat. futilĭtas -atis].
- TRECCANI -
 
Qualità, carattere di ciò che è futile: futilità di un argomento, di un motivo.
In senso concr., cosa futile, frivola: perdersi in futilità.
Sciocchezza, stupidaggine. 
 
1.
a. [l'essere futile, frivolo] ≈ e ↔ [→ FRIVOLEZZA ].
b. [l'essere banale, insignificante] ≈ banalità, irrilevanza. ↔ gravità, importanza, rilevanza, serietà.
 
2. (estens.) [cosa futile, frivola]