venerdì 31 gennaio 2014

Poesia e riflesso


Se ammirerò di notte la tormenta,
m'infiammerò senza potermi spegnere.
A me l'azzurra notte ha bisbigliato,
ciò che è negli occhi tuoi, ragazza bella.
Una fiaba vellosa ha bisbigliato
ed un prato incantanto mi ha predetto
sul tuo conto parecchi sogni alati
sul tuo conto, mia amica misteriosa.
M' intreccerò come una ragnatela
di neve, i baci sono lunghi sogni
Sento il tuo cuore di cigno,
discerno l'ardente cuore della primavera.
L'Orsa Maggiore mi ha profetizzato,
e anche una strega, creatura del gelo,
che dentro agli occhi tuoi, ragazza bella,
sulla tua fronte c'è l'azzurra notte.

Aleksandr Blok





la notte canta
la voce dei silenzi;
i cieli stellati
e quelli gonfi di vento...






La costellazione dell'Orsa Maggiore
Quella dell'Orsa Maggiore è forse la costellazione più famosa dell'intero cielo. Di grandi dimensioni, è sempre sopra l'orizzonte, e ruota a breve distanza dal polo nord celeste (dove si trova la stella polare). Il suo asterismo principale, il Grande Carro, è ben riconoscibile, e assume posizioni diverse a seconda dell'ora e della stagione.
L'Orsa Maggiore nelle diverse stagioni
La posizione del Grande Carro verso la mezzanotte nelle diverse stagioni

Le due stelle più luminose della costellazione sono Dubhe (Alfa Ursae Majoris, il dorso dell'orsa) e Merak (Beta Ursae Majoris, il fianco dell'orsa), che costituiscono il lato destro del carro, e sono dette "I Puntatori" perché servono per trovare la stella polare.
Il Grande Carro è probabilmente l'asterismo più famoso del cielo, ed è utile per trovare il nord. Non a caso il termine "settentrione" deriva dal latino "septem triones", cioè i sette buoi che secondo gli antichi romani, aravano i campi del cielo.
Le stelle principali dell'Orsa Maggiore
Le stelle del Grande Carro

Le altre stelle che compongono il carro sono Phecda ("la coscia"), Megrez ("la radice della coda"), Alioth, Mizar (al centro della coda) e Alkaid.
Mizar (Zeta Ursae Majoris), di magnitudine 2,21, è una stella doppia (ha una compagna di magnitudine 3,84), ed è a sua volta accoppiata con un'altra stella, Alcor (di magnitudine 3,96).

(La voce delle stelle).

giovedì 30 gennaio 2014

La mia Emily

Tre strofe, ciascuna delle quali descrive un aspetto del nostro rapporto con l'aldilà. Nella prima, la strada del Paradiso è lunga, ma chi è consapevole di quella meta la percorre in allegria, sapendo che lasciare il gelido manto della vita, come per un fiore che spunta dalla neve dopo esserne stato prigioniero, significherà vedere la luce della primavera, e anche riuscire a camminare sulla riva promessa, come un barcaiolo che dopo le fatiche del suo andare avanti e indietro torni felice nella sua casa. Nella seconda la narrazione procede attraverso i contrasti fra la vita terrena e quella immortale: i pochi momenti di gioia che riusciamo a estorcere al mare della vita, come le perle che un tuffatore estrae con fatica al mare, sono ben misera cosa rispetto alle eteree piume che ci porteranno in cielo, a quel carro angelico riservato a chi ha dovuto percorrere appiedato i sentieri terreni. La notte-morte, che ci fa così paura, non è altro che una tenda pronta ad alzarsi per rivelare la luce del mattino; quello che ci sembra un furto di luce si rivela in realtà un lascito di luce più splendida e perenne. E così la morte diventa soltanto un'estatica rivelazione dell'immortalità. Nella terza, dove l'impersonalità delle prime due strofe lascia il campo all'uso della prima persona, viene adombrato quel dubbio che avrà tanta parte nella produzione poetica dickinsoniana: nulla riesce a svelarmi dove sarà mai quel paradiso abitato da angeli e collocato in un cielo indistinto, né la scienza, né quei classici che ci sembrano portatori di sapienza; l'unica cosa di cui disponiamo è la fede in una risurrezione che riesca a trasformare il buio della morte nella luce dell'immortalità.

