tu possa giungere a saziarmi:
quanti sono i granelli di sabbia
che a Cirene assediano i filari di silfio
tra l'oracolo arroventato di Giove
e l'urna sacra dell'antico Batto,
o quante, nel silenzio della notte, le stelle
che vegliano i nostri amori furtivi.
Se tu mi baci con cosí tanti baci
che i curiosi non possano contarli
o le malelingue gettarvi una malia,
allora si placherà il delirio di Catullo.
Publio Valerio Catullo
Nella città di Roma Publio Valerio Catullo conobbe la donna che sarebbe stata il
grande amore della sua vita, sì, ma in egual maniera anche il suo
tormento.
Il suo nome era Clodia ed era la sorella del tribuno Clodio Pulcro, moglie del proconsole per il territorio cisalpino Metello Celere.
È a Clodia che Catullo canta tutto il suo amore, attribuendole il poetico nome di Lesbia,
facendo un implicito paragone con la grande poetessa grega Saffo.
Le cose tra i due
sono molto difficili perché la donna è piena di ottime qualità, dalla
raffinatezza all’eleganza, ma è anche più grande di lui di dieci anni e
di mentalità molto più libera.
La donna, pur amandolo, non risparmierà a
Catullo una serie di dolorosi tradimenti fino alla loro separazione (dalla rete).
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