mercoledì 9 luglio 2014

Vladimir Holan

Poeta ceco (Praga 1905 - ivi 1980). Cultore, in un primo tempo, della poesia astratta, spesso indecifrabile (Blouznivý věř "Il ventaglio delirante", 1926), seppe farsi appassionato testimone degli anni tragici della Boemia (ří 1938 "Settembre 1938") e limpido cantore della nuova Cecoslovacchia (Dík Sovětskému Svazu "Gratitudine all'Unione Sovietica", 1945; Tobě "A te", 1947).
Dal 1948 si chiuse in un isolamento totale, immerso nella visionaria e dolorosa meditazione da cui nascono le altre sue opere: Mozartiana (1963); Bez názvu ("Senza titolo", 1963); Na postupu ("In progresso", 1964); Noc s Hamletem ("Una notte con Amleto", 1964); Trialog ("Trialogo", 1964); Bolest ("Il dolore", 1965); Smrt a sen a slovo ("La morte e il sogno e la parola", 1965); Ale je hudba ("Ma c'è la musica", 1968); Asklépiovi kohouta ("Un gallo a Esculapio", 1970); Na celé ticho ("Ovunque è silenzio", 1977).  
E' creatore di una poesia di ardue visioni interiori e di straordinaria densità metaforica. Dopo la prima raccolta di versi Il ventaglio delirante (1926) maturata con originalità di scrittura e di temi nel clima del poetismo, si tenne in disparte dalle correnti letterarie contemporanee. Fece una scelta di autoreclusione, a partire dall'ultima guerra fino alla morte, nella sua casa nell'isola di Kampa (Praga). 
La sua poesia è densamente intellettualistica, ricca di metafore oscure e cristalline, tesa a di stillare i nuclei metafisici del rapporto tra uomo e realtà: Trionfo della morte (1930), L'arco (1934).
Dopo la guerra e l'occupazione nazista si volse verso una maggiore affabilità, raggiungendo a tratti una semplice e grandiosa eloquenza epica: Primo testamento (1940), Terezka Planetova (1944), Viaggio d'una nuvola (1945), Ringraziamento all'Unione Sovietica (1945), Requiem (1945), Soldati rossi (1956). Dopo questa parentesi H. abbandonò definitivamente i temi politici e tornò, approfondendole, alle sue ardue visioni interiori. 
Nel poema Una notte con Amleto (1964) gli incubi della fantasia del poeta parlano per bocca di una stralunata reincarnazione dell'eroe shakespeariano, in un frenetico sovrapporsi di tempi storici e di motivi mitici e etnologici. Negli ultimi anni ha scritto: Ma c'è la musica (1968), Un gallo a Esculapio (1970), I documenti (1976), Ovunque è silenzio (1977).
Pur nel suo itinerario solitario e singolare, la poesia di H. che è una delle migliori espressioni della lirica del secolo, dimostra una spontanea contiguità con alcune costanti della poesia ceca: la tensione barocchista con i suoi possibili sbocchi surrealisti; l'ispirazione notturna che ha il massimo esempio nell'opera di Mácha e che in H. è soprattutto compresenza di morte e di vita, presenza occulta della morte come matrimonio della vita (dalla rete).



Quante volte 

Quante volte già hai passeggiato, così, vicino a un orologio
o sotto una stenta acacia, cercando con gli occhi,
ma la sembianza dell’una o dell’altra s’altera facilmente…
Nei sensi la fatalità e in echi d’anima
conoscesti la paura della morte,
ecco che cos‘è aspettare… Così dopo
sono reali soltanto gli spettri… Ma la gelosia
non ha chi la difenderebbe…

Vladimir Holan




per ogni volta,
per ogni
occasione;
infliggere
colpi al cuore,
soggiogare
l'anima
fino al respiro,
quello che
libera...

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