Bisogna ammettere che la maggior parte delle feste
popolari di origine religiosa, rischiano spesso di diventare pagane.
E'
forse interessante cercare di capire chi era questo Santo di nome
Antonio che oggi celebriamo dopo circa 1800 anni dalla sua morte.
La festa di Sant'Antonio Abate era in passato una
delle ricorrenze più sentite nelle comunità contadine.
Anche oggi è
piuttosto diffusa, soprattutto nelle zone rurali e nei paesi della
provincia dove le tradizioni sono molto più radicate che nelle grandi
città.
Il Santo spesso era rappresentato con lingue di fuoco ai piedi e
aveva in mano un bastone alla cui estremità era appeso un campanellino;
sul suo abito spiccava il tau, croce egiziana a forma di "T", simbolo
della vita e della vittoria contro le epidemie, cosa a cui sembra
alludere anche il campanello.
Malgrado tutte queste connotazioni "agresti" attribuitegli da una tradizione secolare, in realtà Antonio aveva poco o nulla a che fare col mondo contadino: era infatti un eremita ed un asceta tra i più rigorosi nella storia del Cristianesimo antico.
nacque in Egitto, a Coma intorno all'anno 250.
Malgrado appartenesse ad una famiglia piuttosto agiata, mostrò sin da giovane poco interesse per le lusinghe e per il lusso della vita mondana: alle feste ed ai banchetti infatti preferiva il lavoro e la meditazione, e alla morte dei genitori distribuì tutte le sue sostanze ai poveri.
I riti che si compiono ogni anno in occasione
della festa di Sant'Antonio sono antichissimi e legati strettamente alla
vita contadina e fanno di Antonio Abate un vero e proprio "santo del
popolo".
Egli è considerato il protettore per eccellenza contro le
epidemie di certe malattie, sia dell'uomo, sia degli animali.
E' infatti
invocato come protettore del bestiame (che durante la festa viene
benedetto), dei macellai e dei salumieri e la sua effigie era in passato
collocata sulla porta delle stalle.
Il santo veniva invocato anche per
scongiurare gli incendi, e non a caso il suo nome è legato ad una forma
di herpes nota appunto come "fuoco di Sant'Antonio". Questo morbo invase
ripetutamente l'Europa tra il X e il XVI secolo, e fu proprio in questo
periodo che si diffuse la credenza nei suoi poteri contro questo male.
Antonio infatti era considerato il patrono del fuoco. Secondo alcuni i riti attorno alla sua figura testimoniano un forte legame con le culture precristiane, soprattutto quella celtica presso i quali è nota l'importanza che rivestiva il rituale legato al fuoco come elemento beneaugurante.
Una festa, dunque, di origini antichissime, festeggiare la quale significava e significa, ogni anno, scatenare le forze positive e, grazie all'elemento apotropaico del fuoco, sconfiggere il male e le malattie sempre in agguato. Una festa di buon auspicio per il futuro e all'insegna dell'allegria, in passato ma anche oggi.
In molte parti di Italia, la figura e la celebrazione della festa del Santo si accompagna con l' uso di detti proverbiali diffusi a livello popolare tramite i quali lo si invoca. Questi modi di dire si declinano in varietà differenti secondo i dialetti e le tradizioni della popolazione. Facciamo un breve giro di Italia per ricordarne alcuni tra i più famosi.
Nel Sud dell' Italia è molto diffuso "Sant'Antonio di velluto, fammi ritrovare quello che ho perduto" in quanto si è diffusa nel tempo a livello popolare una sorta di giaculatoria scaramantica, nella quale si invoca il Santo per ritrovare qualcosa che si è smarrito.
A Varese invece, in Lombardia, la festività di
Sant'Antonio Abate è molto sentita: qui il detto si trasforma in
"Sant’Antoni dala barba bianca famm'truà che'l che ma manca, Sant’Antoni
du'l purscel famm'truà propri che'l" ossia "Sant'Antonio dalla barba
bianca fammi trovare quello che mi manca, Sant'Antonio fammi trovare
proprio quello". In Piemonte invece si dice: "Sant'Antoni fam marié che a
son stufa d'tribilé" ossia "Sant'Antonio fammi sposare che sono stufa
di tribolare", invocazione che le donne in cerca di marito fanno al
Santo per potersi presto sposare. In Serrano, dialetto parlato in provincia di
Foggia, si dice "A Sènt'Endòn 'llong n'or", con riferimento al fatto che
a partire dal 17 gennaio, la durata media del giorno, inteso come ore
di luce, è di un'ora più lunga rispetto al giorno più corto,
tradizionalmente fissato nel giorno di Santa Lucia, ossia il 13
dicembre. Nel Comune di Teora in provincia di Avellino invece si usa
dire "Chi bbuon' carnuval' vol' fà da sant'Antuon' adda accum'enzà",
ossia "Chi buon carnevale vuole fare da sant'Antonio deve iniziare" e
"Sant'Antuon... masc'ch're e suon'" ovvero "Sant'Antonio..... maschere e
suoni". In Veneto vige il detto "A Nadal un passo de gal e a
Sant'Antonio un passo del demonio" riferendosi al progressivo
allungamento delle giornate. Nella tradizione contadina
umbro-marchigiana troviamo invece "A Natale 'na pedeca de cane, a
Sant'Antò un'ora 'vò" che sarebbe "A Natale un passo di cane, a
Sant'Antonio un'ora in avanti". In Napoletano infine si usa: "Chi festeggia
Sant'Antuono, tutto l'anno 'o pass' bbuon".
Ed è proprio a quest' ultimo proverbio che in conclusione vogliamo
affidarci con l'auspicio di passare anche noi un piacevole 2015. Sarà
quindi il caso di dirlo alla bagnaiola "Chi festeggia Sant Antonio,
tutto ell'anno le passa bono". E chi più ne ha, più ne metta!Evviva
Sant' Antonio! (dalla rete).
Nessun commento:
Posta un commento