Terra, vale!
È un saluto alla terra, saluto che secondo il mito Glauco fa alla terra
quando lui stesso diventa divinità e si tuffa nelle acque del mare.
Glauco è molto noto come
mito in sé e come mito letterario recuperato in molti testi poi
applicato con alcune variazioni principalmente nel corso del '900 anche in molti autori
ritenuti minori.
(dalla rete)
Terra, vale!
Tutto il Cielo precipita nel Mare.
S’intenebrano i liti e si fan cavi,
talami dell’Eumenidi avernali.
Nubi opache sul limite marino
alzano in contro mura di basalte.
Solo tra le due notti il Mar risplende.
presa e constretta negli intorti gorghi,
come una preda pallida, è la luce.
La tempesta ha divelto con furore
i pascoli nettunii dalle salse
valli ove agguatano i ritrosi mostri.
Alghe livide, fuchi ferrugigni,
nere ulve di radici multiformi
fanno grande alla morta foce ingombro,
natante prato cui nessuna greggia
morderà, calcherà nessun pastore.
sterili, che trasmuta il petto umano?
O mito del mortale fatto nume
cerulo, rinnovèllati nel mio
desiderio del flutto infaticato!
Tutto il Cielo precipita nel Mare.
Preda è la luce dei viventi gorghi,
forse immolata per l’eternità.
Gabriele D'Annunzio
Nella mitologia greca, Glauco era figlio di Poseidone, dio del mare, e
di una ninfa delle Naiadi (Naide?). Secondo la leggenda, Glauco nacque mortale e
faceva il pescatore. Un giorno appoggiò la rete da pesca contenente il
pescato su un prato, ed i pesci, mangiando quell’erba, tornavano in vita
e si rigettavano in mare. Glauco incuriosito assaggiò quell’erba e,
grazie alle sue proprietà magiche, divenne immortale e divino; inoltre
le sue gambe si tramutarono nella coda di un pesce. In altri casi,
Glauco era un cacciatore, figlio di Minosse di Creta; oppure figlio di
Sisifo e padre di Bellerofonte. Inoltre, nel ciclo di leggende che
faceva da substrato alla cultura greca, esistevano diversi Glauco: uno
di Creta, uno di Corinto, uno di Antedone (un dramma satiresco di
Eschilo è intitolato “Glauco di Potnie”); probabilmente tutte queste
figure derivavano da un unico personaggio, a cui poi erano collegate
diverse vicende.
Ateneo di Naucrati riporta due varianti della leggenda.
In una, Glauco scoprì ed assaggiò l'erba dopo aver catturato una lepre sul monte Oreia e, ritrovatosi in uno stato di follia, fu fatto precipitare da Zeus nel mare in tempesta.
Nell'altra fu lui ad essere il costruttore e timoniere della nave Argo (quando in genere questo ruolo è attribuito ad Argo di Tespi) e, durante una battaglia navale tra Argonauti ed Etruschi, cadde in mare per volontà di Zeus divenendo una divinità.
Troviamo Glauco citato nelle Metamorfosi di Ovidio, Igino, Ateneo, in
Omero, e anche nei tragici (Eschilo, Sofocle ed Euripide). Secondo
alcuni commentatori, Glauco oltre all’immortalità, dopo aver mangiato
l’erba, ottenne anche il dono della profezia.
Nell'iconografia e nelle raffigurazioni, il personaggio di Glauco è molto spesso raffigurato con le braccia colorate in azzurro, la coda di pesce ed
una barba verde.
È famosa, poi, anche la leggenda che vede Glauco
collegato a Scilla, come ci racconta Ovidio nelle Metamorfosi. Dopo
essere divenuto una divinità marina, per metà pesce e per metà umana,
Scilla, spaventata da quell’aspetto ibrido, fuggì. Glauco, innamoratosi
della ninfa di origini italiane, chiese alla maga Circe dell’isola di
Eea di fabbricargli una pozione in grado di far innamorare Scilla. La
maga, però, gelosa dell’amore di Glauco per Scilla, preparò una pozione
diversa da quella richiesta, per vendicarsi. La gettò nelle acque in cui
Scilla era solita fare il bagno e, quando la ninfa si immerse, nacquero
dal suo corpo orribili mastini latranti dal muso di Cerbero. A questo
vista, Glauco si disperò, e Scilla naturalmente iniziò a covare un
profondo odio per Circe (che viene indirettamente descritto
nell’Odissea).
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