sabato 31 marzo 2018

Brutto anatroccolo


Il brutto anatroccolo
è una fiaba con molti significati, tra cui la sofferenza insita nel vissuto di diversità e l'importanza di appartenere ad un gruppo. nuclei di significato contenuti nella fiaba de Il brutto anatroccolo sono molti, e ciascuno merita attenzione.
Quello principale è certamente l’esilio della diversità:
è la storia di una diversità sofferta, sulla quale pesano come macigni delle colpe, in realtà puramente attribuite dall’esterno.
Questa fiaba contiene una verità basilare per lo sviluppo umano, una delle rare storie che “incoraggiarono successive generazioni di outsiders a non darsi per vinte”.
Voglio associare la fiaba ad una persona che si è sempre sentita così.
però vorrei aggiungere che anche gli altri hanno continuato a vederla così.
(dalla rete)
 

Brutto anatroccolo
(a Jose, buon viaggio)
 
Come gli angeli di quand'eri piccina
nel volo confusa, sola, senz'ali
la casa, quella di sempre, la tua
passando radente pensasti la vita.

Infranto sullo sterile cortile il sogno
cullato nel cuore fin da bambina,
principessa mancata, sola, disposta,
prigioniera del mondo, mamma.
 
Ora di te ho il ricordo, quel gesto
un saluto nascosto dalla porta di casa
e la mia fretta che non mi ha fatto fermare
e i tuoi occhi e quel triste presagio.
 
Mi manchi nei sensi, nel cuore
amica di un tempo, amica lontana
ora sei un cigno del cielo, leggera
come la brezza che viene dai  monti.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate


ecco, lei era così, madre giovanissima,
3 figli da 3 uomini diversi,
così sola.
In quella casa di sempre, di fronte,
rinchiusa, come una principessa nella torre prigione.
Ci siamo toccati, un attimo,
poi solo sfiorati, lontani,
eppure mi fosti di un inconscio ma così grande aiuto
le finestre, i balconi, gli occhi, una bimba.
Buon viaggio Jose,
vorrei tu trovassi la serenità, l'affetto
che neanche la mamma seppe darti.
Vorrei fossi amata, finalmente amata solamente...
Gujil

 

venerdì 30 marzo 2018

Semaforo rosso

Semaforo rosso
 
Un passaggio a livello, un semaforo
rosso è il simbolo di me
più scontato: pieno di sbarre
e di segnali d'allarme
su una via che pare
la più piana e solare.
 
I giorni, la memoria, una siepe;
una selva di fili spinati
il cammino. E il sangue
un torrente cieco.
 
Quanto desiderai, o Signore,
di buttarmi nel Tuo mare,
di finire dentro l'elemento
informe e semplice,
dentro l'infinito Tuo palpito!
Ché se dalla carne è visibile
il segno di questi reticolati,
Tu, onnisciente, non la dirai
ribellione, marchio
di una insignificante anarchia.
Forse è ricordo del primo
tempo libero, irrimediabile, amore
d'essere come Te, immutabile.
 
E voi, non presentate figura alcuna
di questa creazione: schemi,
diaframmi isolanti; tutti
oggetti, tombe del desiderio.
(Una stupenda misconoscenza
la nostra che non s'avvede
come la «cosa» si obnubila
sotto il velo delle nostre concupiscenze.)
 
Meglio sarebbe non desiderare
per non rompere la consuetudine
con l'Eterno. La mia è un'avanzata
ove ogni giorno erigo una lapide
a ricordo di un combattimento,
di qualcuno lasciato alle spalle.
E poi, a sera, questi sepolti
che risorgono a migliaia
a ridarmi battaglia.
Ed io alla fine rimasto solo
con la squallida gioia
simile a uno sconfinato deserto.
 
Non del cielo, non della terra siamo.
Egli ancora, dopo tanto
iconoclasta furore e lo scempio
di tanta rinuncia, ancora
in Immagine: ancora
separati ed ignoti.
 
A quando, Iddio, per me
un passaggio libero
e l'immediato raggiungimento?
 
