domenica 19 maggio 2019

Keats e Shelley


Adonais
LIII

 Perché esiti, perché ti volgi, perché arretri, mio Cuore?

Le tue speranze t'hanno preceduto: da tutto qui
son dipartite; ora dovresti dipartirti tu!
Una luce è passata dall'anno che ritorna,
e dall'uomo e dalla donna: e quel che ancora è caro
attrae per schiantare, respinge per farti appassire.
Il cielo soffice sorride – il vento basso sussurra vicino:
è Adonais che chiama! oh, affrettati a raggiungerlo!
La Vita non divida più quel che la Morte può riunire.

Percy Bysshe Shelley
da "Dalla dimora dove abitano gli eterni"
traduzione di Francesco Rognoni
e Massimo Mandolini Pesaresi

 
 
 Il 23 febbraio 1821, morì, vittima della tubercolosi, nella camera dell’appartamento che aveva affittato a Piazza di Spagna.

John Keats
Aveva 25 anni.

La natura tragica della sua morte prematura fu ulteriormente intensificata dal fatto che Keats morì non potendo immaginare il plauso della critica che la sua opera avrebbe un giorno ricevuto.
Oltre ai critici, la poesia di Keats continua a commuovere numerose  persone che, generazioni dopo la sua morte, vengono da ogni dove e da ogni percorso di vita a visitare la casa di piazza di Spagna a Roma dove il poeta morì giovanissimo. 
Quella casa è  divenuta un luogo di pellegrinaggio letterario e di contemplazione.
P. B. Shelley
fu così scosso dalla morte di Keats che scrisse Adonais, un’elegia pastorale che venne pubblicata nell’estate del 1821. Keats vi è raffigurato come Adonais, il dio greco della bellezza e della fertilità il cui letto di morte è circondato da varie figure, tra le quali Byron.
Nella prefazione all’opera, Shelley ringraziò Joseph Severn per essersi preso cura di Keats durante la sua malattia; il ricordo di Shelley su Severn, aumentò l’interesse verso le opere dell’artista (dalla rete).
 
il cuore, sempre lui, da sempre,
un eterno rimeggiare di poeti;
anche per me così solo e grande
nell'attimo, l'istante che è tutto...

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