 
The feet of people walking home
With gayer sandals go -
The Crocus - till she rises
The Vassal of the snow -
The lips at Hallelujah
Long years of practise bore
Till bye and bye these Bargemen
Walked singing on the shore.


Pearls are the Diver's farthings
Extorted from the sea -
Pinions - the Seraph's wagon
Pedestrian once - as we -
Night is the morning's Canvas
Larceny - legacy -
Death, but our rapt attention
To Immortality.


My figures fail to tell me
How far the village lies -
Whose peasants are the angels -
Whose Cantons dot the skies -
My Classics vail their faces -
My faith that Dark adores -
Which from it's solemn abbeys
Such resurrection pours.
   I piedi di chi cammina verso casa
Con più allegri sandali vanno -
Il Croco - finché non spunta
Il Vassallo della neve -
Le labbra all'Alleluia
Lunghi anni di pratica sostennero
Finché dai e dai quei Barcaioli
Camminarono cantando sulla riva.


Le perle sono gli spiccioli del Tuffatore
Estorti al mare -
Le piume - il carro del Serafino
Appiedato un tempo - come noi -
La notte è la Tenda del mattino
Latrocinio - lascito -
La morte, solo rapita attenzione
All'Immortalità.


Le mie cifre non riescono a dirmi
A che distanza sia il villaggio -
I cui contadini sono gli angeli -
I cui Campi costellano i cieli -
I miei Classici chinano il volto -
La mia fede adora quel Buio -
Che dalle sue solenni abbazie
Tale risurrezione riversa.

Emily Dickinson


              e pensieri distratti come colombe              come ali...

mercoledì 29 gennaio 2014

Aleksandr Blok

ALEKSANDR ALEKSANDROVIC BLOK
(1880 -1921)

Grandissimo poeta russo, nacque da una famiglia di raffinati intellettuali. Innamoratosi di Ljuba, la figlia del grande scienziato Mendeleev, la sposò nel 1903. A lei dedicò un ciclo di poesie (Versi sulla bellissima fama), in cui prevale il colore bianco e che gli diedero notorietà.
Compose altre raccolte, La città, Faina e Maschere di neve, caratterizzate da colori carichi di simbolismo: il blu o il viola rappresentano la frustrazione; il giallo rappresentava il tradimento; il rosso era la carica passionale. 
Le sue poesie sono cariche di significato simbolico.
Nella prima raccolta il vento rappresenta l'arrivo della Dama; la primavera corrisponde al mattino, ossia alla possibilità di un incontro; la sera o l'inverno sono i terribili momenti della lontananza.
La vita quotidiana, logorante e banale, è rappresentata dalla palude senza luce.
Divenne famosissimo e popolarissimo e alcuni poeti, tra cui Marina Cvetaeva,  Anna Achmatova e Boris Pasternak, gli dedicarono alcune loro poesie (dalla rete).


Tutto muore al mondo, madre e giovinezza
la donna tradisce e l'amico scompare.
Impara ad assaporare una nuova dolcezza
contemplando il freddo circolo polare.

Prendi la tua barca, salpa verso il polo
tra mura di ghiaccio e in silenzio oblia
come l'uomo ama,lotta e muore solo:
dimentica il paese dell'umana follia.

Ed all'anima stanca insegna, mentre lento
s'impossessa del sangue il brivido del gelo,
che non le serve a nulla questo pianeta spento
perchè i raggi vengono dal cielo.

Aleksandr Blok


è vero,
tutto muore al mondo
sta in noi,
sempre,
quel senso di rinascita...

martedì 28 gennaio 2014

Aforisma

Le anime più forti
sono quelle temprate
dalla sofferenza.
I caratteri più solidi
sono cosparsi
di cicatrici.

Kahlil Gibran


io sono luce
quando rifletto,
ombra
quando penso...

lunedì 27 gennaio 2014

Il giorno della memoria

...spazi bui
collimano liquidi
come rivoli strani
impalpabili strie;
nel fuoco divampa
un colorito, strano, contesto
la vita, difficile, unica
e un suono di voce...lontana...

Anonimo
del XX° secolo
frammenti ritrovati

domenica 26 gennaio 2014

Frammento


...spazi luminosi
in attesa del dunque,
quando parlo risponde
a volte il vento
soffiando gelide idee;
convergo
ritorno
e ristoro
poi cado stremato...