David Maria Turoldo
da "O sensi miei" (Poesie 1948-1988), 1990
 
 
 Questo è noto: c'è una telecamera al semaforo,
e passate col rosso, vi arriverà a casa una multa.
Ma cosa accade se vi fermate pochi centimetri dopo
 la linea di arresto?
Sulla questione, la giurisprudenza è controversa.
Adesso, però, la seconda sezione civile della Cassazione, con sentenza numero 460 dell'11 gennaio 2017, sgombra il campo dagli equivoci: sì al verbale anche a chi supera appena appena la striscia bianca mentre il semaforo è rosso.
Quindi, tolleranza zero per chi infrange il Codice della Strada, seppure di poco (dalla rete).
 
quanti stop alle cose della vita,
fermarsi perché fermati nel senso,
un intimo raccolto di sbarramenti
e ci ributtiamo sulla strada veloci...

giovedì 29 marzo 2018

Un saluto

Saluto
 
Il passato è passato, e se uno
ricorda quel che voleva
fare e poi non ha fatto, non
basta aver pensato di
fare? Come quella raccolta
di un esemplare di ciascuno
che avevo escogitato, un
esemplare di ogni tipo di trifoglio,
margherita, hieracium che
cresceva in quel campo
dove stava il capanno e
studiarli per un pomeriggio
prima che appassissero. Il passato
è passato. Saluto
quel vario campo.
 
James Schuyler
Traduzione di Massimo Bacigalupo
 
 
Il
saluto
è un gesto o espressione,
anche formale, di familiarità, di cortesia o di deferenza,
nell'occasione dell'incontro o del commiato:
 fare un cenno di saluto; ricambiare o rendere il saluto;
un saluto cordiale, ossequioso; un saluto. freddo;
togliersi il cappello in segno di saluti;
in formule di cortesia o burocrtiche, per lo più al plurale (dalla rete). 

 
un saluto, arrivederci, addio,
poi le distanze, quelle larghe,
passano i tempi e si invecchia
almeno qualcuno ci riesce...

mercoledì 28 marzo 2018

Arenile

  

Giardiello Giuseppe
Napoli 1871-1916
"Bimbi sull'arenile"
Arenili
 
Setaccio la rena in silenzio,
il mare, questo mare è un frammento
di luce cobalto, un ricordo... l'Assenzio
mi stravolge, rimango sgomento.
 
Continuo a cercare la sabbia,
il mare, questo mare è un lamento
di gente comune costretta alla rabbia
di dettagli precisi portati dal vento.
 
Anonimo
del XX° Secolo, poesie ritrovate

arenile
sostantivo maschile [der. di aréna] -TRECCANI- 
Vasto deposito di arena sulla riva del mare, meno frequentemente sulle rive di fiumi o di laghi; anche la parte di uno stabilimento balneare in cui l’arena viene particolarmente curata e talvolta sparsa artificialmente.
 

martedì 27 marzo 2018

Lettere alfabetiche



Lettere alfabetiche
 
C’è un silenzio in ogni cosa fitto come un’esplosione, moltiplicato anni luce in un unico movimento raccolto – nell’erba, nella vipera sulla pietra, nelle frasche di prugnolo, nei gabbiani, nelle conchiglie bolle l’immensa coppa di luce solare sopra lo specchio marino, luce da luce, silenzio-luce-movimento – il nocciolo d’immobilità nell’antico silenzio in esplosione del sole.
L’immenso silenzio greve delle cose un turbine che si schianta, il ballerino derviscio in mezzo al nocciolo di pietra, l’istante che permane, la mutevolezza-danza-dell’istante, la schiuma-chiarore di lampo vecchio milioni di anni dell’istante che danza vista come immobilità, formula-vertigine, segno di lettera alfabetica.

Birgitta Trotzig
da Anima, 1982
Traduzione di Daniela Marcheschi
 
 
 


L'ordine alfabetico
è una convenzione secondo cui un gruppo di nomi o, genericamente, di parole, viene messo in sequenza in base alla posizione che la lettera (o, in generale, il grafema) iniziale ha nell'alfabeto.
(da Wikipedia)
 
rifugiarsi nel non senso,
serve, quando non si capisce,
anche se si è troppo soli;
l'universo collassa dentro di noi....


