giovedì 2 giugno 2022

Labirinto

Il labirinto è una struttura, solitamente di vaste dimensioni, costruita in modo tale che risulti difficile per chi vi entra trovare l'uscita. Anticamente per lo più unicursale, ovvero costituito da un unico involuto percorso che conduceva inesorabilmente al suo centro, il labirinto è poi diventato sinonimo di tracciato multiviario o multicursale. In alternativa un tracciato inestricabile di strade, si può definire come un dedalo, termine chiaramente nato dalla figura del mitico Dedalo, il leggendario costruttore del labirinto di Creta per il re Minosse, il più noto tra quelli dell'antichità.

 Labirinto

— e ora qualche passo
da parete a parete,
su per questi gradini
o giù per quelli,
e poi un po’ a sinistra,
se non a destra,
dal muro in fondo al muro
fino alla settima soglia,
da ovunque, verso ovunque
fino al crocevia,
dove convergono,
per poi disperdersi
le tue speranze, errori, dolori,
sforzi, propositi e nuove speranze.
Una via dopo l’altra,
ma senza ritorno.
Accessibile soltanto
ciò che sta davanti a te,
e laggiù, a mo’ di conforto,
curva dopo curva,
e stupore su stupore,
e veduta su veduta.
Puoi decidere
dove essere o non essere,
saltare, svoltare
pur di non farti sfuggire.
Quindi di qui o di qua,
magari per di lì,
per istinto, intuizione,
per ragione, di sbieco,
alla cieca,
per scorciatoie intricate.
Attraverso infilate di file
di corridoi, di portoni,
in fretta, perché nel tempo
hai poco tempo,
da luogo a luogo
fino a molti ancora aperti,
dove c’è buio e incertezza
ma insieme chiarore, incanto
dove c’è gioia, benché il dolore
sia pressoché lì accanto
e altrove, qua e là,
in un altro luogo e ovunque
felicità nell’infelicità
come parentesi dentro parentesi,
e così sia
e d’improvviso un dirupo,
un dirupo, ma un ponticello,
un ponticello, ma traballante,
traballante, ma solo quello,
perché un altro non c’è.

Deve pur esserci un’uscita,

è più che certo.

Ma non tu la cerchi,

è lei che ti cerca,

è lei fin dall’inizio

che ti insegue,

e il labirinto

altro non è

se non la tua, finché è possibile,

la tua, finché è tua,

fuga, fuga —

Wislawa Szymborska

E si complica il sentiero e incrocia
dimenticate vie che deviano, confondono,
un labirinto di emozioni, paure, gioie,
un ritorto che assapora di antico, ancora... 
 
Labirinto deriva dal nome greco labýrinthos (λαβύρινθος), usato nella mitologia per indicare il labirinto di Cnosso
La parola è di origine pre-greca e Arthur Evans espresse la sua ipotesi supponendo la sua derivazione dal lidio labrys, bipenne, l'ascia a due lame, simbolo del potere reale a Creta.  
"Labirinto" vuol dire "palazzo dell'ascia bipenne" con il suffisso -into a significare "luogo" su modello del greco Corinto, cioè il palazzo del re Minosse a Cnosso. 
La planimetria era intricata al punto da far supporre che l'ispirazione per la leggenda del labirinto fu raccolta proprio da questa specifica situazione. A sostegno dell'ipotesi sono state ritrovate all'interno del palazzo diverse raffigurazioni dell'ascia bipenne. La connessione tra "bipenne" e "luogo intricato" sarebbe data dalla pietra e la parola in origine avrebbe significato "gallerie nelle miniere", da un relitto egeo *labur-, "pietra" (da wikipedia).

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