CAPITOLO XV°
La porta era aperta e gli armigeri di guardia salutarono il loro arrivo, schierandosi ai lati dell'arco di pietra che permetteva l'accesso alla città.
Dopo i preliminari di rito i due amici si avviarono verso il palazzo accompagnati da una nutrita scorta di soldati.
Un messo era già partito anzitempo per portare, ai dignitari di corte, la notizia dell'arrivo di un Principe a Sinocon.
Sinocon era una grande città ed impiegarono parecchio tempo prima di giungere nella piazza del castello.
Durante quel tragitto i due compagni ebbero la possibilità di paragonare l'immagine mentale che si erano fatti della città, creata dagli infiniti racconti uditi, a quella reale che ora si offriva ai loro occhi.
Gujil notò che nessuna esagerazione era stata fatta a riguardo, anzi, molti particolare degni di nota non erano nemmeno stati descritti dai resoconti verbali di chi già aveva potuto varcare le soglie di Sinocon.
Era una città assai ricca, piena di botteghe e gente laboriosa.
Si respirava un'aria di frizzante alacrità dove ordine e serenità pareva regnassero ad ogni crocevia, in ogni più recondito angolo di strada.
Le persone erano apparentemente felici e gli schiamazzi gai e festosi dei fanciulli animavano i muri delle case di pietra.
- Chissà come diavolo era prima che a Phuxarius fosse resa la libertà. - pensò Gujil durante il percorso.
Si avvicinava il mezzodì e dalle finestre aperte filtrava per l'aria un buon odore di cibo.
Il Principe scoprì di sentirsi sereno.
Tra poco avrebbe visto Arhiac; era giunto alla fine del viaggio.
D'improvviso una fitta lancinante lo colpì al diaframma, tra lo stomaco ed il petto, togliendogli completamente il respiro.
Boccheggiando si rannicchiò su se stesso comprimendo con forza l'addome ed il cavallo, impaurito, si impennò con un nitrito fin quasi a disarcionarlo.
Mizaurio seguì la scena e si affrettò a sorreggerlo.
Gli uomini della scorta li guardarono sbigottiti e si arrestarono.
- Non è niente, - disse Mizaurio sorridendo e minimizzando l'accaduto - il mio Principe è molto stanco ed i morsi della fame devono avergli rammentato da quanto tempo noi non si faccia più un pasto decente.
Gli armigeri, rassicurati, sorrisero benevoli a Gujil ed affrettarono il passo.
- Che hai mio Gujil? - chiese sottovoce lo scudiero rivolgendosi al Principe.
- E' il dolore di Mizaurio, per un attimo mi sono scordato che in me cova pronto a colpire; ho allentato il controllo ed esso ha preso il sopravvento.
Ora va meglio. - disse e, rialzandosi in sella, trasse un profondo respiro.
Stille di freddo sudore gli rigavano i lineamenti tirati.
- Ad ogni assalto capisco che si è fatto più forte. - pensò Gujil preoccupato - Quanto ancora sarò in grado di resistergli?
Piano piano riprese nuovamente il controllo e, con una smorfia di sorriso, rassicurò lo sguardo incupito di Mizaurio che non gli si staccava di dosso.
- Ecco! - disse loro il comandante della scorta - Dietro quell'angolo si apre la piazza che dà accesso al palazzo.
Gujil, a quelle parole, seppe trattenersi a stento da un moto di eccitazione e percorse gli ultimi metri quasi trattenendo il fiato.
Svoltato l'angolo, ai suoi occhi ansiosi, si aprì lo spettacolo del grande piazzale prospicente il palazzo reale. il suo sguardo indugiò lungamente sulla mirabile geometria offerta dagli splendidi caseggiati che si allargavano a ventaglio, dai lati estremi del castello, fino a congiungersi, convergendo a semicerchio, al punto esatto da dove egli stava osservando.
Un alternarsi di balconi fioriti e finestre si aprivano nelle multicolori facciate delle case che davano un pittoresco tocco all'austerità severa ed elegante del palazzo.
Nel centro della piazza, a circa un centinaio di metri da loro, sorgeva una struttura in legno attorno alla quale era un continuo via vai di persone che arrivavano, sostavano un attimo e poi si riallontanavano.
A Gujil parve di riconoscere in essa la sagoma di un capestro e ben presto, quando si furono ulteriormente avvicinati, quell'ipotesi, da lui in un primo tempo considerata bizzarra, ebbe un'inequivocabile conferma.
- Hai visto Principe? - gli bisbigliò sottovoce Mizaurio - Ha tutta l'aria di essere una forca.
- Lo è, amico mio, - rispose Gujil - e c'è qualcuno che vi penzola.
Il piccolo corteo passò proprio di fianco al patibolo e, quando furono al centro di esso, il Principe fermò il suo cavallo ed osservò attentamente la macabra scena che aveva di fronte.
Il corpo di un uomo, con il capo reclinato da un lato in modo innaturale, dondolava tristemente.
