sabato 16 novembre 2013

A un padre

Una lirica semplice, d'amore e di profondo affetto, quella di Camillo Sbarbaro.

Il sentimento che egli prova nei confronti di suo padre prelude da quell'indissolubile legame di sangue, perché:"padre, se anche tu non fossi il mio, per te stesso egualmente t'amerei". L'affetto è rivolto all'uomo innanzitutto, a quella persona che egli amerebbe e ammirerebbe comunque. Dolci sono i ricordi d'infanzia legati al genitore, come quando comunicò ai figli di aver trovato una viola. Un piccolo gesto, questo, carico d'amore e di sensibilità. Il poeta riscopre il padre, e lo riscopre più che nella sua veste di genitore, nella sua veste di uomo. Una persona con sentimenti puri e sinceri, descritta da Sbarbaro in profondità. Gli episodi d'infanzia raccontati servono a rendere l'immagine di un uomo ricco di umanità. Il padre del poeta viene descritto sensibile e dolce quando non trova il coraggio di punire la figlia per una malefatta:"l'avviluppavi come per difenderla da quel cattivo che eri tu prima". Ecco così che la bambina viene rassicurata dalle forti braccia paterne, piuttosto che essere punita dallo stesso. La lirica ha la struttura di un colloquio con il padre, versi confidenziali e sinceri, sentimenti puri manifestati apertamente. Tutto ruota attorno ad una ferma e vera convinzione:"Anche se fossi a me un estraneo, per te stesso egualmente t'amerei". Sbarbaro usa degli endecasillabi sciolti, raggruppati in tre strofe di diversa lunghezza. "Padre, se anche tu non fossi il mio" appartiene alla raccolta di poesie Pianissimo (1914) (dalla rete).



 Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t'amerei.
Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
Che la prima viola sull'opposto
Muro scopristi dalla tua finestra
E ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
Di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell'altra volta mi ricordo
Che la sorella mia piccola ancora
Per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
Dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo che eri il tu di prima.
Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei.

Camillo Sbarbaro

3 commenti:

  1. "...t'amerei ancor e molro di pu'
    oltre l'ombra dei giorni passati,
    oltre la nostra memoria che è ancora dolore.
    Ora tace la nostra sera,
    congiungo le mani in segno di preghiera:
    padre mio
    padre dolce,
    padre sempre amato rimani in me."....
    (nella ricorreza della sua morte)

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  2. Come non capirti,
    il mio soffre...troppo...
    ed io sono disperato.

    Gujil

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  3. Forse puoi stare vicino a lui con il tuo silenzio che è la tua preghiera,tienigli la mano anche se trema, cosi' non si sentira' solo.
    Non servono parole quando il dolore chiama, basta la presenza di un figlio sangue del suo sangue. Basta la semplicita' di un tocco lieve sul cuore sofferente per non sentirsi soli
    Ti penso....... "poesieinsmalto"

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