 

lunedì 26 marzo 2018

Vela

 
La vela è una superficie di tela o di sottile ma robusto materiale sintetico, di forma tale che utilizzando la forza del vento genera propulsione.
Il suo funzionamento si basa sull'interazione fra il vento (e la sua direzione) e uno o più elementi fissi o mobili presenti sul mezzo di trasporto che fa uso di tale sistema di propulsione.
La vela è sempre stata usata come sistema di propulsione in acqua di navi ed imbarcazioni.
In tempi recenti e a fini commerciali, la vela è stata sostituita da altri sistemi di propulsione, come i motori a combustione interna (da Wikipedia).
 
La vela bianca
 
Nessuno anela a una tempesta,
     questo è certo!
Eppure tu, bianca vela lì fuori nel mare,
nel profondo del cuore
     speri che la tempesta arrivi.
Perché solo nella tempesta
riesci ad essere viva.

Oh bianca vela paziente e nostalgica
     nel grande mare blu!
La lotta ha inizio!
                   

Il mio sguardo non si stacca da te.
Tra l’erba, sotto i miei piedi,
anche una brezza gentile è tempesta.

 
Ko Un
da "Poeta per destino"
traduzione di Vincenza D’Urso
 
punto perduto nel mare dell'essere,
una vela, quella che ci fa muovere,
navigare nell'esistenza, nelle sue furie,
rintanarsi, ogni tanto, in rade sicure...

domenica 25 marzo 2018

Passerotti


I passeri perduti
 
Amo i passeri perduti
che tornano dall'aldilà
a confondersi con un cielo
che mai più potrò recuperare.
 
Tornano di nuovo i ricordi,
le ore giovani che ho dato
e dal mare giunge un fantasma
fatto di cose che amai e persi.
 
Tutto fu un sogno, un sogno che perdemmo
come perdemmo gli uccelli ed il mare,
un sogno breve e antico come il tempo
che gli specchi non possono riflettere.
 
Dopo cercai di perderti in tante altre
e quell'altra e tutte eri tu;
infine riuscii a capire quando un addio è un addio,
la solitudine mi divorò e fummo due.
 
PasserottoTornano i passeri notturni
che volano ciechi sul mare,
la notte è uno specchio
che mi ridà la tua solitudine.
 
Sono solo un passero perduto
che torna dall'aldilà
a confondersi con un cielo
che mai più potrò recuperare.
 
Mario Trejo
 
 
Una volta i passerotti abitavano nei boschi; avevano un bel vestito di piume variopinte e cantavano meravigliosamente.
Venne una grossa nevicata. Il bosco restò sepolto; i campi attorno scomparvero sotto il coltrone bianco. I passerotti non avevano più da mangiare.
Morivano di fame. Allora pensarono di emigrare verso il paese dove abitavano gli uomini. I primi passerotti partirono così in direzione del fumo che usciva dai camini accesi.
Giunti in paese, si posarono sugli arpioni delle finestre, sulle grondaie dei tetti e si misero a cantare.
Gli uomini a vedere quegli uccelli così variopinti e a sentirli così cantare se ne invaghirono.
Dettero loro la caccia. Parte ne ammazzarono, parte ne fecero prigionieri.
Un solo passerotto riuscì a fuggire. Tornò nel bosco tutto spaventato e disse agli altri uccelli:
- Il nostro bel vestito e il nostro canto melodioso attirano troppo il desiderio degli uomini. Se si vuole vivere in paese bisogna essere più modesti.
Lì per lì i passerotti del bosco protestarono. Essi non avrebbero mai rinunciato al loro vestito variopinto e al loro bel canto.
Ma la fame si faceva sentire sempre più forte. O morire o rinunciare al bel vestito di piume colorate.
Fu così che i passerotti mutarono aspetto.
Si misero un povero vestito di piume grigie, senza coda, presero un becco tozzo, da mangiatori di cibi duri e si presentarono alla casa dell’uomo come tanti mendicanti, facendo un solo verso:
- Cip, cip! – che vuol dire: – Buon dì, buon dì!
Allora l’uomo si commosse alla vista di questi poveri uccelli affamati e dette loro da mangiare.
Da quel giorno i passerotti non abitarono più nel bosco, ma vissero attorno alle case degli uomini, vestiti modestamente e senza canto.
(dalla rete)
 