Anonimo
del XX° secolo
frammenti ritrovati

sabato 25 gennaio 2014

Vagabondando

vagabondare v. intr. [der. di vagabondo] (io vagabóndo, ecc.; aus. avere).
– Fare vita di vagabondo, errare oziosamente da luogo a luogo, per lo più vivendo di espedienti.
Frequente in senso più generico, vagare per diporto, evitando a bella posta di fissare preventivamente l’itinerario: mi sono preso una lunga vacanza e ho vagabondato per tutta l’Europa; mi piace alzarmi presto e andare vagabondando per i monti; in senso fig.: v. con la fantasia (vocabolario Treccani).

vagabondare v. intr. [der. di vagabondo] (io vagabóndo, ecc.; aus. avere). - 1. [fare vita di vagabondo vivendo per lo più di espedienti] ≈ girovagare, (lett., non com.) ramingare. ‖ peregrinare. ↔ insediarsi, installarsi, mettere radici, radicarsi, sistemarsi, stabilirsi, stanziarsi. 2. (estens.) [spostarsi da luogo a luogo senza direzione o meta prestabilita] ≈ e ↔ [→ VAGARE (1)]. 3. (fig.) [spostarsi mentalmente da un tema all'altro: v. con la mente] ≈ [→ VAGARE (2)]....



Sirio Bellucci, Il vagabondo


Vagabondando

Ebbro di me sconvolgo
acute riflessioni celesti
in un contempo arguto
fuori da tutto mi piego.
Ecco a ponente un risveglio,
la notte accecante mi preme
poi fermo e poi ancora riparto
fino a quando è ritorno.

Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate

venerdì 24 gennaio 2014

Laurus Nobilis

L’alloro, Laurus nobilis, è una pianta aromatica diffusa in natura in tutta l’ara mediterranea, dove anticamente si espandeva in vere e proprie foreste; oggi rimangono segni di questa diffusione della pianta nelle zone meno aride e calde del mediterraneo, dove la macchia mediterranea lascia il posto al Lauretum, una consociazione di piante che necessitano di un poco più di umidità rispetto a mirto, cisto, ginestre. Gli allori sono alberi sempreverdi, che possono raggiungere i dieci metri di altezza, anche se tipicamente tendono a produrre ampie ceppaie, che danno origine ad ampi arbusti, che non superano i 4-6 metri. In Italia sono diffusi in tutte le regioni, in particolare nel centro sud; nelle restanti regioni vengono coltivati in giardino, perché sono molto rustici e d facile coltivazione, ed entrano a far parte del gruppo delle piante aromatiche più utilizzate in cucina, assieme a salvia e rosmarino. L’alloro produce una vegetazione densa e fitta, ha fusto con corteccia scura, molto ramificato, spesso anche nella parte bassa, a dare origine ad un ampio arbusto tondeggiante, o allungato; il fogliame è sempreverde, di forma ovale, e di colore verde scuro, coriaceo, molto aromatico. Gli allori sono piante dioiche, ovvero i fiori femminili e quelli maschili sono portati da piante diverse; i fiori sono piccoli, portati all’ascella fogliare sul legno dell’anno precedente; negli esemplari di sesso femminile, ai fiori seguono i frutti, piccole bacche che divengono nere a maturazione (dalla rete).


Alloro

Ramoscello d’alloro,
Odoroso, lucente,
La tua fogliuzza fa ammattir la gente
Quanto riso di donna, o abbaglio d’oro.
O fogliolina acuta,
O verde fogliolina,
Acuta tu mi par come una spina,
Verde come l’assenzio e la cicuta.

Arturo Graf


aspetta,
nel piccolo verde,
svetta
oscurando il cielo...

giovedì 23 gennaio 2014

Poesia e riflesso


Un dubbio

Son io giovane ancora, anima mia ?
I miei capelli ancor mi son mantiglia
densa le notti di malinconia ?
Talor per questa strana meraviglia,
notizia di me stessa a me domando
con un solco di dubbio fra le ciglia.
O giovinezza, io ho già scordato quando
venisti a maturare in frutto molle
in fior d'infanzia dal profumo blando.
Tutta nuova da sue bianche corolle
l'adolescente emerse allor, stupita.
Or, con un riso leggermente folle,
riconta che anno fu, su le sue dita.

