lunedì 9 giugno 2008

Quadri nella mia Vita

Malinconia...non abiti più qui?

Sei nel mondo colorato della tavolozza ed impregni i pennelli dei colori più scuri lasciando alle immagini il racconto delle giornate infinite? oppure non conservi altro che le nuvole bigie gonfie di umori, lacrime alla terra come linfa vitale?
Mi chiami ai paesaggi solinghi dove le cose invadono le tele a guisa di folla e le figure si assottigliano fine a definire quell'inizio di secolo non ancora deciso eppure così presente e massiccio.
La terra si cheta ai tratti dell'artista e diventa figura primaria, silenziosa e concreta protagonista della luce del giorno e di quella della notte.
Non c'è contiguità con l'essere umano ma conseguenza e continuità come se sogno e realtà si possano fondere in qualcosa di definibile ed a tratti tracciabile.

Anselmo Bucci tra Monza e Parigi con la Toscana nel cuore e quel colore ocra che non lo abbandona mai, che salta sempre fuori, anche nei suoi balconi fioriti.



ANSELMO BUCCI
Note biografiche. A cura di Sara Meda
Artista marchigiano, Anselmo Bucci da Fossombrone, come egli stesso talvolta si firma, nasce nel 1887 da Achille e Sestilia Chiavarelli. Durante l’infanzia, insieme al fratello maggiore Giovanni, che da subito lo incoraggerà nelle sue inclinazioni artistiche, alla sorella preferita Emilia detta Bigia, a cui dedicherà diversi dipinti, ad Anna e Maria, segue i genitori prima a Cittadella, nei pressi di Padova, poi ad Este, dove frequenta la scuola elementare. Alla suggestione di questi luoghi si aggiunge l’incontro con un pittore locale, prima scoperta di un desiderio personale che lo conduce alla pratica del disegno sotto l’insegnamento del pittore Francesco Salvini, futuro docente all’Accademia di Brera. Terminati gli studi classici a Venezia, nel 1904 si trasferisce a Monza e l’anno successivo si iscrive all’Accademia che frequenta, però, solo un anno. È questa l’occasione per conoscere Vespasiano Bignami, Mentessi e Cesare Tallone, di cui segue i corsi, oltre che Bonzagni, Carrà, Romolo Romani, Ugo Valeri, Carlo Erba, Bresciano da Gazoldo, Camona. Con Dudreville stabilisce un sodalizio particolare che li accompagnerà per tutta la vita inducendoli a condividere diverse scelte artistiche. A partire dal primo studio in comune in via Ponte Seveso e la partecipazione al gruppo monzese del “Coenobium”, fino alla decisione nel 1906 di trasferirsi a Parigi. Compagno d’avventura è anche Mario Buggelli, conosciuto nell’ambito del suddetto gruppo letterario artistico. Fino ai primi riconoscimenti nel 1910 la vita più che di pane si nutre di incontri – si pensi a Severini, Modigliani, Viani, Picasso, Apollinaire, Dufy, Utrillo Suzanne Valadon, gli artisti di Montmartre – e di duro lavoro artistico che sfocerà nelle due serie di incisioni Paris qui bouge (1908 e 1909 con 50 puntesecche), spaccato acuto e partecipato della vita cittadina della capitale francese, palpitante di gente in movimento che si ritrova, lavora, passeggia. Iniziano le prime esposizioni sia a Parigi (Salon des Arts Decoratifs) che a Milano (Palazzo della Permanente), occasione in cui conosce Boccioni.
Durante un viaggio con Adulaire a Rouen e in Normandia conosce Juliette Marè alla quale si legherà sentimentalmente. La sua pittura, oscillante tra i modi fauve e un linguaggio simbolista, intorno al 1910 si orienta decisamente verso questa seconda via, innestata però su una base naturalista. Ottiene notevoli apprezzamenti per la grafica, affermandosi non solo a Parigi, ma anche in Italia grazie alla “Mostra dell’Incisione” del 1915 alla Permanente di Milano. Nel 1911 condivide gli ideali del “Groupe Libre” che, pur non identificandosi con un preciso linguaggio artistico, proclama il distacco dalla tradizione accademica. Conosce inoltre la critica Margherita Sarfatti. L’attività espositiva diviene sempre più intensa, ma non gli impedisce nella primavera del 1912 di compiere alcuni viaggi con Juliette in Sardegna, a Cagnes - nel sud della Francia - e in Algeria, significativo per gli sviluppi della sua pittura. Con negli occhi la luce intensa del Mediterraneo, i colori si accendono e acquistano un potere di sintesi espressiva. Nel 1914 anche il disegno si fa veloce tanto da far parlare lo stesso Bucci di “fattura allegretta e rapida”.
