Il dolore viene definito dall’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) come “un’esperienza
sensoriale ed emozionale spiacevole, associata ad un danno tissutale,
in atto o potenziale, ovvero descritta nei termini di tale danno”.
Mi sopravviveranno colorati fiori di campo
Umberto Piersanti
o le sempreverdi foglie del nespolo?
Potrà il ricordo restare sepolto ma vivo?
Le lastricate strade del dolore si, quelle...
A determinare il dolore, quindi, non sono solo le modificazioni dovute al danno fisico ma anche l’interpretazione personale della gravità di quel danno.
Fattori come le passate esperienze, la percezione di riuscire a farvi
fronte, le paure ad esso connesse, il sostegno sociale e altri,
determinano il modo in cui il dolore viene vissuto e la nostra
reazione. Le due esperienze, sensoriale ed emotiva, si rinforzano creando un circolo vizioso.
Lo spino bianco
Le lunghe bacche rosse splendono
intatte quando l’ottobre entra,
i cieli sono i più azzurri
dell’anno, ma freddi e brevi,
porta pace lo spino
gli agnelli bianchi brucano foglie
e frutti, dormono al ceppo
ma quando viene la bruma
nera e spessa
e scolora le bacche, cascano secche
spegne malva e falasco
fa l’acqua nera
escono allora le anime dai rami
girano come fuochi quasi spenti
ma solo chi è malvagia lascia lo spino
se c’è uno che passa
quando annotta
dovrà seguirla
e perdere la strada.
Umberto Piersanti
(Urbino, 1941)
"La sofferenza interiore può talvolta assumere l'aspetto di un autentico
Dolore dell'Anima. Esso sembra infatti pervadere le nostre emozioni allo
scopo di far emergere in noi quanto di più autentico sia custodito nel
nostro Sé.
Sentiamo solo la discreta compagnia di questo dolore,
il suo silenzio. E’ come se in quel momento potessimo “vedere
attraverso” il nostro dolore. Come se sentissimo che la sua funzione ha
uno scopo. Uno scopo che va al di là delle nostre possibilità del
momento, ma che riguarda comunque noi stessi nella maniera più profonda.
Questo
è un dolore che non fa rumore.
Lo viviamo con dignità e con rispetto
per noi stessi.
Tendiamo a custodirlo nel nostro cuore perchè siamo
consapevoli di non poterlo dividere con gli altri. Confidiamo che
qualcuno, in qualche modo, ci possa aiutare. Ma è un dolore che richiede lo stare soli.
Soli con il nostro cuore.
(Andrea Biasioni, dalla rete)
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