Amalia Guglielminetti




le cento ansie
le angosce, i dubbi,
ora sono in uno
e domani?

mercoledì 22 gennaio 2014

Ave Maria a trasbordo

Questo dipinto, oggi conservato a Sankt Moritz nel museo che porta il nome del pittore (in deposito dalla fondazione Otto Fischbacher di San Gallo), fu realizzato in due versioni, e questa risale al 1886. Il trasbordo è quello della famiglia dei pastori, padre, madre e figlioletto, che nella piccola imbarcazione trasportano un gregge di pecore da una riva all'altra del lago. "Ave Maria" fa riferimento al momento della giornata: l'Ave Maria è quella suonata, alle sei del pomeriggio, dal campanile del paesello che si vede in lontananza sulla sponda del lago. È un'opera che non contiene riferimenti a un'epoca o a un tempo ben precisi, per un effetto voluto e cercato dal pittore Giovanni Segantini, che proprio nel 1886 si era trasferito in Svizzera (tuttavia il soggetto del dipinto veniva affrontato per la prima volta quando il pittore risiedeva in Brianza). Un dipinto dall'atmosfera quindi sospesa, che ispira calma. L'opera rappresenta anche il primo esempio di pittura divisionista in Italia: il divisionismo, nato in Francia, era una tecnica pittorica che derivava dall'impressionismo e costruiva le immagini tramite piccole pennellate di colore puro affiancate, spesso puntiformi (e quando assumono carattere puntiforme, si parla anche di "puntinismo"). Tramite a questa tecnica, i pittori cercavano di trovare la massima luminosità e il massimo effetto realistico, consci anche dei recenti studi proprio sulla luce e sulla capacità di percepirla. Abbiamo un notevole esempio di tutto ciò nei riflessi dell'acqua attorno alla barca, che con il loro moto quasi circolare riflettono l'andamento delle pennellate con cui Giovanni Segantini ha dipinto il luminoso cielo al tramonto (dalla rete).


L'Ave
 
La campana ha chiamato,
e l'angelo è venuto.
Lieve lieve ha sfiorato
con l'ala di velluto
il povero paese;
v'ha sparso un tenue lume
di perla e di turchese
e un palpito di piume;
ha posato i dolci occhi
sulle più oscure soglie...
Poi, con gli ultimi tocchi
cullati come foglie
dal vento della sera,
se n'è volato via...
A portar la preghiera
degli umili a Maria.

Diego Valeri
 

Ave Maria a trasbordo, particolare

come non pregare
quando il cuore scoppia,
se la paura dilaga
e la tristezza schiaccia...

martedì 21 gennaio 2014

Frammento


lacrime salate
sul volto di chi ama;
confesso solitarie passioni
nel cielo un volo levato.

Anonimo
del XX° secolo
frammenti ritrovati

lunedì 20 gennaio 2014

Ciao Claudio

ora le orecchie di Dio
ascolteranno i tuoi gesti
e le note saranno
balsamo ai Santi,
musica agli arcangeli;
mille Serafini
e una grande Madre
e noi a piangere
e riascoltarti
e risentirti.

in morte di
Claudio Abbado




pensando
agli imbecilli
che non lo volevano
senatore a vita

domenica 19 gennaio 2014

Stanze

Una stanza, o una casa,
diventa sempre simile
a chi vi abita.
Perfino la grandezza di una stanza
varia a seconda
della grandezza del cuore.

Kahlil Gibran
 
Raffaello Sanzio, La cacciata di Eliodoro dal tempio, Stanza di Eliodoro



una casa vuota aspetta,
un'altra è tornata viva,
una terza, lontana,
è brezza marina...

Sull'opera: "La cacciata di Eliodoro dal tempio" è un dipinto autografo di Raffaello Sanzio realizzato con tecnica ad affresco nel biennio 1511 - 1512, misura 750 cm. alla base e si trova nella Stanza di Eliodoro (Vaticano).
La tematica di questa composizione è una tragica figurazione, ove, a differenza della solenne pacatezza classicheggiante del Tempio della Scuola d'Atene, il moto diventa rapido e fremente, percorrendo tutte le figure in essa rappresentate. Queste appaiono spinte verso i lati estremi, mentre al centro regna la calma del "vuoto". In basso, sulla destra, Eliodoro, che ha osato profanare il Tempio, viene abbattuto sotto l'azione congiunta del messo divino a cavallo e di altri custodi. Al centro, inginocchiato nella penombra baluginante dalla fiammella di un candelabro sull'altare, il sacerdote Oria sta pregando.
Sulla sinistra, Giulio II, trasportato dai sediari, pare stia controllando la scena che chiaramente allude all'inviolabilità della Chiesa e al suo fermo intento di espellere chi la oltraggia . Anche gli elementi architettonici subiscono un sviluppo vorticoso nel frenetico susseguirsi in cupole ed arcate, ritmato da zone di forti luminosità e masse d'intensa ombra.
L'episodio si svolge dentro un immenso edificio (dalla rete).