I suoi occhi, spalancati nel terrore della morte, guardavano senza espressività il dileggio e gli improperi della gente sottostante.
- Chi è mai costui? - chiese Gujil mentre fissava l'impiccato.
- E' un medico di Opoflop, - rispose malcelando il disprezzo il capo delle guardie - ora che è morto finalmente la vendetta di Arhiac è compiuta ed il reame tornerà come era un tempo.
E' stato catturato due notti or sono alle porte di Sinocon e giustiziato ieri al meriggio per volere del popolo intero.
Possa questo atto di giustizia rendere ad Arhiac, nostra Signora, ciò che da tempo ella più non possiede.
Ciò detto sputò con rabbia in direzione del cadavere.
Gujil non seppe mai per quale motivo quelle parole provocarono al suo petto un sospiro di sollievo.
Dopo pochi minuti giunsero alle porte del castello e, varcatole, giunsero nell'ampio cortile.
Furono ricevuti da un uomo di aspetto severo, con una lunga barba grigia ed un'evidente stempiatura che contribuiva a marcare maggiormente l'austerità del personaggio.
- Sono Lirmein, - disse - consigliere della Principessa e Primo Ministro di Opoflop.
Siate i benvenuti, da tempo, lungo tempo, aspettavamo qualcuno che ora è giunto.
Gujil e Mizaurio smontarono da cavallo.
- vai con lui Gujil. - disse Mizaurio - Io penso a sistemare i cavalli; vi raggiungerò più tardi.
Ciò detto salutò e, scortato da alcuni stallieri, si avviò in direzione delle scuderie.
- Sono qui per parlare con Arhiac! - disse Gujil rivolgendosi al Ministro.
- Non ora Principe, - disse Lirmein a sua volta in modo cortese ma perentorio - non vorrai presentarti al cospetto di una Principessa vestito di stracci?
Seguimi e pazienta, ti saranno dati abiti degni di te, sarai lavato e rifocillato.
Stasera, al grande banchetto organizzato in tuo onore, vedrai la nostra Signora perché ella vuole così.
- E sia! - disse Gujil.
Con un gesto di invito, Lirmein fece strada a Gujil accompagnandolo in un'ala del palazzo dove erano state approntate le stanze che avrebbero dovuto ospitarlo.
Dopo essersi personalmente assicurato che ogni cosa era a posto, il Ministro si congedò da Gujil con un profondo inchino ed il Principe, in compagnia di alcuni servitori, si ritirò nelle sue stanze.
La porta era aperta e gli armigeri di guardia salutarono il loro arrivo, schierandosi ai lati dell'arco di pietra che permetteva l'accesso alla città.
Dopo i preliminari di rito i due amici si avviarono verso il palazzo accompagnati da una nutrita scorta di soldati.
Un messo era già partito anzitempo per portare, ai dignitari di corte, la notizia dell'arrivo di un Principe a Sinocon.
Sinocon era una grande città ed impiegarono parecchio tempo prima di giungere nella piazza del castello.
Durante quel tragitto i due compagni ebbero la possibilità di paragonare l'immagine mentale che si erano fatti della città, creata dagli infiniti racconti uditi, a quella reale che ora si offriva ai loro occhi.
Gujil notò che nessuna esagerazione era stata fatta a riguardo, anzi, molti particolare degni di nota non erano nemmeno stati descritti dai resoconti verbali di chi già aveva potuto varcare le soglie di Sinocon.
Era una città assai ricca, piena di botteghe e gente laboriosa.
Si respirava un'aria di frizzante alacrità dove ordine e serenità pareva regnassero ad ogni crocevia, in ogni più recondito angolo di strada.
Le persone erano apparentemente felici e gli schiamazzi gai e festosi dei fanciulli animavano i muri delle case di pietra.
- Chissà come diavolo era prima che a Phuxarius fosse resa la libertà. - pensò Gujil durante il percorso.
Si avvicinava il mezzodì e dalle finestre aperte filtrava per l'aria un buon odore di cibo.
Il Principe scoprì di sentirsi sereno.
Tra poco avrebbe visto Arhiac; era giunto alla fine del viaggio.
D'improvviso una fitta lancinante lo colpì al diaframma, tra lo stomaco ed il petto, togliendogli completamente il respiro.
Boccheggiando si rannicchiò su se stesso comprimendo con forza l'addome ed il cavallo, impaurito, si impennò con un nitrito fin quasi a disarcionarlo.
Mizaurio seguì la scena e si affrettò a sorreggerlo.
Gli uomini della scorta li guardarono sbigottiti e si arrestarono.
- Non è niente, - disse Mizaurio sorridendo e minimizzando l'accaduto - il mio Principe è molto stanco ed i morsi della fame devono avergli rammentato da quanto tempo noi non si faccia più un pasto decente.
Gli armigeri, rassicurati, sorrisero benevoli a Gujil ed affrettarono il passo.
