mercoledì 13 novembre 2013

Poetare e poesia

poetare v. intr. e tr.
[dal lat. pŏētari, der. di pŏēta «poeta»] (io poèto, ecc.; ma il pres. è raro).
– 1. intr. (aus. avere) Comporre poesie, scrivere versi: gli umanisti preferivano p. in latino piuttosto che in volgare; la corona Che suole ornar chi poetando scrive (Petrarca); dolorosamente Alla fioca lucerna poetando (Leopardi); con uso sostantivato: lettere contro alla maniera del poetare di Dante (G. Gozzi).
- 2. tr., non com. Trattare un argomento in poesia, narrare in forma poetica: Quelli ch’anticamente poetarono L’età de l’oro e suo stato felice (Dante); anche, comporre una poesia, un’opera poetica: mirabile fu la capacità che acquistammo di p. lunghe produzioni a memoria (Pellico). ◆ Part. pres. poetante, anche come agg. e sost. (questo per lo più con una connotazione riduttiva), che, o chi, compone opere in poesia: se invece che a uno o due poeti singoli si pensa a un popolo intero poetante (B. Croce); molti de’ nostri poetanti ... null’altro sanno fare ... se non un sonetto o una canzone alla petrarchesca (Baretti).
(dizionario Treccani).

O mia poesia, salvami,
per venire a te
scampo alle invitte braccia del demonio:
nel sogno bugiardo
agguanta la mia gonna la sua fiamma
e io vorrei morire
per i mille patimenti che m’infligge.
Nulla vale la durata di una vita
ma se mi alzo e divoro
con un urlo il mio tempo di respiro,
lo faccio solo pensando alla tua sorte,
mia dolce chiara bella creatura,
mia vita e morte,
mia trionfale e aperta poesia
che mi scagli al profondo
perché ti dia le risonanze nuove.
E se torno dal chiuso dell’inferno
torno perché tu sei la primavera:
perché dunque rifiuti me germoglio,
casto germoglio della vita tua?

Alda Merini


sento freddo oggi,
ho paura, temo;
non ho più risorse
non so cosa fare...

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