sul noce, sul balcone, ovunque,
cinguettii e scaramucce tra loro,
un po' di sole, qualche briciola;
gli uccellini che tornano, i miei...

sabato 24 marzo 2018

Haiku

 
 
 
gocce imperlate rivolano
su guance tristi e dolenti,
gemme irrisolte, sole...
 
Anonimo
del XX° Secolo
frammenti ritrovati

venerdì 23 marzo 2018

Aforisma riflesso

 sempre ascoltiamo le frasi
che ci appaiono consone al rito
della vita, dell'essere e stare;
al cospetto di molti si piega
la mente ai sogni... già i sogni
perduti contatti con chi?
 
Gujil

Il sogno, speranza o desiderio vano e inconsistente:
non si può vivere di sogni; quella ragazza rimarrà per sempre il suo sogno proibito;
vagheggiamento della fantasia:
sogni di gioventù;
esperienza vissuta al di fuori della coscienza:
è stato un brutto sogno;
fantasma labile e caduco:
la gloria è un breve sogno; bellezza o cosa incantevole.
(dalla rete)
 

giovedì 22 marzo 2018

Spezie


Ancora ti prospera il fogliame intorno al cuore
e una fresca presa di sale
impregna il tuo sguardo.

Di me nessuno vuol sapere,
di chi io sia la spezia
e di quale amore la durata.

Spesso canta il lupo nel mio sangue
e allora l’anima mia si apre
in una lingua straniera.

Luce, dico allora, luce di lupo,
dico, e che non venga nessuno
a tagliarmi i capelli.

Mi annido in briciole straniere
e sono a me parola sufficiente.
Effimero, mi dico,
perché presto cesserà ogni annidare,


e scorre via il resto di ogni ora.
 
Mariella Mehr
da " Scrivere oltre il dolore"
Traduzione di Anna Ruchat
 

 le
spezie
sono di norma le sostanze
ricavate da alcune varietà di piante aromatiche, provenienti per  lo più da paesi tropicali.
Di queste si utilizzano parti diverse secondo il tipo di spezia che si desidera ottenere;
corteccia
(per la cannella),
radici
(per lo zenzero),
boccioli floreali
(per i chiodi di garofano, e lo zafferano),
semi 
(per il sesamo e la senape),
bacche
(per il pepe nero),
frutti
(per il pimento e la paprica)
(dalla rete).
 
il dolore, che strana cosa, assurda,
colpisce nell'anima, nei sensi fisici,
colpisce, atterra, tramortisce;
il mio, profumo di spezia, morde la vita...
 

mercoledì 21 marzo 2018

Poesia, consiglio e riflesso

Spengono la lampada e il suo globo risplende
un istante prima di sciogliersi
come una pastiglia in un bicchiere di tenebre. Poi si sollevano.
Le pareti dell’albergo si gettano nel buio del cielo.
I gesti dell’amore si sono acquietati e loro dormono
ma i pensieri più segreti s’incontrano
come quando s’incontrano due colori e l’uno nell’altro fluiscono
sulla carta bagnata di un dipinto infantile.
È buio e silenzio. Ma la città stanotte
si è avvicinata in fretta. A finestre spente. Le case sono qui.
Vicinissime stanno serrate in attesa,
una folla di volti inespressivi.
 