- Che hai mio Gujil? - chiese sottovoce lo scudiero rivolgendosi al Principe.
- E' il dolore di Mizaurio, per un attimo mi sono scordato che in me cova pronto a colpire; ho allentato il controllo ed esso ha preso il sopravvento.
Ora va meglio. - disse e, rialzandosi in sella, trasse un profondo respiro.
Stille di freddo sudore gli rigavano i lineamenti tirati.
- Ad ogni assalto capisco che si è fatto più forte. - pensò Gujil preoccupato - Quanto ancora sarò in grado di resistergli?
Piano piano riprese nuovamente il controllo e, con una smorfia di sorriso, rassicurò lo sguardo incupito di Mizaurio che non gli si staccava di dosso.
- Ecco! - disse loro il comandante della scorta - Dietro quell'angolo si apre la piazza che dà accesso al palazzo.
Gujil, a quelle parole, seppe trattenersi a stento da un moto di eccitazione e percorse gli ultimi metri quasi trattenendo il fiato.
Svoltato l'angolo, ai suoi occhi ansiosi, si aprì lo spettacolo del grande piazzale prospicente il palazzo reale. il suo sguardo indugiò lungamente sulla mirabile geometria offerta dagli splendidi caseggiati che si allargavano a ventaglio, dai lati estremi del castello, fino a congiungersi, convergendo a semicerchio, al punto esatto da dove egli stava osservando.
Un alternarsi di balconi fioriti e finestre si aprivano nelle multicolori facciate delle case che davano un pittoresco tocco all'austerità severa ed elegante del palazzo.
Nel centro della piazza, a circa un centinaio di metri da loro, sorgeva una struttura in legno attorno alla quale era un continuo via vai di persone che arrivavano, sostavano un attimo e poi si riallontanavano.
A Gujil parve di riconoscere in essa la sagoma di un capestro e ben presto, quando si furono ulteriormente avvicinati, quell'ipotesi, da lui in un primo tempo considerata bizzarra, ebbe un'inequivocabile conferma.
- Hai visto Principe? - gli bisbigliò sottovoce Mizaurio - Ha tutta l'aria di essere una forca.
- Lo è, amico mio, - rispose Gujil - e c'è qualcuno che vi penzola.
Il piccolo corteo passò proprio di fianco al patibolo e, quando furono al centro di esso, il Principe fermò il suo cavallo ed osservò attentamente la macabra scena che aveva di fronte.
Il corpo di un uomo, con il capo reclinato da un lato in modo innaturale, dondolava tristemente.
I suoi occhi, spalancati nel terrore della morte, guardavano senza espressività il dileggio e gli improperi della gente sottostante.
- Chi è mai costui? - chiese Gujil mentre fissava l'impiccato.
- E' un medico di Opoflop, - rispose malcelando il disprezzo il capo delle guardie - ora che è morto finalmente la vendetta di Arhiac è compiuta ed il reame tornerà come era un tempo.
E' stato catturato due notti or sono alle porte di Sinocon e giustiziato ieri al meriggio per volere del popolo intero.
Possa questo atto di giustizia rendere ad Arhiac, nostra Signora, ciò che da tempo ella più non possiede.
Ciò detto sputò con rabbia in direzione del cadavere.
Gujil non seppe mai per quale motivo quelle parole provocarono al suo petto un sospiro di sollievo.
Dopo pochi minuti giunsero alle porte del castello e, varcatole, giunsero nell'ampio cortile.
Furono ricevuti da un uomo di aspetto severo, con una lunga barba grigia ed un'evidente stempiatura che contribuiva a marcare maggiormente l'austerità del personaggio.
- Sono Lirmein, - disse - consigliere della Principessa e Primo Ministro di Opoflop.
Siate i benvenuti, da tempo, lungo tempo, aspettavamo qualcuno che ora è giunto.
Gujil e Mizaurio smontarono da cavallo.
- vai con lui Gujil. - disse Mizaurio - Io penso a sistemare i cavalli; vi raggiungerò più tardi.
Ciò detto salutò e, scortato da alcuni stallieri, si avviò in direzione delle scuderie.
- Sono qui per parlare con Arhiac! - disse Gujil rivolgendosi al Ministro.
- Non ora Principe, - disse Lirmein a sua volta in modo cortese ma perentorio - non vorrai presentarti al cospetto di una Principessa vestito di stracci?
Seguimi e pazienta, ti saranno dati abiti degni di te, sarai lavato e rifocillato.
Stasera, al grande banchetto organizzato in tuo onore, vedrai la nostra Signora perché ella vuole così.
- E sia! - disse Gujil.
Con un gesto di invito, Lirmein fece strada a Gujil accompagnandolo in un'ala del palazzo dove erano state approntate le stanze che avrebbero dovuto ospitarlo.
Dopo essersi personalmente assicurato che ogni cosa era a posto, il Ministro si congedò da Gujil con un profondo inchino ed il Principe, in compagnia di alcuni servitori, si ritirò nelle sue stanze.
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