mercoledì 2 ottobre 2013

Brughiera tra poesia e riflesso

La brughiera è un tipo particolare di landa che cresce grazie alla scarsa presenza di humus (chiamato infatti anche landa a brugo), caratterizzata dalla presenza di suoli acidi e da vegetazione a crescita bassa.
Le brughiere, in Italia, sono tipiche delle aree settentrionali, ma ambienti simili si ritrovano anche in altre parti d'Italia. Le brughiere sono habitat diffusi in Europa occidentale, nell'Africa tropicale, nell'Asia centrale, nell'Australia settentrionale e in America settentrionale.
Ercole Calvi, Brughiera Lombarda, 1887
La tipica brughiera dell'Italia settentrionale è dominata dal brugo, da cui prende il nome, ma sono presenti anche specie di erica e di ginestra dei carbonai. Si tratta in genere di un terreno pianeggiante o di modesta altitudine (alta Pianura padana), dei pendii collinari e montuosi vicini alla pianura e dei corridoi morenici delle Prealpi. Si tratta di un terreno acido, povero di sali solubili (geloide) e humus, frequentemente argilloso, arenoso o ferrettizzato. Nell'Italia nordorientale i terreni sono troppo ricchi di sali solubili (aloidi) per permettere una buona crescita della Calluna, per cui nelle zone calcaree la brughiera è sostituita da magredi di Graminacee dove il suolo è asciutto; nelle aree dove è maggiore l'umidità del suolo si hanno prati o anche acquitrini. Il terreno è in genere inadatto alla vegetazione arborea e alla coltivazione e quindi di scarsissimo valore economico, a parte l'uso della terra di brughiera come terriccio; ciò nonostante possono essere presenti popolazioni sparse di rovere e betulla bianca, che rappresenterebbero la vegetazione originaria (wikipedia).


Brughiera

I
Accoccolato tra le pervinche
sfuggi
la furia ansante dei cavalli
e l’urlo
dei cani al sole.
Tu sei come il ramarro verde e azzurro
che del proprio rumore si spaura
e hai cari
questi ciliegi appena in fiore, quasi
senz’ombra.
Tenui
profili di colline alle tue ciglia:
e all’orecchio
così curvo sull’erica riarsa
a quando a quando il rombo
dei puledri lanciati per la piana.
II
Con le farfalle raso terra
esitavi
al fiorire della ginestra:
e ad un tratto
enormi ali ti dà
quest’ombra trasvolante in rombo.
Ora ridi,
acciaio splendido,
all’ombroso
imbizzarrirsi dei cavalli, al pavido
balzare delle lepri fra i narcisi.
III
Indugiano
carezze non date
fra le dita dei peschi
e gli sguardi
d’amore che mai non avemmo
s’appendono alle glicini sui ponti –
Ma il fiume
è densa furia d’acque senza creste, nel grembo
porta profondi visi di montagne:
e all’immenso
svolto dei boschi trova lieve il vento,
tocca le fresche nuvole
d’aprile.

Antonia Pozzi
28 aprile 1937


anch'io,
nel mio senso del dire,
nelle mie affezioni,
nel mio segreto,
vorrei planare sui prati;
in cielo, su in alto,
qualche grigio bagliore...

Nessun commento:

Posta un commento