sabato 18 gennaio 2014

Aria



Aria

Aria, in ogni angolo della mia stanza
io ti sto cercando
Aria, nei labirinti della mia mente
io ti sto inseguendo.
Principessa della mia carrozza
resta con me
dormi nella pace di questa sera
dentro di me
bianca la tua pelle, bianca la tua veste
danza, canta per me
il tuo viso brilla come una candela
aprendo la mia finestra nella sera.
Aria, dolce profumo di primavera
Aria, amaro ricordo di una sera.
Albero solitario
che risplendi in un campo di grano
io ti vado incontro
e ai tuoi rami io mi appendo
le tue foglie ho raccolto una alla volta
in ogni mia illusione, in ogni mia sensazione.
Principessa della mia carrozza
portami con te attraverso
monti sfuocati, mari annebbiati
l'alba nasce in te, il giorno muore con te.
Portami
nei grandi campi di neve
dove il sole non c'è, prendi tutto di me
le tue vene son fiumi tra le rocce
le tue mani pallidi monti nella notte.
Salto con te sulle ninfee
nelle cascate argentate
e sulle dune frustate dal vento.
E con il vento la mia carrozza
sulle tue orme bianche passa
e dinanzi a un monastero
si ferma.
Aria, tu mi apri la porta
e fuori sta piovendo
nelle stanze del tuo nido
io mi sto addentrando.
Aria, il mio corpo sul tuo corpo
si muove lentamente
Aria, il mio corpo sul tuo corpo
sprofonda dolcemente.
Aria, sto cercando di scoprire
di scoprire il tuo segreto.
Sono entrato nel tuo corpo
sono io l'universo
sono io il tuo corpo
sono io l'universo
nel tuo fiume sto scivolando
Aria, sto impazzendo.
Un uragano di colori si scatena dentro me
apro le braccia su di te
suoni di frusta schiacciati
da raffiche di pioggia
sui cavalli della mia carrozza.
Attraverso i vetri della mia stanza
guardo fuori e fuori piove
e nelle gocce sospese alla ringhiera
vedo le perle della tua corona.
Aria, in ogni angolo della mia stanza
io ti sto cercando
Aria, sull'asfalto bagnato della mia strada
io ti sto inseguendo e tu ti stai sciogliendo
Aria, io sento che ti sto perdendo.

Alan Sorrenti
ogni angolo, anfratto,
dove aedi stonati cantano
gesta folli di stupidi eroi,
ogni posto minimo
dove chiudere la bocca...

venerdì 17 gennaio 2014

Barca

In Italia viene definita imbarcazione una generica unità galleggiante avente dimensioni inferiori ai 24 m (limite dimensionale oltre il quali si parla invece di nave) e superiori ai 10 m (sotto i quali si parla invece di natante), indipendentemente dai sistemi di propulsione utilizzati (vela, motore, remi, etc...). In particolare la legislazione italiana definisce col decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 nell'articolo 3:1.
Le costruzioni destinate alla navigazione da diporto sono denominate:
a) unità da diporto: si intende ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto;
b) nave da diporto: si intende ogni unità con scafo di lunghezza superiore a ventiquattro metri, misurata secondo le norme armonizzate EN/ISO/DIS 8666 per la misurazione dei natanti e delle imbarcazioni da diporto;
c) imbarcazione da diporto: si intende ogni unità con scafo di lunghezza superiore a dieci metri e fino a ventiquattro metri, misurata secondo le norme armonizzate di cui alla lettera b);
d) natante da diporto: si intende ogni unità da diporto, o con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri secondo le norme armonizzate di cui alla lettera b). Il termine è tuttavia sovente utilizzato in forma generica per definire un qualsiasi genere di "barca"(Wikipedia).

