I corpi che diventano espressione di danze geometricamente perfette, proiettano lo spettatore in un mondo particolare, in una sorta di viaggio dove scoprirne una doppia natura: quella spettacolare quella storico-culturale
(dalla rete).
Sotto il sikke del derviscio
Se tu potessi almeno per cinque minuti
Entrare nella mia mente
Diventeresti un passero in mezzo ai campi di grano
Sotto la pietra rossa troveresti
La lingua dei tuoni,
e la ragazza che amo con tre petti
e un fiore su uno invece della mammella,
così come il caos esalta le vene degli eroi,
vedresti tutti i colori del mondo
disegnati con una linea,
porci che giocano a nascondino
in vestiti rosa,
lividi che si contorcono come pesci nella rete,
la parola “colpa” scolpita sul petto del vento…
Cinque minuti nella mia mente
e mi cerchi tuttora.
Andrej Al-Asadu
Nel ricordare una figura cara che ci preme
invochiamo spesso il vento, le circostanze;
sistemiamo cose rotte che amiamo, a cui teniamo
ma non sappiamo mai la semplicità dei gesti...
La danza Sufi è anche conosciuta come danza dei Dervisci.
Il termine deriva dal persiano darwish che letteralmente significa sulla soglia della porta, per indicare simbolicamente il Sufi che si trova sulla soglia che divide il mondo terrestre da quello celeste.
La radice devr significa anche rotazione,
elemento caratteristico della danza.
Attraverso il respiro, il suono,
il giro ininterrottto, il Sufi diventa un tutt’uno con l’esistenza,
ricercando l’armonia e facendo cadere il proprio ego, nufs, fonte di disarmonia cosmica.
Tutto nell’universo manifesta armonia come l’avvicendarsi delle
stagioni e la notte che segue il giorno, in un ritmo costante e sempre
presente, che bisogna ritrovare e onorare attraverso musica, canto e
danza
(dalla rete).
Ah, il sikke è il loro turbante o cappello.
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