Espone in Tunisia e al ritorno in Italia vince una medaglia d’argento per l’incisione. Il 1915 è l’anno delle prime esposizioni personali a Monza e a Milano. Con lo scoppio della prima guerra mondiale Bucci si arruola volontario nel Battaglione Ciclisti insieme ai futuristi, documentando coi suoi schizzi, dipinti e incisioni episodi della vita in trincea che gli valgono il Premio Della Grazia alla “Mostra Intima, Mostra-Concorso per la migliore impressione di guerra”. Sullo stesso tema due anni dopo terrà una grande personale a Genova, da cui nascerà una viva amicizia con Giolli, e una alla Galleria Pesaro di Milano, inizio di un duraturo rapporto col mercante Lino. Nel 1918 pubblica due album: da D’Alignan Croquis du front italien, raccolta di cinquanta acqueforti, da Alfieri e Lacroix Marina a terra, cinquanta tavole tra disegni e schizzi che raccontano l’ultima fase della guerra in Veneto con l’avanzata sul Piave e le operazioni del reggimento della Marina. Sarà lo stesso editore a far uscire l’anno successivo una serie di dodici incisioni dal titolo Finis Austriae. L’attività si arricchisce dei soggiorni a Parigi, in Belgio, in Olanda, a Roma, a Milano dove si intensificano i rapporti con la Sarfatti, grazie alla quale inizia una collaborazione con la rivista “Ardita”, mensile del “Popolo d’Italia”. Viene invitato a mostre di prestigio quali la Biennale Romana del ‘21 o la Biennale di Venezia del ’20, alla quale la sua presenza sarà pressoché costante fino al ’50. Qui espone l’olio In volo che egli considera l’inizio di uno stile classico. Non più la “fattura allegretta e rapida”, ma un disegno meditato, una composizione costruita e colori ridotti alle gamme di grigi e azzurri. Sente il bisogno di visitare i musei studiando la pittura antica, in particolare Tiziano, viaggia per l’Italia centrale soffermandosi ad Orvieto. Qui l’incontro con l’antico amico Giuseppe Cesarini gli procura uno dei suoi più importanti mecenati, la cui raccolta costituirà la Quadreria Cesarini di Fossombrone, inaugurata nel 1951, che ospita novanta oli di Bucci e moltissime incisioni. Un altro contatto importante è quello con il codirettore della Banca Commerciale Italiana Achille Nardi Beltrame. Nel 1922 abbandona definitivamente la sua postazione parigina e frequenta con assiduità le riunioni alla Galleria Pesaro dove ritrova la Sarfatti, ma anche l’amico di sempre Dudreville, Funi, Sironi, Oppi, Malerba e Marussig, coi quali dà vita al gruppo “Novecento Italiano”, nome da lui stesso suggerito. Il gruppo esordisce con una mostra alla Pesaro l’anno successivo e nel 1924 si presenta alla Biennale di Venezia, in seguito alla quale la Galleria d’Arte Moderna di Venezia acquista il quadro di Bucci La terra. Alla Biennale successiva vi sarà la “I Mostra del Novecento Italiano” che vede anche la partecipazione di Bucci. Se da un lato le sue composizioni si vanno semplificando secondo l’idea di “sintesi” dichiarata dalla Sarfatti, dall’altro le cromie si intensificano ritornando a una gamma più ampia. La mostra di Novecento in Olanda, inoltre, è l’occasione per conoscere in prima persona la pittura di Rembrandt, Teniers e Ruysdael da cui rimarrà affascinato. Nel 1927 ottiene un nuovo riconoscimento vincendo la medaglia d’oro per