Phaselus ille…
Phaselus ille, quem videtis, hospites,
ait fuisse navium celerrimus,
neque ullius natantis impetum trabis
nequisse praeterire, sive palmulis
opus foret volare sive linteo.

Quell’agile barca...
Quell’agile barca, che vedete, amici,
dice che fu la nave più veloce,
e capace di superare lo slancio
di qualunque imbarcazione galleggiante,
sia che bisognasse volare coi remi, sia con le vele.


Catullo
Carmina, IV, 1 - 5


sovente
lo sguardo
si perde,
improvviso,
silente;
le acque
si muovono
appena..

giovedì 16 gennaio 2014

E.D.

A conclusione di una lettera al fratello Austin del 17 ottobre 1851 (L58). Il testo è in prosa ed è preceduto da "The earth looks like some poor old lady who by dint of pains has bloomed e'en till now, yet in a forgetful moment a few silver hairs from out her cap come stealing, and she tucks them back so hastily and thinks nobody sees. The cows are going to pasture and little boys with their hands in their pockets are whistling to keep them warm. Dont think that the sky will frown so the day when you come home! She will smile and look happy, and be full of sunshine then - and even should she frown upon her child returning," ("La terra sembra come una povera vecchia signora che fino ad ora è sempre rifiorita dai colpi della sorte, ma in momento di distrazione alcune ciocche di capelli argentei le escono furtivamente dal cappello, e lei le ricaccia indietro velocemente e pensa che nessuno abbia visto. Le mucche stanno andando al pascolo e ragazzini con le mani in tasca fischiettano per tenersi caldi. Non credere che il cielo sarà così corrucciato il giorno in cui verrai a casa! Sorriderà e apparirà felice, e sarà pieno di sole allora - e se pure dovesse corrucciarsi quando il suo figliolo tornerà,").
La lettera contiene, come sempre nelle lettere di questo periodo al fratello, il racconto di cose quotidiane e, soprattutto, la nostalgia provocata da un'assenza che doveva pesare molto a ED. La conclusione è un'esortazione a interrompere quell'assenza, con la descrizione dei primi freddi in arrivo e subito dopo, come per mettere la mani avanti e stroncare sul nascere le possibili obiezioni a una visita nel gelo, una rassicurazione sul tempo che farà al suo ritorno, per poi concludere che, in ogni caso, ci sarà sempre quel cielo "ever serene and fair", un cielo formato dal calore della casa, della famiglia e, soprattutto, scaldato dall'amore di una sorella, evidenziato da quel possessivo "my" dell'ultimo verso (dalla rete).


there is another sky,
ever serene and fair,
and there is another sunshine,
tho' it be darkness there -
never mind faded forests, Austin,
never mind silent fields -
here is a little forest
whose leaf is ever green -
here is a brighter garden -
where not a frost has been,
in it's unfading flowers
I hear the bright bee hum,
prithee, my Brother,
into my garden come!
   c'è un altro cielo,
sempre sereno e bello,
e c'è un'altra luce del sole,
sebbene sia buio là -
non badare alle foreste disseccate, Austin,
non badare ai campi silenziosi -
qui è la piccola foresta
la cui foglia è sempre verde -
qui è un giardino più luminoso -
dove il gelo non è mai stato,
tra i suoi fiori mai appassiti
odo la luminosa ape ronzare,
ti prego, Fratello mio,
vieni nel mio giardino!

Emily Dickinson

Claude Monet, Il giardino dell'artista, Iris


piove gelida acqua
le cose sono qui
come sempre
presenti...

mercoledì 15 gennaio 2014

Aforisma

Per arrivare all’alba
non c’e’ altra via che la notte.

