martedì 22 febbraio 2022

Inviti superflui

Le parole 
ci danno un grande potere.
 
Abbiamo a disposizione infinite combinazioni, possiamo trasmettere una moltitudine di messaggi in cui incapsulare qualsivoglia sentimento ed emozione.
Questa precisa combinazione di parole scelta da Dino Buzzati è di un candore, di una semplicità espressiva, di una tenerezza che difficilmente possiamo trovare in qualsiasi altro incipit letterario.
Buzzati descrive un desiderio possibile e impossibile allo stesso tempo.
Il protagonista non chiede la Luna, ma un momento d’intimità in una sera d’inverno, tra le quattro mura, il sussurro delle fiabe e quella persona accanto.
C’è una malinconia magica, sospirata, flebile ma che va dritta al cuore, una scheggia di ghiaccio che attraversa la pelle, ferisce e poi si posa, come neve, ai nostri piedi.
C’è il desiderio di creare un passato inconsapevole, quasi una leggenda antica da rivivere ora che si è finalmente insieme, tra corvi neri e il vento che accarezza le torri.
Il desiderio di inventare ricordi, di condividerli e sorriderne, e poi l’amarezza; il risveglio scuote le membra e il freddo inverno ci abbraccia senza lasciarci andare.
“Nascono speranze che non si sanno dire”, ineffabili, solo pensate perché, se dette, si infraggerebbero con stridente crudeltà.
La volontà di esserci, comunque, di capirsi senza parlare, di amarsi, in silenzio, senza lasciarsi andare.
Il lettore non ha scampo: troverà qualche parola che lo colpisca particolarmente e lo riconduca a qualcosa di doloroso.
E la forza di questo racconto è proprio nella sublimazione dell’immaginazione commista all’impossibilità.
Esso stesso è una fiaba, tra castelli, lupi, stelle d’un Oriente lontano.
Ma la fantasia si scontra con la razionalità della controparte, alla ricerca del concreto, della folla cittadina, del materiale a discapito dell’immateriale.
L’autore parla di un povero domani, un nuovo giorno di routine e privo di incantesimo, troppo lontano, invece, dalla sua concezione di vita che avanza. Questa è una distanza assoluta, incolmabile, disperata, crudele e reale. Una distanza il cui ricordo ci provoca brividi di freddo in piena estate, un pianto gelido in una mattina di sole.
Questo non è altro che un invito superfluo, mai inviato, mai percepito ma necessario (dalla rete).

  
 
Questo brano di Dino Buzzati mi prende profondamente,
(è già stato integralmente proposto in questo blog 
il 7 Ottobre 2007)
lo conobbi negli anni '80 
e fu Pat a mandarmi quelle pagine,
strappate (orrore!) da un oscar Mondadori 
(La Boutique del mistero).
Le conservo ancora da qualche parte 
nel mio mondo di cose passate,
ricordo parole e frasi evidenziate in verde fluo 
(un colore che amo... oddio,  più il verde che il fluo).
Questa lettura al femminile è singolare e da ascoltare,
in realtà mi sono da sempre immerso nel lato opposto
per cercare di dare significati alternativi 
alle mie parafrasi della vita
non credo di aver avuto che parziali risultati effimeri...
 
Gujil
 
 “Inviti superflui” è un brano che si trova nella raccolta La boutique del mistero, di Dino Buzzati.
Il testo è un soliloquio in cui l’autore si rivolge all’amata in modo struggente, nostalgico e rassegnato. 
Il titolo richiama gli inviti che appaiono superflui,
perché è impossibile richiamare un amore che, tanto diverso da noi, è ormai lontano. 

(dalla rete)

Nessun commento:

Posta un commento