Per mostrare il candore dei suoi denti,
Egnazio ride, ride d'ogni cosa.
Ride mentre l'avvocato strappa le lacrime
davanti alla sbarra degli imputati;
ride quando fra un coro di lamenti
disperatamente una madre piange
di fronte al rogo del suo unico figliolo.
In ogni circostanza, in ogni luogo,
qualsiasi cosa faccia, ride, ride.
Ha questa malattia, che certo non è,
io ritengo, civile o di buon gusto.
Dovrò proprio ammonirti, Egnazio mio.
Se tu fossi romano, sabino o di Tivoli,
un umbro grasso o un etrusco obeso,
un lanuvino bruno e tutto denti,
uno dell'oltrepò, per metterci anche i miei,
cioè uno dei tanti che con acqua pura
si lava i denti, anche allora vorrei che tu
non ridessi continuamente d'ogni cosa:
niente è piú sciocco di un modo sciocco di ridere.
Ma tu sei spagnolo e in terra di Spagna
la mattina tutti si strofinano a sangue
gengive e denti con la propria urina.
Cosí piú bianchi sono questi vostri denti
e piú rivelano il piscio che hai bevuto.
Publio Valerio Catullo
Egnazio, la cui hispanidad è evidente perfino nel nome, assai simile a quello dello spagnolo fondatore - diversi secoli dopo - dei Gesuiti, compare in due carmi catulliani, nel 37 come zazzeruto e rivale in amore del poeta, qui nel 39 in una caricatura dal ritmo rapido e incalzante (dalla rete).