Kahlil Gibran


come non crederci!

martedì 14 gennaio 2014

Sospirare

sospirare v. intr. e tr. [lat. suspirare, comp. di sub (v. so-) e spirare «respirare»].
– 1. intr. (aus. avere) a. Fare un sospiro, dei sospiri, come espressione di tristezza, di rimpianto, di desiderio, di attesa ansiosa o di altro turbamento spirituale: non fa che piangere e s.; che hai da s. tanto?; che cos’è che ti fa s.?; E par che de la sua labbia si mova Un spirito soave pien d’amore, Che va dicendo a l’anima: Sospira (Dante). La persona o la cosa che è la causa del sospirare è espressa normalmente con per: s. per le difficoltà in cui si deve vivere; s. per qualcuna, per qualcuno, esserne innamorato, desiderare che corrisponda al proprio amore o che sia vicino: Ah quante ninfe per lui sospirorno! (Poliziano); s. per la lontananza dell’innamorata; raro e poet. con di: Dov’è viva colei ch’altrui par morta ... e sol di te sospira (Petrarca); e con a, nel sign. di anelare, tendere ardentemente: O glorïose stelle, ... A voi divotamente ora sospira L’anima mia (Dante). b. letter. Spirare, soffiare dolcemente: Al sospirar de’ zeffiri, L’uom giusto fiorirà (Chiabrera).
-  2. tr. a. Desiderare, rimpiangere ardentemente; anelare: s. la patria lontana, la libertà perduta, il ritorno di una persona cara; Piansi i riposi di quest’umil vita, E sospirai la mia perduta pace (T. Tasso); Fra queste piante ov’io siedo e sospiro Il mio tetto materno (Foscolo). Per estens., attendere con ansia, aspettare lungamente: quei quattro soldi che gli devono dare, glieli fanno s.!; la promozione gliel’hanno fatta s.; e di persone che tardano, che stanno a lungo senza farsi vedere: si fa s., ti fai sospirare. b. ant. e letter. Piangere, lamentare: Non mai con tanto gaudio o stupor tanto Levò gli occhi al figliuolo alcuna madre, Ch’avea per morto sospirato e pianto (Ariosto). ◆ Part. pass. sospirato, anche come agg. (v. la voce).
Vocabolario Treccani

Sospiri

Stanchezze emotive
stralciano brandelli di vita
in un rozzo tentativo
svincolo credo e amore.
Le ore passano lente
le candele consumano tempo
ora vedo, lontano, indistinto,
una traccia flebile quasi indecisa.

Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate



lunedì 13 gennaio 2014

L'attimo fuggente

«Cogli l'attimo,
cogli la rosa quand'è il momento,
perché, strano a dirsi,
ognuno di noi in questa stanza
un giorno smetterà di respirare,
diventerà freddo e morirà.»

(John Keating)