la Pubblica Istruzione con l’opera Angelica Cravcenko esposta alla Biennale di Brera alla Permanente. È nel ’29 il suo distacco dal gruppo. Intanto aveva maturato un particolare genere di pittura, quella degli animali, il cui esordio in sordina alla Biennale di Venezia del 1926 aveva visto una serie di puntesecche per Il primo libro della giungla di Kipling. L’espressione letteraria si affianca a quella artistica prendendo sempre più piede grazie alla collaborazione con riviste e quotidiani quali “L’Ambrosiano”, “La Fiera Letteraria”, “Il Corriere della Sera”, ma soprattutto con “Arti Plastiche”, dove tiene la rubrica “La colonnella del genio”. Nuove soddisfazioni nel 1930 con la vittoria del Premio Viareggio, ex aequo con Viani, per la raccolta di aforismi Il pittore volante edito da Vallecchi e con la medaglia d’argento per la pittura al Salon des Artistes Français. Nello stesso anno soggiorna parecchi mesi a Trieste dedicandosi alla decorazione e all’arredo di tre piroscafi (California, Timavo e Duchessa d’Aosta) che purtroppo affonderanno durante i bombardamenti del ’42. Questa nuova fatica rimane, però, documentata nel volume di Mario Taddei Arte decorativa navale di Anselmo Bucci uscito nel ’31. A Trieste, inoltre, tiene una personale di sole incisioni presso la Galleria Michelazzi presentando in quest’occasione il suo pensiero sulla grafica. Si susseguono viaggi e importanti esposizioni, la Galleria d’Arte Moderna di Milano acquista il suo quadro Parigi: via della Sorbona e un nuovo stile, più sciolto e pittoricistico, si fa strada alternandosi a quello più classico mantenuto nei ritratti. Nel 1938, anno in cui muore l’amata Bigia, realizza un affresco monumentale nel Palazzo di Giustizia di Milano e Orio Vergani pubblica da Hoepli la monografia “Paris qui bouge” di Anselmo Bucci. È con lui che nel ’40 segue il Giro d’Italia dipingendo 101 piccoli oli delle diverse località attraversate. Con lo scoppio della guerra inizia le rappresentazioni dedicate ai bombardamenti, alla marina militare, all’aviazione dipingendo anche in volo. Nel 1942, dopo la personale di circa cento opere sulla guerra marinara tenutasi l’anno precedente alla Galleria Nova, viene nominato pittore di guerra. Pubblica inoltre Marinai e Il libro della Bigia (Garzanti). Con le distruzioni di Milano e del suo stesso studio torna a Monza dove nel 1943 e nel 1946 si tengono due grandi personali all’Arengario. Nel 1945 fonda la “Società degli Indipendenti” sulla scia di quella parigina di Signac. Alla fine del decennio inizia a interessarsi di arte sacra realizzando opere per diverse chiese (a Monza le vetrate per San Rocco) e partecipando alle mostre dell’Angelicum, dove nel 1949 vince il primo premio per l’arte sacra. Le ultime pubblicazioni sono Rime e Assonanze, raccolta di poesie e aforismi in rima del 1951, il catalogo generale della sua opera grafica del 1954 e Picasso, Dufy, Modigliani, Utrillo edito da Scheiwiller nel 1955. Muore a Monza lo stesso anno. L’anno seguente la Biennale di Venezia gli dedicherà una retrospettiva di 48 opere tra oli e incisioni, mentre nel 1977 uscirà postumo Pane e luna.


Pittore volante descrive donne come angeli a bucare le tele, visi sognanti o corpi immersi in contestualità indefinite ma tangibili di amore vissuto e carnale come un canto librato e delicato che avvolge suadente e ancestrale.

Pittore di impressioni non impressionista ma aedo del sempre che poi non è forse un mai definitivo, come un passo di danza così caro a Degas.

E' quando l'impressione sulla tela diventa simbolo che Bucci si anima e vive con il suo tempo con i fermenti e le aspirazioni del futuro che spinge da dietro la porta socchiuse ed il messaggio viene raccolto e diffuso.

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