caténa
s. f. [lat. catēna] -TRECCANI-
Mezzo di collegamento e di unione fatto di più anelli di ferro o d’altro metallo passati l’uno dentro l’altro, che serve per tener saldamente legate cose, animali, persone, per tener sospesi oggetti pesanti, o per altri usi: la c. dell’ancora; la c. del cane; la c. dello schiavo, del prigioniero.
s. f. [lat. catēna] -TRECCANI-
Mezzo di collegamento e di unione fatto di più anelli di ferro o d’altro metallo passati l’uno dentro l’altro, che serve per tener saldamente legate cose, animali, persone, per tener sospesi oggetti pesanti, o per altri usi: la c. dell’ancora; la c. del cane; la c. dello schiavo, del prigioniero.
Catene
Signore, tu venisti con catene
pesanti, come un despota. Sapevi
ch'io invocavo per me quelle sì grevi
che lunga impronta il polso ne mantiene.
– Signore, – io allor ti dissi, – un qualche bene
per questa dura servitù mi devi.
E un riso schernitore tu ridevi,
come chi vuol negar, ma si trattiene.
Già m'avvinceva e mi turbava l'ombra
dinanzi a cui la fuga è salutare,
tanto di dubbi e di viltà c'ingombra.
dinanzi a cui la fuga è salutare,
tanto di dubbi e di viltà c'ingombra.
Ma io le spalle per fuggir non volsi,
il despota affrontai, vidi cerchiare
di sue catene i miei febbrili polsi.
Amalia Guglielminetti
catene nel cuore costretto
a gemere di lamenti sordi;
siamo prigionieri del fato...
In locuzioni e frasi figurate, è simbolo di schiavitù, di soggezione o di vincolo in genere: il matrimonio è una c.; tenere uno a c. o alla c., tenerlo in rigida soggezione; avere la c. al collo, essere schiavo della volontà altrui; uscire di catena o di catene, sciogliere la c., spezzare le c., riacquistare la libertà, l’indipendenza, scuotere il giogo dell’asservimento politico; rodere o mordere la c.,
struggersi di dispetto o di rabbia per non potersi liberare da una dura
soggezione. Con più particolare riferimento a relazione amorosa: Perché taccia il rumor di mia catena, Di lagrime, di speme e d’amor vivo (Foscolo).
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