L'attimo fuggente (Dead Poets Society) è un film del 1989, diretto da Peter Weir ed interpretato da Robin Williams. Stato del Vermont (Stati Uniti), 1959. Il professor John Keating, insegnante di lettere, viene trasferito nel severo e tradizionalista collegio (academy) maschile "Welton". Fin dal primo contatto con i giovani allievi, traspare non solo il suo diverso modo d'insegnamento ma anche il suo approccio: colloquiale, confidenziale e rassicurante, tanto che, nelle sue lezioni, da loro la possibilità di salire sui banchi per confrontarsi, e addirittura ordina alla classe di strappare tutte le pagine dell'introduzione del libro di letteratura, perché non era d'accordo con le teorie del professor Pritchard, riguardo ai metodi di comprensione della poesia. L'insolito comportamento dell'insegnante incuriosisce Neil Perry, un ragazzo dotato di grande intelligenza e sensibilità, ma incapace di confrontarsi con il padre, che da lui pretende una dedizione assoluta allo studio, impedendogli qualunque attività che possa distrarlo. Egli trova il profilo del professore nell'albo della scuola, lo mostra ai compagni del suo gruppo di studio e tutti pongono l'attenzione su di una nota: "membro della Setta dei Poeti Estinti" (Dead Poets Society, titolo originale del film). L'insegnante confida loro che la setta era composta da un gruppo di studenti che si incontrava la sera in una grotta vicino alla scuola per leggere versi di Walt Whitman, di Ralph Waldo Emerson, di Henry David Thoreau e altri preferiti, integrandoli con poesie da loro stessi composte. Neil rimane colpito da questa rivelazione e incoraggia i compagni a recarsi nella grotta: la sera stessa i ragazzi "evadono" dal dormitorio e si avventurano nel bosco verso la grotta e una volta arrivati dichiarano risorta la Setta dei Poeti Estinti. Nel periodo che segue Keating continua con il suo originale metodo d'insegnamento: l'entusiasmo del professore sembra contagiare i ragazzi tanto che Neil cerca di ottenere una parte in Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare svelando al compagno di stanza Todd il suo desiderio di recitare. Gli avvenimenti sembrano procedere spediti: Neil ottiene la parte del protagonista Puck nella commedia e il suo entusiasmo lo porta, necessitando del permesso del padre al preside, a scrivere una falsa lettera di autorizzazione, incurante delle possibili conseguenze. I ragazzi però cominciano a imparare a loro spese come la strada da loro scelta non sia priva di responsabilità: Charlie, genio sregolato, inserisce nel giornale della scuola un articolo a nome dei poeti estinti in cui chiede l'ammissione delle ragazze alla Welton Academy, suscitando la disapprovazione dei compagni e in seguito la collera del preside Nolan che pretende un'inchiesta formale da parte della Commissione scolastica. Charlie viene punito, ma non rivela i nomi dei componenti della setta. Tuttavia questo evento comincia a sollevare qualche malumore in capo a Keating e ai suoi metodi d'insegnamento. Nello stesso tempo Neil riceve la visita del padre che, scoperta la sua frequenza alle prove della commedia, gli impone di lasciare la compagnia: il giovane cerca di comunicargli la sua passione ma viene sovrastato dall'atteggiamento del padre che non intende ragioni e cerca conforto e aiuto nell'insegnante, che lo incoraggia a perseverare nella sua passione. Durante la recita tutti i presenti concordano sul talento di Neil, ma in fondo alla platea compare inaspettatamente il padre. Alla fine dello spettacolo Neil viene elogiato sia dai componenti della compagnia sia dallo stesso Keating, ma il padre, dopo averlo allontanato dal professore, incollerito per la disobbedienza del figlio, gli comunica che lo iscriverà a una accademia militare e che lui, secondo il suo volere, dovrà diventare un dottore. Da quel momento gli eventi precipitano: Neil sconvolto per quanto lo aspetta si suicida con la pistola del padre, e l'istituto apre un'inchiesta: viene riferita al preside l'esistenza della Setta dei Poeti Estinti e i ragazzi vengono persuasi a firmare un documento in cui risulterà che Keating ha incoraggiato Neil a disobbedire alla volontà del padre. Il professore viene allontanato dall'istituto e la cattedra di lettere viene affidata temporaneamente al preside, ma durante la sua prima lezione Keating entra nella classe per raccogliere i suoi effetti e, prima di uscire, Todd sale sul banco, richiamando l'attenzione del professore pronunciando la frase "O capitano! Mio capitano!". La reazione del preside è rabbiosa, ma subito dopo altri ragazzi compiono lo stesso gesto, anche chi non aveva mai preso sul serio gli insegnamenti del professore; egli osserva questa scena: la sua permanenza alla scuola è finita e la sua carriera probabilmente compromessa, ma ciò che ha ricevuto dai suoi giovani allievi compensa l'incerto futuro. Il titolo della versione italiana, L'attimo fuggente, differisce da quelli degli altri paesi, che mantengono la dicitura originale Dead Poets Society («Setta dei poeti estinti» secondo la versione doppiata in italiano). Tra le lezioni del protagonista, una di queste si ispira alla celebre locuzione del poeta latino Orazio che invita a «cogliere l'attimo» (in latino Carpe diem, nella versione originale Seize the day, scritto sul quaderno di Todd) (da wikipedia).


"L'attimo fuggente"
 
"Le front comme un drapeau perdu"
 
Ancora qui. Lo riconosco. In orbite
di coazione. Gli altri nell'incorposa
increante libertà. Dal monte
che con troppo alte selve m'affronta
tento vedere e vedermi,
mentre allegria irrita di lumi
san Silvestro, sparge laggiù la notte
di ghiotti muschi, di ghiotte correntie.
E. E, puro vento, sola neve, ch'io toccherò tra poco.
Ditemi che ci siete, tendetevi a sorreggermi.
In voi fui, sono, mi avete atteso,
non mai dubbio v'ha offesi.
Sarai, anima e neve,
tu: colei che non sa
oltre l'immacolato tacere.
Ravvia la mia dispersa fronte. Sollevami. E.
E' questo il sospiro che discrimina
che culmina, "l'attimo fuggente".
E' questo il crisma nel cui odore io dico:
sì, mi hai raccolto
su da me stesso e con te entro
nella fonte dell'anno.

Andrea Zanzotto
Da "IX ECLOGHE"


gli attimi,
come le cose,
fugaci e vivi
a volte stolti...