Tomas Tranströmer
da "Poesia dal silenzio"
 
 
 Per accendere una lampada a olio è necessario innanzitutto abbassare la levetta che fa sollevare il vetro ed incastrarla nell'apposito incavo. Si gira quindi la manopola per alzare lo stoppino, facendolo fuoriuscire dal serbatoio di qualche centimetro, e poi gli si avvicina una fiamma, ad esempio un fiammifero. Dopo che lo stoppino ha cominciato a bruciare, si può riabbassare il vetro e girare la manopola per avere più o meno luce.
Per spegnere la lampada si abbassa lo stoppino al minimo, facendo attenzione a non farlo scappare dagli ingranaggi e cadere dentro il serbatoio, si solleva il vetro e si soffia energicamente. Occorre poi guardare verso l'interno per verificare che la fiammella si sia spenta del tutto ed eventualmente soffiare ancora (dalla rete).

il silenzio, nulla di suoni,
anche le immagini tacciono
nei loro contorni netti;
chiudo gli occhi, ascolto...

martedì 20 marzo 2018

Il sonno




Sonno,  tacuinum sanitatis
 casanatensis (XIV secolo)

L’arte del primo sonno

Che pece tenera l’inesperienza
tua e mia dell’umano, che amore
l’amore catafratto d’ironia,
questo illudersi a ore alterne d’una
maturità che non esiste o almeno
non esiste nel nostro destino.

Quanto poco fu il tempo per descriverti
e meno ancora quello che serviva
a viverti. Illeso amore, accento
di sorriso sulla mia prima costola
fratturata, questo scherzo sottile
di primavera, e al suo velo invisibile
io e te ringiovaniti nella spera
del vaniloquio: la chiave è sul banco
che ti apre e mi vuota come l’uno

in euforia dopo l’altro i bicchieri.
 
Silvio Ramat
  

il sonno, così prezioso,
ormai raro e corto nei sogni
quelli miei brevi, unici, potenti
nella solitudine di sempre
 
« Dio benedica chi ha inventato il sonno,mantello che avvolge i pensieri di tutti gli uomini,
cibo che soddisfa ogni fame,
peso che equilibra le bilance e accomuna il mandriano al re,
lo stolto al saggio. »
 
Miguel de Cervantes
 
 
 

lunedì 19 marzo 2018

Festa del papà




In questo giorno
dove si festeggiano i papà
voglio anch'io ricordare il mio
con questa poesia.
 
Gujil
 

Padre

Tu padre mio che manchi
attimo di gioia è il pensiero
poi viene tristezza e mancanza.
 
Tu padre fino in fondo
sorrisi e smisurata dolcezza
tra rughe e avanzata vecchiaia.
 
Tu padre, canuta certezza
più non baci i tuoi figli
non carezzi i loro bianchi capelli.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate

domenica 18 marzo 2018

Semina

La semina
 
Era un giorno
Fatto per seminare,
La terra secca,
Dolce come tabacco.
 
Era il remoto echeggiare
Della civetta
E la prima stella
L’ora era tutta bella, da assaporare.
 
Un’ora così lunga era,
Già buttato
Il seme,
Nulla più di incompiuto rimaneva.
 
Ma ascolta, è ormai notte
Una pioggia discreta
(Baci o lagrime?)
Darci la buonanotte.
 
Edward Thomas
 
 La semina
 è la tecnica che più si avvicina al mezzo con cui naturalmente le piante si moltiplicano con la diffusione dei semi, prodotti generalmente dalla fecondazione del fiore con il polline proveniente da altri fiori.
Il successo della semina dipende innanzi tutto dalla qualità e germinabilità dei semi utilizzati, poi dalla corretta preparazione del terriccio destinato al semenzaio e con la giusta profondità di semina, infine regolando l'umidità e la temperatura ai valori ottimali.
La semina può avvenire nel campo, in precedenza preparato con la vangatura (lavorazione del terreno meccanica, o manuale effettuata con la vanga), in semenzaio nella serra, in contenitori vari.
La germinazione avviene in un tempo più o meno rapido a seconda della specie e di fattori ambientali ed è il momento che necessita delle maggiori cure e attenzioni (da Wikipedia).
 
 
le semine della vita, metafora
di ciò che accade alla terra;
piccoli solchi d'aratro e un seme,
piccola speranza di vita futura...